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Superare i confini del media televisivo: la visione autoriale di David Lynch in ''Twin Peaks - The Return''

La tesi si offre come un’analisi della serie tv Twin Peaks – Il Ritorno (2017), ovvero la terza stagione della serie, da un punto di vista semiotico e narrativo-tematico, con l’intento di mostrare come il regista cinematografico e creatore della serie David Lynch (in collaborazione con Mark Frost) si sia servito delle logiche audiovisive per sperimentare il media televisivo e spesso reinventarne il linguaggio da una prospettiva autoriale.
Nel primo capitolo si pone l’accento sulla distinzione tra le prime due stagioni di Twin Peaks uscite tra il 1990 e il 1992 e la più recente terza stagione del 2017, attraverso un inquadramento storico del panorama televisivo-mediale e socioculturale in cui sono state presentate. In questo modo viene evidenziata l’importanza delle stagioni originali nella storia della televisione, in particolare nell’affermazione della Quality Tv che portò il media televisivo a considerarsi al pari di quello cinematografico, sottolineando anche il merito di aver contribuito a formare un nuovo target di spettatori il cui ruolo è attivo nell’interpretazione e nella costruzione di significato della serie.
Nel secondo capitolo si osserva come l’originale e variegato connubio di immagini e suoni venga utilizzato nella terza stagione per trasmettere mistero e straniamento, soprattutto in relazione a uno dei temi fondamentali nella poetica di David Lynch: il perturbante Freudiano.
La commistione di generi diversi (dall’horror al comico), la componente surrealista e onirica, l’importanza del suono e delle componenti visive, spaziali, cromatiche delle immagini sono solo alcuni dei vari espedienti che compongono il complesso stile autoriale del regista e che vengono analizzati in questa sede da un punto di vista semiotico-linguistico, con un occhio di riguardo alla nozione semiotica di figuralità.
Nel terzo capitolo viene analizzato l’intento di collegare la realtà finzionale della serie (diegetica) a quella esterna dello spettatore (extradiegetica) attraverso una totale sperimentazione del mezzo televisivo: la presenza di citazioni e riferimenti intertestuali ad altre opere o a personaggi del mondo reale, l’utilizzo della musica, il superamento della quarta parete, l’importanza dei simbolismi, fino all’impiego in chiave meta-cinematografica e metatestuale del media televisivo. Il tutto attuato per creare un dialogo diretto con lo spettatore, evidenziare la dicotomia tra realtà e finzione ma soprattutto per aprire un dibattito sulla definizione stessa di realtà e sul come le storie sono in grado di modificarla.

Twin Peaks – The Return è un viaggio, un’esperienza filmica e seriale che merita di essere approfonditamente studiata e di sviluppare ampia bibliografia in quanto opera che racchiude il pensiero di un maestro, un’artista della comunicazione come David Lynch. Coerentemente con la materia trattata al suo interno, questa stagione sembra posizionarsi in una dimensione differente, parallela rispetto all’odierno panorama televisivo nel quale, se da una parte la Tv di qualità è ampliamente affermata grazie, per esempio, a emittenti del calibro di HBO o AMC, dall’altra vi è un iper-concorrenza delle piattaforme streaming la cui conseguenza dovuta al lato commerciale è una forte produzione di contenuti superficiali e scadenti. È proprio da questo punto di vista che Twin Peaks incoraggia ad andare oltre alle regole classiche del media e dimostra come la sperimentazione di qualsiasi mezzo di comunicazione sia infinita e dipenda dal comparto artistico a cui la produzione dona la possibilità di esprimersi. Grazie, infatti, alla libertà concessa al suo eccellente gruppo di lavoro, Lynch si dimostra ancora una volta non solo un pilastro del cinema e della televisione ma dell’audiovisivo in generale, unendo in questo show televisivo la totalità delle sue conoscenze artistiche e relative alla sua plurima esperienza nelle diverse forme mediali.
Con la sua ultima fatica, il regista entra all’interno della superficie del quotidiano per trovarne il lato nascosto, e scoprirne segreti universali. Crea un mondo finzionale e surreale che si fa specchio del nostro mondo, e mostra come il confine tra i due, tra realtà e finzione, sia molto labile e sottile, quasi impercepibile, tanto da finire spesso - soprattutto nel finale - per fondersi; il sipario che li divide viene attraversato nella serie grazie al potere intrinseco delle immagini e della storia che racconta. David Lynch mette così in discussione il concetto di arte grazie al potere insito nell’esperienza di visione decostruendo, riscrivendo e superando ancora una volta le regole del media televisivo. Con Twin Peaks – The Return l’autore mira non solo ad elevare il mezzo ponendolo sullo stesso piano della sua amata settima arte, ma piuttosto a creare un unicum audiovisivo tra questo prodotto e tutto l’incredibile universo cinematografico e mediale che ci ha lasciato.

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3 Introduzione La tesi si offre come un’analisi della serie tv Twin Peaks – Il Ritorno (2017), ovvero la terza stagione della serie, da un punto di vista semiotico e narrativo-tematico, con l’intento di mostrare come il regista cinematografico e creatore della serie David Lynch (in collaborazione con Mark Frost) si sia servito delle logiche audiovisive per sperimentare il media televisivo e spesso reinventarne il linguaggio da una prospettiva autoriale. Nel primo capitolo si pone l’accento sulla distinzione tra le prime due stagioni di Twin Peaks uscite tra il 1990 e il 1992 e la più recente terza stagione del 2017, attraverso un inquadramento storico del panorama televisivo-mediale e socioculturale in cui sono state presentate. In questo modo viene evidenziata l’importanza delle stagioni originali nella storia della televisione, in particolare nell’affermazione della Quality Tv che portò il media televisivo a considerarsi al pari di quello cinematografico, sottolineando anche il merito di aver contribuito a formare un nuovo target di spettatori il cui ruolo è attivo nell’interpretazione e nella costruzione di significato della serie. Nel secondo capitolo si osserva come l’originale e variegato connubio di immagini e suoni venga utilizzato nella terza stagione per trasmettere mistero e straniamento, soprattutto in relazione a uno dei temi fondamentali nella poetica di David Lynch: il perturbante Freudiano. La commistione di generi diversi (dall’horror al comico), la componente surrealista e onirica, l’importanza del suono e delle componenti visive, spaziali, cromatiche delle immagini sono solo alcuni dei vari espedienti che compongono il complesso stile autoriale del regista e che vengono analizzati in questa sede da un punto di vista semiotico-linguistico, con un occhio di riguardo alla nozione semiotica di figuralità. Nel terzo capitolo viene analizzato l’intento di collegare la realtà finzionale della serie (diegetica) a quella esterna dello spettatore (extradiegetica) attraverso una totale sperimentazione del mezzo televisivo: la presenza di citazioni e riferimenti intertestuali ad altre opere o a personaggi del mondo reale, l’utilizzo della musica, il superamento della quarta parete, l’importanza dei simbolismi, fino all’impiego in chiave meta-cinematografica e meta- testuale del media televisivo. Il tutto attuato per creare un dialogo diretto con lo spettatore, evidenziare la dicotomia tra realtà e finzione ma soprattutto per aprire un dibattito sulla definizione stessa di realtà e sul come le storie sono in grado di modificarla.

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Parole chiave

multimedialità
cinema
semiotica
autorialità
serie tv
linguaggio audiovisivo
david lynch
twin peaks
serialità televisiva
testo audiovisivo

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