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Autorità e famiglia nella ''Repubblica dei Santi'' di Calvino

Il lettore in sintonia con la secolarizzazione della cultura occidentale moderna, e che abbia fatto proprio il monito di Alberico Gentili “silete theologi in munere alieno!”, potrebbe manifestare qualche perplessità dinanzi alla scelta dell’argomento proposto in questo lavoro. Potrebbe avere delle difficoltà a rapportarsi con un’ esperienza storica motivata essenzialmente da idee religiose. E’ opportuno quindi, fin d’ora, richiamare un concetto: fermo restando il contributo del pensiero greco e del diritto romano, la politica moderna è stata anche il frutto di un processo di secolarizzazione e razionalizzazione di teorie elaborate da filosofi e teologi cristiani (...) Entreremo nel vivo di questo nesso tra teologia e politica nel primo capitolo, tracciando sinteticamente l’evoluzione interpretativa che ha riguardato la formula paolino-agostiniana “nulla potestas nisi a Deo”. Una formula che per tutto il medioevo, fino all’età moderna, costituisce il “mito delle origini” in ogni concezione dell’autorità: da quella cristiano-medievale (che porta ad una teocrazia egemonizzata da un papa detentore della suprema “auctoritas”) al “divine right of kings” del XVII secolo, frutto, quest’ ultimo, dell’unione del moderno concetto di “sovranità assoluta” di Jean Bodin con l’interpretazione del “nulla potestas nisi a Deo” dei teologi della Riforma. Gli effetti politici della Riforma sono noti: l’autorità secolare, forte della nuova consacrazione datale da Lutero (attraverso l’affermazione della sua diretta ed esclusiva investitura divina e la teoria dei “due regni” ) acquista il carattere della sovranità assoluta del politico. Ma il contributo della Riforma alla modernità, pur essendo indiscutibile, risente dell’ambiguità tipica di un pensiero che si posiziona al crocevia tra due epoche. Nel corso di questo lavoro si paleseranno tutte le valenze anti-moderne del progetto ginevrino (...) esse sono la logica conseguenza di due nozioni centrali nel pensiero del riformatore:l’idea della “sovranità assoluta” di Dio (connessa al principio della
doppia predestinazione) ed il senso patriarcalistico dell’autorità (...)Dio, con un “sovrano” atto di volontà predetermina il destino di tutti, assegnando a ciascuno la propria “vocazione”, nella quale si ha il dovere di “rimanere”. La conseguenza è evidente: la “repubblica dei santi” non può che avere un tratto aristocratico-conservatore (...)Di qui il rapporto antinomico uguaglianza/ineguaglianza: tutti sono uguali davanti a Dio perché ugualmente peccatori e tenuti a prestargli la massima obbedienza; tutti sono disuguali nei loro rapporti perché il piano divino ha stabilito la superiorità di alcuni e la subordinazione di altri (...) Utilizzare la paternità come metafora per esprimere l’autorità non era certo un fatto nuovo, nel XVI secolo: Calvino però capovolge i termini, insistendo non tanto sul fatto che il sovrano (o il principe o il magistrato) devono essere “come padri” ma piuttosto sul concetto per cui l’essere padri è molto simile ad una magistratura civile (ed un sacerdozio). In un certo senso la paternità viene trasformata in una “sovranità politica”. Quest’ultima considerazione ci porta sul terreno del confronto con Jean Bodin. Il filosofo, con la sua concezione patriarcale, ha avuto la grande intuizione di mettere in relazione famiglia e Stato in base al concetto unificatore della “sovranità” e di individuare nel potere paterno il modello per il potere sovrano (...) Bodin “politicizza” la famiglia in funzione dello Stato assolutista, cercando un “sovrano” nella famiglia piuttosto che un “padre” nel sovrano; Calvino “politicizza” la famiglia in funzione dello Stato cristiano (la “repubblica dei santi”) trovando nel padre un sacerdote ed un magistrato. Abbiamo messo in luce l’aporia che viene a crearsi tra principio gerarchico ed egualitario allorché si utilizza l’analogia famiglia/Stato (...) La soluzione bodiniana di dividere la sfera privata da quella pubblica configura una società in cui vige l’eguaglianza tra i capi-famiglia; l’assenza di una simile soluzione in Calvino tradisce tutta l’anti-modernità del progetto politico di Ginevra. L’esigenza di moralizzare tutti gli ambiti della vita (ciò che abbiamo definito “secolarizzazione della santità”) è inconciliabile con una distinzione netta tra sfera pubblica e sfera privata; il padre, come garante della disciplina cristiana in seno alla famiglia ha un ruolo “pubblico” ed il Concistoro ha il diritto/dovere di penetrare, con la sua azione disciplinare, in tutto il sociale. In questa mancanza di una netta distinzione tra le due sfere vi sono tutti i prodromi di una forma di “totalitarismo”...

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Premessa Il lettore in sintonia con la secolarizzazione della cultura occidentale moderna, e che abbia fatto proprio il monito di Alberico Gentili “silete theologi in munere alieno!”, potrebbe manifestare qualche perplessità dinanzi alla scelta dell’argomento proposto in questo lavoro. Potrebbe avere delle difficoltà a rapportarsi con un’esperienza storica motivata essenzialmente da idee religiose. E’ opportuno quindi, fin d’ora, richiamare un concetto: fermo restando il contributo del pensiero greco e del diritto romano, la politica moderna è stata anche il frutto di un processo di secolarizzazione e razionalizzazione di teorie elaborate da filosofi e teologi cristiani. Non ha dubbi, in proposito Carl Schmitt quando scrive: “tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati”.1 Entreremo nel vivo di questo nesso tra teologia e politica nel primo capitolo, tracciando sinteticamente l’evoluzione interpretativa che ha riguardato la formula paolino-agostiniana “nulla potestas nisi a Deo”. Una formula che per tutto il medioevo, fino all’età moderna, costituisce 1 Cit. da Teologia politica (in C.Schmitt Le categorie del politico, a cura di G.Miglio e P.Schera, Bologna 1972). Al politologo si deve il termine “teologia politica”. Per il tema si veda anche: M.Terni-La pianta della sovranità-Laterza, Bari, 1995; “Cristianesimo e modernità’” (pp. 3-27) in R.Girard-G.Vattimo- Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo e relativismo-Massa, Transeuropa, 2006

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