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Il sogno ad occhi aperti - Il cinema e l'inconscio

Quando si parla di cinema l’opinione pubblica si riferisce, per lo più, ad un momento squisitamente ludico, di evasione dalla realtà, di puro intrattenimento, che crea l’occasione per interrompere la quotidianità e per distrarsi.
Viene considerato, insomma, come un hobby, un modo di impegnare il tempo libero per stare in compagnia e rilassarsi, il cui unico scopo è il divertimento, senza nessun’altra specifica finalità. Ma il cinema è anche, e soprattutto, un mezzo di comunicazione, e peculiarmente lo possiamo definire un “mezzo di comunicazione di massa” (Braga, 1961), ossia un canale particolare, che prende l’avvio dallo sviluppo tecnologico, determinato da una struttura comunicativa centralizzata e diffusiva dalla fotografia in movimento, ma ha subito avuto una storia a sé stante. Questo mezzo si presenta come “una forma complessa basata su più linguaggi (verbale, visivo, sonoro e musicale). É caratterizzato dal montaggio e viene ad essere un tipo di messaggio sintetico che non ha un carattere utilitaristico, in quanto non prepara all’azione, bensì si riferisce al repertorio di conoscenze comuni al regista e allo spettatore” (Tessarolo, 1991,). Il cinema, per strutturarsi in modo da poter comunicare, presenta i tre elementi fondamentali della comunicazione: produttore, opera e spettatore. Si può riconoscere, cioè, una “fonte” (gruppo di persone da cui parte un messaggio, ossia il “produttore”) che, attraverso lo “strumento tecnologico”(fra i quali citiamo la radio, la televisione, la stampa e appunto il cinema), che separano l’”emittente”dal“ricevente”, veicola un “messaggio” (l’opera), che raggiunge un’“audience” (sempre una pluralità di individui) che riceve interamente o in parte il messaggio. Il film così “aziona un meccanismo, la narrazione, che viene attuato mediante tecniche particolari quali lo stacco, la trasformazione continua e la ripetizione.

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3 Introduzione La sera del 28 Dicembre 1895, in una sala del Grand Cafè sul Boulevard des Capucines, a Parigi, i fratelli Lumière, chimici e industriali, presentano la loro invenzione, il cinematografo: su un telone bianco appaiono, tra la sorpresa e lo sconcerto del pubblico, le immagini in movimento di "L'arrivée d'un train a la Gare de La Ciotat" e di "L'Arroseur arrosé". CAP. I Per una teoria del cinema Quando si parla di cinema l’opinione pubblica si riferisce, per lo più, ad un momento squisitamente ludico, di evasione dalla realtà, di puro intrattenimento, che crea l’occasione per interrompere la quotidianità e per distrarsi. Viene considerato, insomma, come un hobby, un modo di impegnare il tempo libero per stare in compagnia e rilassarsi, il cui unico scopo è il divertimento, senza nessun’altra specifica finalità. Ma il cinema è anche, e soprattutto, un mezzo di comunicazione, e peculiarmente lo possiamo definire un “mezzo di comunicazione di massa” (Braga, 1961), ossia un canale particolare, che prende l’avvio dallo sviluppo tecnologico, determinato da una struttura comunicativa centralizzata e diffusiva dalla fotografia in movimento, ma ha subito avuto una storia a sé stante. Questo mezzo si presenta come “una forma complessa basata su più linguaggi (verbale, visivo, sonoro e musicale). É caratterizzato dal montaggio e viene ad essere un tipo di messaggio sintetico che non ha un carattere utilitaristico, in quanto non prepara all’azione, bensì si riferisce al repertorio di conoscenze comuni al regista e allo spettatore” (Tessarolo, 1991,). Il cinema, per strutturarsi in modo da poter comunicare, presenta i tre elementi fondamentali della comunicazione: produttore, opera e spettatore. Si può riconoscere, cioè, una “fonte” (gruppo di persone da cui parte un messaggio, ossia il “produttore”) che, attraverso lo “strumento tecnologico”(fra i quali citiamo la radio, la televisione, la stampa e

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