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La figura dell'educatore in contesti di sofferenza

La tesi vuole essere un tentativo di indagare il porsi dell'educatore a confronto con la sofferenza del soggetto d'educazione. Il suo ruolo è individuato nell'aiuto alla faticosa costruzione di un senso per l'esperienza della malattia e del dolore.
Il primo capitolo, pertanto, tramite alcune suggestioni fornite dalla psicologia e dalla riflessione pedagogica, definisce il lavoro educativo tout court come co-costruzione di senso giocata tra educatore ed educando.
Il secondo capitolo ricostruisce alcune competenze fondamentali per sostenere questo compito in un ambito di "esistenza ferita" ed esamina la sindrome del burnout come ostacolo al suo svolgimento e forma di cura educativa inautentica.
Il terzo capitolo, infine, presenta un contributo empirico, costituito da interviste selezionate a educatori operanti nell'ambito della malattia psichica, al fine di stabilirne percezione del burnout, dello stress professionale e del ruolo della formazione nella prevenzione della sindrome.

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4Introduzione La questione oggetto del presente lavoro è la funzione dell’educatore nei contesti di sofferenza, intendendo con questo termine quei servizi che si fanno carico della persona malata, non escluso il presidio ospedaliero. Le ragioni di tale scelta sono molteplici, in primo luogo l’interesse per la riflessione intorno al tema dei valori in rapporto alla sofferenza ai fini dell’elaborazione di un’antropologia pedagogica e di un rinnovamento della pratica educativa. La riflessione sull’homo patiens offre spunti per elaborare un’immagine dell’uomo e un’idea di educazione più compiute. In secondo luogo, la personale esperienza di malattia, vissuta in una struttura ospedaliera, ha sollecitato l’interrogativo circa il possibile ruolo dell’educatore in quel contesto. In esso, accanto agli indispensabili interventi terapeutici e riabilitativi, è possibile sperimentare l’esigenza di un accompagnamento quotidiano che aiuti non solo a guarire dalla malattia, ma soprattutto ad affrontarla, dandovi un senso. In ciò, è stato intravisto un possibile spazio di azione educativa, che una ricognizione della letteratura ha palesato poco frequentato dalla riflessione pedagogica e, pertanto, meritevole di un tentativo di esplorarne i confini e le peculiarità per giungere a giustificarne o no la plausibilità. In terzo luogo, sebbene mancante in ospedale, la presenza degli educatori è rilevante in altri contesti di sofferenza, a partire dalle strutture per i disabili fino a quelle per la salute mentale. La connotazione sanitaria di tali servizi appare prevalente agli utenti e agli stessi operatori; nonché, essa è designata tale dall’organizzazione che li gestisce, con il conseguente rischio che si perda la specificità dell’intervento educativo in tali strutture, omologato alla terapia o alla riabilitazione. Risulta la necessità di approfondire tale specificità affinché sia conservata nell’azione educativa. La delineazione del profilo specifico dell’educatore in contesti di sofferenza ha richiesto preliminarmente di porre in luce il proprium dell’azione educativa in generale. Esso è stato individuato, mediante contributi sia psicologici sia pedagogici, nella proposta di valori e significati da parte dell’educatore alla coscienza dell’educando, per poi affrontare la tematica specifica dell’azione educativa nei contesti suddetti, con particolare attenzione alla domanda circa la possibilità di un significato del dolore e della cura educativa del sofferente. Diversi contributi in letteratura hanno messo in evidenza alcuni significati del dolore, tra cui merita attenzione quello di maturazione personale, interpersonale e trascendente del soggetto. Alla luce di tale acquisizione, è stato possibile descrivere l’agire dell’educatore nei confronti dell’educando sofferente come cura educativa dell’esistenza ferita, volta ad avvalorare le sue capacità intenzionali e progettuali. Essa richiede all’educatore le competenze relazionali, nelle quali la cura degli altri è strettamente connessa con la cura di sé, intesa nei termini della conoscenza di sé e della disponibilità autoformativa. La presente indagine intende, entro tali coordinate concettuali, approfondire il fenomeno del burnout, caratteristico delle professioni d’aiuto e oggetto di diffusi studi e ricerche, in quanto forma inautentica di cura educativa. Il quadro sintomatologico della sindrome è letto come manifestazione di alienazione esistenziale, ossia del calo motivazionale dovuto alla perdita di significato del proprio lavoro e a un rapporto

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