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Nutrizione enterale in paziente critico: Confronto tra Nutrizione Enterale Continua ed Intermittente. Revisione della letteratura

Background: il paziente critico richiede una adeguata nutrizione enterale (NE) durante la degenza in terapia intensiva. Se ciò non dovesse avvenire, andrebbe incontro a uno stato di malnutrizione. Quest’ultima si manifesta con uno squilibrio energetico e nutritivo mettendo a repentaglio la vita dell’assistito, sfociando in una condizione grave definita “cachessia”. La malnutrizione porta il paziente a un aumento del rischio infezioni e quindi un ritardo della guarigione delle ferite e tempi di dimissione dalla terapia intensiva prolungati. La nutrizione enterale è una modalità di nutrizione frequentemente utilizzata in ambito critico e può essere somministrata in modalità continua o intermittente.

Scopo: questa revisione della letteratura si pone come obiettivo quello di verificare quale tra le due differenti modalità di somministrazione della nutrizione enterale, continua ed intermittente, comporta minor rischio di complicanze in paziente adulto critico.

Materiali e metodi: la ricerca bibliografica è stata effettuata consultando le banche dati PubMed, Cochrane, Cinahl e Embase durante il mese di settembre 2021. Sono stati identificati 63 articoli, di cui 3 rispondenti ai criteri inclusione (2 meta-analisi e 1 RCT). Gli articoli tenuti in considerazione sono di studi compresi tra il 2015 e 2021.
Risultati: dai 3 articoli analizzati si evince che la nutrizione intermittente è risultata favorevole nel raggiungimento dell’80% del target proteico (OR, 1.52 [1.16-1.99]; P < .001) ed energetico (OR, 1.59 [1.21-2.08]; P = .001); mentre si è dimostrata sfavorevole per il rischio di intolleranza alimentare (RR= 1.64, 95% CI= 1.23- 2.18, P < 0.001) e la concentrazione di glucosio (17.84 [18.6-20.4]); P<.001). Per quanto concerne il rischio di diarrea sono emersi risultati discordanti. Due studi hanno riscontrato che il rischio di diarrea è equiparabile tra le due modalità di somministrazione, diversamente in un terzo studio la nutrizione in modalità intermittente ha dimostrato un aumento del rischio (RR= 3.10, 95% CI=1.55-1.69, P< 0.496). Invece il rischio di manifestazione della costipazione si è dimostrato superiore nella modalità continua (RR= 0.66, 95%, CI= 0.45–0.98, P = 0.04). Per altri outcomes (vomito, nausea ristagno gastrico, mortalità, aspirazione/polmonite, perdita muscolare e concentrazione di aminoacidi nel plasma) non ci sono state differenze statistiche significative tra i due gruppi.

Conclusione: gli articoli analizzati hanno presentato dei limiti per eterogeneità e ridotta popolazione oggetto di studio, arrivando ad affermare che non c’è una modalità più efficace in termini di “minor rischio di complicanze” tra la nutrizione enterale continua e quella intermittente. Anche se gli esperti ritengono che la nutrizione in modo intermittente causi minori effetti collaterali per il paziente critico

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3 Abstract Background: il paziente critico richiede una adeguata nutrizione enterale (NE) durante la degenza in terapia intensiva. Se ciò non dovesse avvenire, andrebbe incontro a uno stato di malnutrizione. Quest’ultima si manifesta con uno squilibrio energetico e nutritivo mettendo a repentaglio la vita dell’assistito, sfociando in una condizione grave definita “cachessia”. La malnutrizione porta il paziente a un aumento del rischio infezioni e quindi un ritardo della guarigione delle ferite e tempi di dimissione dalla terapia intensiva prolungati. La nutrizione enterale è una modalità di nutrizione frequentemente utilizzata in ambito critico e può essere somministrata in modalità continua o intermittente. Scopo: questa revisione della letteratura si pone come obiettivo quello di verificare quale tra le due differenti modalità di somministrazione della nutrizione enterale, continua ed intermittente, comporta minor rischio di complicanze in paziente adulto critico. Materiali e metodi: la ricerca bibliografica è stata effettuata consultando le banche dati PubMed, Cochrane, Cinahl e Embase durante il mese di settembre 2021. Sono stati identificati 63 articoli, di cui 3 rispondenti ai criteri inclusione (2 meta-analisi e 1 RCT). Gli articoli tenuti in considerazione sono di studi compresi tra il 2015 e 2021. Risultati: dai 3 articoli analizzati si evince che la nutrizione intermittente è risultata favorevole nel raggiungimento dell’80% del target proteico (OR, 1.52 [1.16-1.99]; P < .001) ed energetico (OR, 1.59 [1.21-2.08]; P = .001); mentre si è dimostrata sfavorevole per il rischio di intolleranza alimentare (RR= 1.64, 95% CI= 1.23- 2.18, P < 0.001) e la concentrazione di glucosio (17.84 [18.6-20.4]); P< .001). Per quanto concerne il rischio di diarrea sono emersi risultati discordanti. Due studi hanno riscontrato che il rischio di diarrea è equiparabile tra le due modalità di somministrazione, diversamente in un terzo studio la nutrizione in modalità intermittente ha dimostrato un aumento del rischio (RR= 3.10, 95% CI=1.55-1.69, P< 0.496). Invece il rischio di manifestazione della costipazione si è dimostrato superiore nella modalità continua (RR= 0.66, 95%, CI= 0.45–0.98, P = 0.04). Per altri outcomes (vomito, nausea ristagno gastrico, mortalità, aspirazione/polmonite, perdita muscolare e concentrazione di aminoacidi nel plasma) non ci sono state differenze statistiche significative tra i due gruppi. Conclusione: gli articoli analizzati hanno presentato dei limiti per eterogeneità e ridotta popolazione oggetto di studio, arrivando ad affermare che non c’è una modalità più efficace in termini di “minor rischio di complicanze” tra la nutrizione enterale continua e quella intermittente. Anche se gli esperti ritengono che la nutrizione in modo intermittente causi minori effetti collaterali per il paziente critico. Parole chiave: paziente adulto critico, nutrizione enterale, modalità intermittente e continua, complicanze, terapia intensiva.

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nutrizione enterale
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