Peacekeeping e guerra preventiva - I modelli di convivenza
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale le maggiori potenze europee, stremate dalla guerra, cercarono di costituire delle organizzazioni solide in grado di garantire un periodo di pace duraturo ed evitare così che gli interessi nazionali potessero portare ad un nuovo conflitto.
Nasce così nel 1945 l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ispirata ai principi dell'uguaglianza delle Nazioni, il cui obiettivo era appunto quello di impiegare strumenti internazionali per promuovere la pace, il progresso economico e sociale di tutti i popoli e salvarli dal flagello di guerre future.
In questo periodo però si creerà tra le due superpotenze USA e URSS un attrito che, nonostante sia stato un conflitto non combattuto sul campo, chiamato per questo motivo Guerra Fredda, rischiò più volte di far crollare il mondo in un nuovo conflitto globale.
Per evitare che ciò accadesse, vista l’inefficienza palesata dall’ONU, si cercò di percorrere diverse strade per garantire la pace, dalla Strategia della Deterrenza, che si rivelò ben presto inefficace e controproducente, fino alla nascita del peacekeeping che prevedeva il controllo dei conflitti attraverso interventi imparziali, consensuali e non coercitivi, che si rivelò un valido espediente sul piano politico, ma fu spesso contraddistinto dalla disorganizzazione nella pianificazione e nell'esecuzione.
Con la fine della Guerra Fredda, e il conseguente passaggio da un mondo Bipolare ad uno detto Multicentrico, anche le operazioni di pace mutarono per poter meglio rispondere alle esigenze che si manifestavano.
Durante questa stagione di peacekeeping, di Seconda Generazione, si assiste a diversi gradi di intensità, per quanto concerne l’uso della forza, che va dal minimo dell’aiuto umanitario a valori intermedi come il Peace-making fino ad arrivare al Peace-enforcement, poco distinguibile da una vera e propria campagna militare.
In questa fase si affacciano sulla scena internazionale anche le cosiddette multinazionali della sicurezza (PMC - Private Military Companies) il cui impiego ha fatto, e fa tuttora, discutere a causa della loro affidabilità e della loro reale capacità di porre fine ai conflitti senza dimenticare di affrontare la controversa questione morale, in quanto i valori della società contemporanea portano a provare ripugnanza verso coloro che uccidono per denaro.
A seguito degli attentati dell’11 Settembre 2001 contro gli Stati Uniti si è passati dal peacekeeping alla cosiddetta strategia della Guerra Preventiva, che ha visto gli USA impegnati in una lotta senza frontiere contro il terrorismo, sottolineando nuovamente l’impotenza dell’ONU, incapace di contrastare George W. Bush, che sta sgretolando il fragile equilibrio mondiale, costituito con molte difficoltà in mezzo secolo di trattati internazionali e di accordi multilaterali.
Di certo anche l’Italia ha un ruolo di primaria importanza nelle operazioni di peacekeeping grazie soprattutto all’attuale trasformazione effettuata dall’Esercito Italiano ed alle doti di peacekeepers mostrate negli anni dai militari italiani, che permette al nostro Paese di rivestire una posizione importante in campo internazionale e che ha contribuito a rinforzare il nostro prestigio all’estero.
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Informazioni tesi
Autore: | Stefano Galletti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Comunicazione Pubblica e Organizzativa |
Relatore: | Giuseppe Anzera |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 94 |
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