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Strumenti diagnostici a confronto nella valutazione dei disturbi dell'alimentazione associati a disturbo borderline di personalità

Le considerazioni teoriche che sottendono la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità sono state oggetto di numerose critiche e prese di posizione, talvolta in opposizione tra di loro. A tutt’oggi, invero, il concetto stesso di Disturbo Borderline non è riconosciuto da molti clinici, e comunque esso è spesso equiparato ad una “non diagnosi”, o quantomeno associato alla difficoltà di stilare una diagnosi ben definita. In effetti, non si può negare che tale inquadramento diagnostico sia stato toppo spesso abusato e utilizzato impropriamente, così da risultare addirittura inflazionato in taluni contesti clinici ed accademici.
In questo lavoro, come risulterà evidente, tale concetto è considerato tutt’altro che inadeguato e, altresì, senz’altro utilizzabile per fini ben più nobili e clinicamente utili che non quelli di rifugio dalle difficoltà di apporre una diagnosi corretta o di mero esercizio intellettuale. Tuttavia, occorre precisare che questo lavoro si propone proprio di esplorare le differenze emergenti dai differenti utilizzi del concetto stesso. Si cercherà cioè di evidenziare come tale concetto possa rappresentare una chiave di comprensione per la personalità nella sua globalità, sia in riferimento alle caratteristiche del suo funzionamento normale, sia riguardo a quadri francamente patologici. A questo proposito, proprio il confronto fra un utilizzo diagnostico descrittivo categoriale e un approccio invece di tipo dinamico strutturale ci ha permesso di riflettere sulle questioni sopra menzionate. A tale scopo sono stati sistematicamente confrontati i risultati diagnostici derivanti dai criteri del DSM IV e i risultati ottenuti sugli stessi soggetti attraverso la somministrazione del test di Rorschach, della SWAP 200, strumento in grado di fornire informazioni da un punto di vista dimensionale rispetto alle peculiari caratteristiche di personalità del soggetto esaminato, della Adult Attachment Interview e del Questionario Diagnostico Psicodinamico, basato sul PDM e appositamente elaborato presso il DISA dell’Università di Genova sotto la direzione della Prof.ssa Annamaria Rosso.
Sarà quindi forse già evidente da questa introduzione come la nostra posizione rispetto alla difficoltà di stilare una “diagnosi ben definita” non si prodighi nel tentativo di modificare questa realtà che ogni clinico si trova a dover affrontare qualora possieda una mente differente da quella “angusta” paventata da Freud. D’altra parte, gli autori del PDM fanno notare come negli ultimi 30 anni, nella speranza di sviluppare una base empirica adeguata per la diagnosi e il trattamento, il campo della salute mentale ha progressivamente ristretto la sua prospettiva, focalizzandosi sempre di più su insiemi di semplici sintomi. Ironicamente però, l’evidenza suggerisce che la iper semplificazione dei fenomeni di salute mentale al servizio dell’attendibilità e della validità empirica potrebbe aver compromesso il lodevole obiettivo di una comprensione della salute mentale e della psicopatologia più scientificamente corretta .

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3 INTRODUZIONE Le considerazioni teoriche che sottendono la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità sono state oggetto di numerose critiche e prese di posizione, talvolta in opposizione tra di loro. A tutt’oggi, invero, il concetto stesso di Disturbo Borderline non è riconosciuto da molti clinici, e comunque esso è spesso equiparato ad una mancata diagnosi, o quantomeno associato alla difficoltà di porre una diagnosi ben definita. In effetti, non si può negare che tale inquadramento diagnostico sia stato toppo spesso abusato e utilizzato impropriamente nella prassi clinica, così da risultare addirittura inflazionato. Frequentemente, infatti, in ambito clinico la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità viene utilizzata per riferirsi genericamente a soggetti che presentano serie problematiche relazionali, agiti etero o auto aggressivi eventualmente associati a comportamenti d’abuso. In questo lavoro, come risulterà evidente, tale concetto è considerato tutt’altro che inadeguato e, altresì, senz’altro utilizzabile per fini ben più decorosi e clinicamente utili che non quelli di rifugio dalle difficoltà di porre una diagnosi corretta o di mero esercizio intellettuale. Tuttavia, occorre precisare che questo lavoro si propone proprio di esplorare le differenze emergenti dai differenti utilizzi del concetto stesso. Si cercherà cioè di evidenziare come tale concetto possa rappresentare una chiave di comprensione per la personalità nella sua globalità, anche in considerazione delle sue caratteristiche di funzionamento che, secondo un approccio dinamico-strutturale, sono collocabili lungo un continuum che va dalla normalità a quadri francamente patologici. A questo proposito, proprio il confronto fra un criterio diagnostico descrittivo categoriale e un approccio invece di tipo dinamico strutturale ci ha permesso di riflettere sulle questioni sopra menzionate. A tale scopo sono stati sistematicamente confrontati i risultati diagnostici derivanti dai criteri del DSM IV e i risultati ottenuti sugli stessi soggetti attraverso la somministrazione del test di Rorschach, della SWAP 200, strumento in grado di fornire informazioni da un punto di vista dimensionale rispetto alle peculiari caratteristiche di personalità del soggetto esaminato, della Adult Attachment Interview e del Questionario Diagnostico

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