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La produzione di carne coltivata su vasta scala e il suo impatto ambientale: una promessa per il futuro?

Il tema della carne coltivata, negli ultimi anni, è sempre più al centro del dibattito pubblico e scientifico internazionale. Tale interesse è dovuto al fatto che la carne coltivata potrebbe rappresentare una soluzione valida per rispondere all’aumento della domanda globale di carne e, al contempo, limitare l’impatto ambientale delle produzioni zootecniche. La tesi seguente è il frutto di un attento lavoro di ricerca bibliografica che ha consentito di indagare circa la produzione di carne coltivata. Si tratta di un argomento che richiede un approccio multidisciplinare, come è possibile osservare dai vari risultati ottenuti; in particolare modo, ci si è soffermati sullo studio degli aspetti biochimici del metodo di produzione e sull’impatto ambientale del prodotto. La ricerca bibliografica ha messo in luce come si è ancora lontani dall’ottenimento di un alimento che sia del tutto equiparabile alla carne convenzionale, e attualmente non esiste alcun metodo di produzione a livello industriale. Nonostante ciò, molteplici start-up operano in tale ambito e molti risultati sono stati ottenuti di recente. Proprio per l’assenza di un processo di produzione industriale, al momento risulta essere complesso lo studio dell’impatto ambientale della carne coltivata. Alcuni lavori di ricerca hanno evidenziato la possibilità di ottenere dei vantaggi per l’ambiente, per tale ragione si è giunti alla conclusione che un’integrazione tra la produzione di carne convenzionale e quella coltivata possa limitare l’impatto ambientale delle produzioni zootecniche e consentire il perseguimento degli obiettivi prefissati da Agenda 2030.

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5 RIASSUNTO La società odierna vive in un contesto di notevole benessere socioeconomico ed è stato stimato che nel 2050 verrà superata la soglia di 9 miliardi di persone nel mondo. Col crescere della popolazione aumenterà anche la domanda di beni alimentari ma non è possibile trascurare la consapevolezza che le risorse naturali a disposizione sono già ampiamente sfruttate e sarà complesso potenziare la produzione alimentare nel prossimo futuro. Tra gli alimenti più richiesti vi è la carne, ma se si vuole garantire cibo a tutta la popolazione mondiale e ridurre l’impatto ambientale delle produzioni zootecniche è necessario ridurne il consumo pro-capite e prendere in considerazione altre fonti proteiche come la carne coltivata. Lo scopo del tirocinio è quello di indagare lo stato dell’arte circa la produzione e la determinazione dell’impatto ambientale della carne coltivata. Per il suo raggiungimento è stata condotta una ricerca bibliografica impiegando come fonte principale di informazioni il database Scopus ® . Attraverso di esso sono state reperite molteplici review che sono state in seguito confrontate tra loro in modo tale da analizzare e studiare le varie tematiche correlate alla carne coltivata. Con il termine “carne coltivata” (in inglese “cultured meat”) si fa riferimento alla carne ottenuta mediante la coltivazione cellulare in vitro e che si pone come obiettivo quello di emulare – nelle sue varie caratteristiche – la carne convenzionale. L’idea di coltivare la carne risale già al 1912 ma i princìpi alla base della coltivazione cellulare vengono fissati solo nel 1953 grazie al ricercatore olandese Willem Frederik van Eelen, che nel 1999 registra il primo brevetto per la produzione industriale di carne in vitro per il consumo umano e animale. Occorre attendere l’anno 2013 per la presentazione del primo hamburger prodotto con carne coltivata, frutto del lavoro del professore Mark Post. Da allora sono state fondate molte start-up il cui obiettivo è quello di realizzare un processo di produzione di carne coltivata su larga scala. Il processo di produzione di carne coltivata inizia sottoponendo l’animale ad una biopsia con l’obiettivo di prelevare una porzione di tessuto dal quale si vogliono isolare le cellule desiderate. La coltivazione cellulare in vitro necessita l’impiego di cellule staminali (stem cell, SC) e quelle impiegate per la produzione di carne coltivata sono di due tipologie: 1) le cellule staminali adulte e 2) le cellule staminali pluripotenti. All’interno di questi due gruppi si individuano differenti cellule che possono essere impiegate per realizzare le linee cellulari necessarie alla produzione di carne coltivata. È bene rammentare che la selezione delle cellule da impiegare necessita di molta attenzione poiché bisogna ricreare una matrice con caratteristiche analoghe a quelle della carne convenzionale, costituita da circa il 90% di fibre muscolari e il 10% di

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Pilato
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Scienze Gastronomiche
  Corso: Scienze, culture e politiche della gastronomia
  Relatore: Serena Faggiano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 49

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Parole chiave

biotecnologie
sviluppo sostenibile
agroalimentare
riscaldamento globale
agenda 2030
carne coltivata
carne sintetica
neofobia

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