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Eterogeneità ambientale e comunità ornitiche in un’area umida residuale

Lo scopo della presente ricerca è quello di studiare i processi che regolano la distribuzione spaziale delle specie ornitiche in un’area umida residuale del litorale romano, attraverso la caratterizzazione delle loro comunità nel periodo invernale e riproduttivo. In modo particolare, si è valutata l’influenza dell’eterogeneità ambientale e dell’effetto margine sulla composizione di tali comunità.
Per ogni unità di campionamento nell’area di studio, è stata valutata la presenza/assenza di specie ornitiche nei due periodi fenologici (riproduttivo e di svernamento) e calcolato un indice di diversità ambientale (eterogeneità, He). Le unità di campionamento con coperture del suolo simili sono state raggruppate fra loro per definire delle comunità ornitiche omogenee. E’ stata condotta un’analisi del turnover di specie lungo transetti (β-turnover), test di statistica univariata, bivariata e multivariata.
L’area di studio ha mostrato un’alta eterogeneità sia nello spazio che, soprattutto, nel tempo, con la caratterizzazione di due differenti core areas durante i due periodi, dovute alla diversa struttura delle comunità. Nel periodo di svernamento, le aree caratterizzate dalla presenza di Phragmites sp. sono risultate simili per composizione ornitica a quelle caratterizzate dalla presenza di Juncus-Carex, costituendo un’unica unità ambientale di interesse conservazionistico per la presenza di uccelli specialisti. Viceversa, nel periodo riproduttivo le aree a Juncus-Carex sono risultate più simili a tipologie a maggior disturbo antropico (coltivi, incolti, aree edificate) rispetto a quelle a disturbo principalmente naturale, soprattutto a causa dell’invasione di specie sinantropiche alla ricerca di risorse trofiche animali per i nidiacei.
La pressione delle specie sinantropiche sulle aree umide residuali nel periodo riproduttivo può essere ridotta attraverso la gestione di aree di pascolo stagionalmente inondato, che possono rappresentare una fonte alternativa di risorsa trofica animale per i nidiacei.

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4 1. INTRODUZIONE 1.1 LE AREE UMIDE Le aree umide vengono definite in numerosi studi come ecosistemi influenzati temporaneamente o permanentemente dalla presenza dell’acqua (Mitsch e Gosselink, 1993). La Convenzione di Ramsar le definisce "zone di acquitrini, paludi, torbiere o acque libere, sia naturali che artificiali, temporanee o permanenti, con acqua ferma o corrente, dolce, salmastra o salata, incluse le zone ripariali e costiere, la cui profondità non superi i sei metri durante la bassa marea" (Ramsar Bureau, 1990). Le aree umide svolgono numerose funzioni ecologiche che sono di vitale importanza per l’ambiente e rappresentano una risorsa multifunzionale in grado di apportare numerosi vantaggi alle comunità locali (Costanza et al., 1997). Questi ecosistemi svolgono una funzione strategica nella regolazione delle acque, sia a scala locale che in riferimento all’intero ciclo globale, e proteggono i terreni ad esse adiacenti dalle inondazioni (Mitsch e Gosselink, 1993). Inoltre, sono importanti nel controllo del clima, contribuendo per due terzi della loro capacità alla formazione del vapore acqueo nell’atmosfera (Richardson e McCarthy, 1994). Molti scienziati sottolineano il ruolo delle aree umide nel ridurre la quantità di biossido di carbonio nell’atmosfera, contribuendo alla diminuzione dell’effetto serra su scala globale (OTA, 1993). Inoltre, le aree umide sono luogo di produzione o trasformazione di nutrienti, composti organici e metalli, fungono da filtro per i sedimenti e consentono la protezione della costa dall’erosione (Mitsch e Gosselink, 1993). In questi ecosistemi, la fauna ornitica ricopre un ruolo preponderante. In Italia oltre il 40 % delle specie ornitiche è legato agli ambienti umidi in maniera più o meno stretta (Montemaggiori, 1996). Le piante delle aree umide offrono nutrimento a moltissimi animali e costituiscono luoghi di nidificazione e rifugio dai predatori. Inoltre costituiscono delle aree di riposo per gli uccelli migratori e per specie rare o in pericolo di estinzione (Stewart, 2001). Il detrito che si forma dalla decomposizione delle piante passa nelle acque e diventa un’importante fonte di nutrimento per molte specie, sia all’interno dell’area umida che nelle aree limitrofe (Mitsch e Gosselink, 1993). Per tutte queste funzioni, secondo Mitsch e Gosselink (1993) le aree umide sono uno degli ambienti più produttivi del mondo.

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Informazioni tesi

  Autore: Rachele Malavasi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Scienze Biologiche
  Relatore: Giuseppe Maria Carpaneto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 83

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Parole chiave

aree umide
aree umide residuali
avifauna
comunità
conservazione
disturbo
ecologia del paesaggio
effetto margine
eterogeneità ambientale
fragmiteto
frammentazione
giuncheto
guild
indice di blana
indice di shannon
monumento naturale
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pascoli inondati
specie sinantropiche
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