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Italia e Cina: il contributo delle relazioni culturali al dialogo tra i due paesi

Con l’avvento della globalizzazione lo studio della cultura si complica e semplifica allo stesso tempo. Se nella modernità i territori erano concepiti come contenitori di culture, nell’epoca contemporanea la cultura viene studiata in una prospettiva relazionale e reticolare, dunque parlare di scambi culturali non può che accrescere in misura esponenziale la complessità delle entità e delle relazioni in questione.
Bisogna poi considerare il fattore economico, imprescindibile nell’ambito dei contatti culturali, in quanto funge da supporto, da leva, da vettore e, talvolta, da fine ultimo. Per questa ragione, è attualmente denunciabile la sovrapposizione di interessi economici e culturali – con la conseguente svalutazione di questi ultimi. Se nelle epoche precedenti infatti i due fenomeni riuscivano a mantenere separate le loro entità, come avremo modo di constatare nel corso della trattazione, nel mondo contemporaneo risulta molto difficile distinguerle, poiché motivazioni economiche e culturali vengono fuse o utilizzate vicendevolmente come bandiere per l’incontro (e spesso scontro) di civiltà.
In seguito a un breve inquadramento storico dei contatti tra le due nazioni, forniremo esempi significativi del panorama che le accomuna: il mercato dell’alta moda, il commercio del vino e, infine, un tratto prettamente artistico, ovvero il restauro di pellicole cinematografiche.

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2 1. CONTATTI TRA ITALIA E CINA 1.1 Cenni storici Non si può affrontare un argomento complesso come quello delle relazioni che legano due Paesi senza abbozzare una sintesi storica; ciò vale in particolare quando i due Paesi presi in esame hanno alle spalle civiltà millenarie, come la Cina e l’Italia. L’Impero romano e quello cinese degli Han furono infatti le due maggiori potenze del mondo antico, sia per estensione che per durata, la quale si svolse secondo due parabole pressoché concomitanti 1 . Tuttavia il loro agognato incontro venne ostacolato da potenze ostili – come quelle dei parti - e dalle sterminate steppe dell’Asia centrale, che li separarono a lungo, mantenendo le reciproche opinioni a un livello utopico: gli uni immaginavano gli altri pacifici, onesti, dotati di ottima tempra fisica e morale, retti da eccelsi governanti e, curiosamente, longevi oltre ogni umana possibilità; le uniche pecche di tali favorevoli considerazioni erano rappresentate da leggende a proposito delle difficoltà che i “Seres” (nome latino per i cinesi) e gli abitanti del “Da Qin“ (Grande Cina, come i cinesi chiamavano i romani) sarebbero stati soliti frapporre alle trattative commerciali. Caduto l’Impero romano d’Occidente, a tenere i rapporti con la Cina rimase solo quello d’Oriente, che grazie all’invio di varie ambascerie riuscì a carpire ai cinesi il segreto della produzione del principale articolo delle transazioni: la seta. Fu a questo punto che nelle relazioni tra i due popoli si inserì una certa animosità. Finalmente, con l’instaurarsi della “pax mongolica”, le enormi distanze tra Europa e Cina parvero accorciarsi, grazie soprattutto al fatto che le vie di comunicazione divennero più sicure. 1 Cfr. Bertuccioli, Giuliano, Masini, Federico, Italia e Cina, Laterza, Roma, 1996, p.3.

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