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Wangari Muta Maathai - Amare la natura per salvare noi stessi

Il mio lavoro si è proposto di ricercare quali azioni, a livello internazionale, si vanno realizzando per promuovere il concetto di "sviluppo sostenibile". Ho analizzato, in particolare, un esempio eccellente: Wangari Muta Maathai, con il suo Green Belt Movement. Il Movimento è nato in Kenya nel 1977, ma si è rapidamente diffuso in altre nazioni africane, grazie ad azioni semplici che, però, portano a risultati sia immediati sia di lunga durata. Wangari è stata la prima donna del continente africano a conseguire un dottorato e a ottenere una cattedra universitaria (1971), ma soprattutto è stata la prima donna africana a ricevere il Premio Nobel per la Pace (2004). Il mio lavoro è stato rivolto principalmente alla ricerca delle connessioni tra la salvaguardia delle condizioni ambientali, la conquista dei diritti civili e il perseguimento della pace, motivo per cui Wangari ha ricevuto il Premio Nobel. In Italia, soprattutto, manca una documentazione esaustiva che la riguarda. Il primo capitolo è diviso in tre paragrafi. Il primo paragrafo tratta i principali eventi storici che si sono susseguiti in Kenya, iniziando dal suo passato coloniale, radice di molti dei problemi attuali del Paese. Il secondo paragrafo ripercorre gli eventi che hanno caratterizzato la biografia di Wangari Muta Maathai: dalla nascita in un paesino rurale, agli studi compiuti negli Stati Uniti, dalle vicende sulla sua vita privata che si sono intrecciate a quelle del movimento da lei creato, al suo attivismo politico, nonché tutte le lotte, con vittorie e sconfitte, che ha sempre affrontato con profonda dignità e ostinazione. Il terzo paragrafo tenta di spiegare i motivi che hanno portato, nel 1977, alla fondazione del Green Belt Movement. Il colonialismo ha operato profondi cambiamenti in Kenya anche dal punto di vista ambientale e, quando Wangari ritornò dagli Stati Uniti, dopo che il suo Paese aveva ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna, questi mutamenti le parvero tanto disastrosi da spingerla a porvi un rimedio.Il secondo capitolo inizia con la storia del Green Belt Movement, descrivendo più dettagliatamente i motivi che hanno portato alla sua nascita, i metodi utilizzati per perseguire uno "sviluppo sostenibile", la sua evoluzione in territori fuori dal Kenya e come continui il suo lavoro, nonostante la morte della sua ideatrice, avvenuta il 25 settembre 2011. Ci si sofferma poi sugli ideali condivisi dalle persone che presero parte alle iniziative del Movimento delle Cinture Verdi: amore per l’ambiente, gratitudine e rispetto per le risorse della Terra, autopotenziamento e automiglioramento, spirito di servizio e volontariato. Successivamente ho narrato come l’impegno a favore dell’ambiente si sia evoluto in un impegno educativo, con l’Istituto "Wangari Maathai" per la Pace e gli Studi ambientali. Il terzo capitolo prende come spunto il libro La sfida dell’Africa. Wangari, in questo libro, ci ha spiegato quali siano i problemi attuali che affliggono non solo il territorio keniota, ma anche tutto il continente africano e propone delle possibili soluzioni. Ho individuato le tre principali "sfide", a ognuna delle quali è dedicato un paragrafo, che l’Africa deve ancora combattere per riuscire a compiere pienamente il suo sviluppo. I problemi contemporanei dell’Africa sono ancora una conseguenza del suo passato coloniale, ma una grave responsabilità la rivestono anche i Paesi più ricchi che giocano il doppio ruolo di finanziatori del suo sviluppo e di principali artefici del suo degrado ambientale, sociale, politico ed economico. L’Africa è un continente ricco di risorse, ma è anche quello con il più alto tasso di povertà. Se da un lato, infatti, continua ad aver bisogno dei prestiti degli Stati esteri per la costruzione di infrastrutture e tutto ciò di cui ha bisogno per realizzare il proprio sviluppo; dall’altro, continua a impoverirsi svendendo le proprie risorse alle stesse nazioni concessionarie dei prestiti. Il modello di Wangari Maathai, realizzato attraverso il Green Belt Movement, è un paradigma ambientale che dovrebbe essere assunto in maniera più estesa. Con la semplice iniziale azione di piantare alberi, infatti, Wangari Muta Maathai è riuscita a creare forme di coesione sociale tra persone di diverse etnie; a ripristinare un ambiente sano e vivibile per le popolazioni rurali e a ridare vita a sorgenti di acqua, cosicché le donne non sono state più obbligate a percorrere lunghi tragitti alla ricerca di acqua potabile. Un ambiente più vivibile, con maggiori spazi verdi, con acqua potabile a disposizione e con cibo più nutriente, ha creato anche le condizioni idonee per uno stato di salute buono, accompagnato a un calo delle morti, soprattutto infantili, significativo.

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- 9 - INTRODUZIONE Sono in atto mutamenti rischiosi che stanno interessando l’ambiente, sia quello che ci circonda sia quello in zone più lontane da noi. Deforestazione, erosione e perdita di fertilità del suolo, avanzamento della desertificazione, inquinamento dell’aria e dell’acqua, lunghi periodi di siccità, effetto serra, buco dell’ozono, estinzione di specie animali sono termini che quasi ogni giorno i mass media ci ripropongono. Molto spesso, però, sono descritti come eventi cui non è possibile porre rimedio e ci vengono presentati puntualmente in seguito a disastri naturali. Meno conosciute, però, sono le azioni di intervento che vengono realizzate, o sperimentate, in ogni parte del mondo, che riescono ad avere effetti positivi anche nell’immediato. Da queste premesse è iniziato il mio lavoro di ricerca intorno ad alcune azioni rivolte verso uno "sviluppo sostenibile" 1 . Realizzare uno "sviluppo sostenibile" significa principalmente adottare metodi di prevenzione tali da evitare ulteriori danni e catastrofi. Molti degli interventi che si realizzano non vengono divulgati in modo approfondito come, invece, accade pei i danni a cui tali interventi tentano di porre rimedio. _______________________________________________________________ 1 Nel “Rapporto Brundtland”, documento redatto dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED) nel 1987, viene coniato il concetto di "sviluppo sostenibile", definito come: ‹‹quello sviluppo che soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai loro››. Cfr. Nebbia G., Lo sviluppo sostenibile, San Domenico di Fiesole, Edizioni Cultura della Pace, 1991, p. 5.

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Informazioni tesi

  Autore: Natascha Cilio
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze Pedagogiche
  Relatore: Maria Antonietta Selvaggio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 128

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Parole chiave

ambiente
kenya
sostenibilità ambientale
diritti civili
premio nobel per la pace
wangari muta maathai
green belt movement
sviluppo ambientale
donne africane
autopotenziamento

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