Il linguaggio della moda tra parole e immagini: EF (English for Fashion) tra linguaggio specialistico e ''giornalese'' della moda
La lezione di Roland Barthes non passa mai di moda: la celebre “rivoluzione” metodologica del semiologo francese ha individuato l’approccio linguistico come il più efficace per comprendere quanto fossero importanti le pubblicazioni di moda in quanto «generatrici di senso» nell’immaginario femminile e non solo. Oggi, decenni dopo la pubblicazione de Le système de la Mode, quello che sembra più affascinante, ancora una volta, è la serie di meccanismi con cui abiti e accessori diventano “indumenti reali” proprio per come vengono comunicati a livello globale.
Per capire come si genera il senso per quegli abiti e accessori di/alla moda ormai indissolubili protagonisti, almeno “sulla carta”, delle nostra quotidianità in una pletora di fashion media di varia natura, si rende necessario definirli secondo i paradigmi di una lingua contemporaneamente specialistica e settoriale, il “giornalese” della moda, idioma accattivante e in continua evoluzione, un misto di italiano, angloamericano e francese. Luogo ideale dell’indagine linguistica e sociolinguisitca di questa ricerca saranno quindi, con un approccio à la Barthes aggiornato coi tempi, up-to-date, non solo le pubblicazioni editoriali italiane e internazionali a varia periodicità ma anche le trasmissioni televisive e i website di/alla moda, così come evidenziato durante i tre anni di Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie della moda negli elaborati presentati in Appendice che hanno costituito il presupposto di questa ricerca finale.
L’approccio sperimentale è derivato dalle frequentazioni da parte dell’autore dell’ambiente milanese di/alla moda e dall’aver constatato che dalle chiacchiere delle front row - le prime file della sfilate - nascono i nuovi modi di rappresentazione delle pagine di cronaca firmati dalle sagaci inviate, le “penne” più famose, e dalle redattrici di tutto il mondo dei fashion magazine. Un meccanismo globale, simile nelle sue modalità tra Milano, Parigi, New York, Londra che ha spinto ad una continua verifica sul campo ed è stato lo stimolo alla raccolta del corpus.
Da una prima disamina delle pubblicazioni più recenti di/alla moda si è evidenziato un dato di fatto importante e ormai stabile da tempo: l’Italia si trova ormai a dipendere dall’editoria USA di/alla moda, negli ultimi 17 anni in particolare dai “capricci” del direttore di «Vogue America», Anna Wintour. In un continuo atteggiamento misto di deferenza e emulazione da parte della stampa italiana nei confronti della «direttora delle direttore» Wintour, le “penne” di/alla moda si esprimono in un linguaggio che è sempre in bilico tra lingua speciale e settoriale, il sempre più intrigante e sfuggente “giornalese” della moda, una sorta di lingua franca mistilingue ma fondamentalmente di matrice angloamericana.
Per comprendere, quindi, se l’EF (English for Fashion) possa essere elevato al rango di linguaggio specialistico, ESP (English for Specific Purposes), al pari di altre lingue speciali il BE (Business English) o l’EMP (English for Medical Purposes), o altrimenti essere considerato meramente un linguaggio “settoriale” tipico del mondo giornalistico (il “giornalese” appunto), pura espressione di un mix di mode e modi di dire in bilico tra lo snob e la strada, si sente l’esigenza di dare una definizione up-to-date del linguaggio di/alla moda: ancora una volta, proprio come Barthes insegna, il terreno di studio appare quello della carta stampata, arricchito dal contributo dei new media.
Partendo dalla disamina della letteratura linguistica e sociolinguistica, con riferimenti ai testi di cultura aziendale di moda, si arriverà all’analisi del corpus di testi editoriali - sia della carta stampata (quotidiani, settimanali, mensili) italiani e internazionali, sia dei new media (soprattutto internet) - arricchito dal contributo di due testi fashion oriented, mai analizzati a livello accademico e nati in contesti estremamente significativi dal punto di vista sociolinguistico:
- un romanzo, Il diavolo veste Prada (nel titolo originale The Devil Wears Prada) scritto da Lauren Weisberger, ex-assistente chez «Vogue» di Anna Wintour, di recente riadattato a film per il grande schermo e destinato a suscitare molti rumours nella stampa di/alla moda, un testo che aiuta a comprendere il reale funzionamento delle redazioni dei fashion magazine e dei loro ambienti;
- un serial TV come Sex and the City, prodotto e distribuito da HBO e trasmesso con successo da tutto il mondo, in Italia più volte da LA7, un prodotto televisivo tra i più distribuiti e tradotti a livello globale con interessanti implicazioni per quanto riguarda la strategia aziendale di product placement del lusso globalizzato.
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Informazioni tesi
Autore: | Massimo Cavaliere |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze e Tecnologie della Moda |
Relatore: | Rosita Belinda Maglie |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 216 |
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