Il volere come fondamento dell'etica. La ricerca di Giovanni Vailati e il suo confronto con il pensiero di Franz Brentano.
L’esposizione prende avvio presentando l’originaria intuizione di Vailati della netta distinzione tra la dimensione intellettivo-razionale e quella volitivo-sentimentale. Analizzando le linee principali della teoria dell’azione vailatiana si chiarisce il loro rapporto, il quale si attua nell’azione “volontaria”. Una aspettativa previsionale e una pulsione realizzatrice caratterizzano tale agire. Dapprima esse appaiono in equilibrio; in epoca successiva apparirà preminente la seconda e a questa strumentale la prima. La credenza risulta essere un modello operativo di analisi del reale, capace di svolgere la sua attività comprensiva delle situazioni nella loro concreta ampiezza solo in presenza di un atto di volontà. Elemento rilevante di tale prospettiva risulta essere, quindi, l’identità tra la struttura dell’atto conoscitivo di ciò che è realmente esistente e la struttura dell’azione che esprime l’atto della volontà traducendo la mera pulsione in volizione.
Si giunge, in tal modo, al problema del fondamento dell’etica. A questo riguardo il confronto tra Vailati e Brentano si fa particolarmente interessante. Entrambi individuano la sorgente della morale nella volontà. Per Brentano la volontà contiene un riferimento valoriale intrinseco, colto tramite peculiari intuizioni evidenti. Vailati non accoglie tale proposta teorica. Pur riferendosi all’intuizione come fondamento del bene, egli la ritiene di natura sensibile e soggetta ad un’evoluzione storica. Ambedue i filosofi pensano di andare oltre il soggettivismo etico. Ma l’austriaco attribuisce dimensione “trascendentale” ai contenuti delle intuizioni. Il cremasco, pur avvertendo l’esigenza di una “tavola di valori” sociale, la stima cogente soltanto all’interno dello sviluppo storico e socio-politico: la sua giustizia, la sua desiderabilità sono e devono essere sentite in relazione alle tensioni dei vari gruppi sociali. Tale sentire, che trova realizzazione in una concreta società storica, non è esente da una tensione verso l’armonia e la giustizia di una società ideale: società storica e società ideale che non sono mai in contraddizione perché situate a due livelli diversi, pur nell’unico dinamismo del vivere.
In tale strutturazione fondamentale trovano spiegazione, secondo Vailati, anche problemi classici dell’etica quali quello dell’utile, fino ad arrivare alla proposta, da parte del filosofo italiano, di un fine utilitaristico. Avvertito è altresì il problema della libertà.
Vi è infine da rilevare che il filosofo lombardo intendeva la sua ricerca aperta alle esigenze dello sviluppo educativo individuale e sociale: l’uomo non può prescindere da una “bussola morale”, autonoma od eteronoma, atta ad orientarlo al conseguimento di quei fini considerati degni di essere perseguiti, a far avvenire «ciò che merita di esserlo», «ciò che è giusto che diventi tale», e «che diventerà tale quando gli uomini lo vorranno e tanto più presto quanto più presto lo vorranno». L’esperienza critica del filosofo Vailati vive così intimamente ancorata alla speranza e al tormento dell’uomo che egli era.
In Appendice alla tesi carteggio inedito Vailati-Salvadori.
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Informazioni tesi
Autore: | Mauro Zamberlan |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Pedagogia |
Relatore: | Francesca Modenato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 131 |
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