Tricksterica. Per una cosmologia dell'arte contemporanea.
Addentrarci nella natura del mito a volte può essere rischioso, specie se il mito in questione è il Trickster, Décepteur, Schlem, Briccone, in qualsiasi modo lo si voglia chiamare. Rischioso perché fra tutte, il trickster, è una delle figure antropologiche più complesse e contraddittorie con cui la mitologia, quanto le religioni stesse, si sono spesso trovate a fare i conti. Uomo multiforme capace di assumere le apparenze dettate dalle circostanze, disarmante essere “di cui non conviene fidarsi” e “violatore rituale di tabù”. Egli gioca dei tiri, fa dei trucchi, inganna e turlupina; il trickster è allora messaggero fra i due mondi come Ermes, ed è ladro come Prometeo. È un attraversatore di confini esterni, tra mondi, ed interni, tra gruppi sociali e, varcando la linea di demarcazione confonde ogni distinzione.
La nostra riflessione è volta all'individuazione di questo tipo politropico e alle diverse tipologie di azioni che incarna, nello scenario corrente dell'arte contemporanea. "Molte opere d’arte contemporanee, siano esse scultoree, pittoriche o digitali, sembrano essere concepite e realizzate alla stregua di metastrutture, complesse e ambigue, che, con uno stile che talvolta può essere prevalentemente imitativo, talvolta prevalentemente parodistico, talaltra ironico, oppure anche elogiativo o eversivo, finiscono per complicare quell’immagine – da sempre condivisa – di ciò che è arte". Questo dunque il nostro punto di partenza, ci proponiamo di indagare quei mezzi, quelle pratiche tricksteriche di cui, negli ultimi anni, si sono appropriati artisti come Paul McCarthy, Ugo Rondinone, Cindy Sherman, Bruce Nauman e, prima di loro, Marcel Duchamp come Picasso. La prima parte definirà le caratteristiche proprie di questa figura: quella "corporeità inderminata" che gli consente di prendere, ed apprendere, diverse forme, animali ed umane; la questione metodologica alla quale tutt'oggi non si pone altra via d'uscita che il permanere nel "contraddittorio"; le teorie circa la sua natura demiurgica e altrettanto disfattista; le sue performance parodiche che attengono alla sfera dello scatologico, del sacro e del profano. "Facciamo riferimento a quei comportamenti e fatti implicanti impurità, indecenza, non conformità alle norme, violazione di obblighi, presunzione del potere, strafottenza, incontinenza, eccessività su vari piani, nella sfera della sessualità e del corpo, per quanto riguarda lo scatologico, lo sporco e la contaminazione".
La panoramica sommaria prima detta ci servirà da introduzione alla comprensione di quelle figure che, dal mito greco all'odierna cultura letteraria e cinematografica, sorprendono per le loro maniere ai limiti della farsa e della burla e che, in virtù del loro "presidiare i confini", si son più volte riconosciuti come freaks, giullari pazzerelli, ironici traghettatori fra il regno dei vivi e quello dei morti, maschere perverse e destabilizzanti. Troviamo così citato Bugs Bunny accanto a David Bowie, Donnie Darko al Corvo "Nevermore!" di Edgar Allan Poe. C'è tuttavia una sottile linea di demarcazione che separa l'ironico grottesco dal macabro romantico ed è ciò che sarà esplorato nella seconda parte; parallelamente si discuterà dell'uso dell'artificio dell'osceno e dell'abietto come corrispettivo di un'arte traumatica di cifra amabilmente postmoderna. Laddove lo scenario artistico contemporaneo intreccia i propri percorsi con quello della merce sarà possibile aggiornare i termini di un'azione tricksterica che non sia avulsa da questo. Conseguenza diretta di ciò è la possibilità di misurarci, nella terza ed ultima parte, con un artista come Jeff Koons, artista eclettico dal perenne sorriso il quale, contrariamente al quel "Clown Bianco" che è Damien Hirst, incarna l'aspetto benevolo e burlesco della risata medioevale. "Koons fa del mondo del consumo globale il suo cilindro magico da cui estrarre finti palloncini di conigli cyborg". Una prospettiva parallela viene inquadrata nell'ambito di una riflessione di genere che, sin dalla prima parte ("Quel trickster di Antigone"), traccia le coordinate di un discorso in cui la trickster, in quanto soggettività femminile, consta di meno presenze se messa a confronto con il suo corrispettivo, seppure androgino o indefinito sessualmente, del trickster al maschile. Vedremo in conclusione, analizzando l'operato artistico della giovane svedese Nathalie Djurberg, come l'humor tricksterico possa accedere alla dimensione parodica, surreale, contraddittoria, finanche "oscena", senza tuttavia legarsi a rivendicazioni di carattere soggettivistico, della Djurberg in quanto donna, per accordarsi invece ad un tipo di performance tricksterica priva di genere sessuale, o sessualità definita, poiché, come abbiamo più volte sottolineato, la certezza è affine ad un qualcosa che esula dalla definizione di un/una trickster caotica, indeterminata, informe.
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Li Volti |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Teoria della comunicazione |
Relatore: | Massimo Canevacci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 217 |
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