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L'io autobiografico nella narrazione

L’Io autobiografico nella Narrazione, si caratterizza per il suo forte ruolo di mediatore individuale e sociale nelle relazioni tra la percezione interna delle rappresentazioni mentali e quella esterna, votata alla proiezione e all’identificazione dei propri costrutti cognitivi.
Il lavoro di questa tesi, volendo rispecchiare la dinamica della localizzazione psichica dell’Io, prende vita da una triplice analisi delle materie umanistiche che si sono distinte nella contemporaneità per la dedizione che hanno dimostrato nei confronti della narrazione soggettiva e delle metodologie autobiografiche.
La prima parte della tesi viene dedicata ad un excursus storico del termine nella sua declinazione letteraria, partendo dalle tracce elleniche fino ad arrivare alla contemporaneità degli autori che hanno indagato questa particolare forma di rappresentazione soggettiva nella sua dimensione di genere letterario (Gusdorf, Lejeune, Demetrio, Bruss), evidenziandone tutta la problematicità nel conferirle una forma univoca e omnicomprensiva a partire dalla sua definizione etimologica.
La seconda parte invece tratta la tematica psicologica del Pensiero narrativo di Bruner, ricostruendone i passaggi fondamentali. La narrazione diviene quindi allargamento e iper-potenziamento della metafora linguistica, capace di allargare la nostra visione di finitudine umana aprendoci alla dimensione di nuovi “Mondi Possibili”.
La sezione conclusiva invece, affronta la possibilità di adottare le metodologie autobiografiche come strategie di intervento e ricerca qualitativa, applicata nello specifico al contesto migratorio italiano degli anni 70. In appendice viene inoltre fornito una sperimentazione concernente l’utilizzo delle caratteristiche del pensiero narrativo all’analisi delle interviste raccolte presso la Casa dell'Emigrante.

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Teorie moderne dell’autobiografia “ Dopo aver sottolineato il fatto che l’inizio dell’autobiografia è nella fine, bisogna sottolineare anche il corollario che la fine è nell’inizio” R. Pascal L’arcipelago autobiografico si perfeziona attraversandolo. Il cammino necessario per intraprendere una raccolta organica degli spunti e delle riflessioni generate dagli studiosi che se ne sono occupati, non risulta semplice. Caratterizzato da un monadismo teorico che riflette le difficoltà insite nel generare forme stabili rispetto al pluri-soggettivismo dell’essere Umano, presenta un ulteriore paradosso: fotografare la conoscenza individuale, l’empirismo della vita, per creare una struttura solida e immutabile. Non è neanche lontanamente pensabile l’idea di escogitare una definizione univoca di autobiografia, poiché le componenti interne e i fattori che la determinano sono soggette a continuo mutamento. Vediamo ora come i diversi autori si sono occupati dell’argomento. Per Neumann l’autobiografia come genere letterario comincia ad affermarsi durante il rinascimento. Il “risveglio dell’individualismo” 1 è da ritenersi fortemente connesso alla scelta di un capitalismo economico che premia l’intraprendenza individuale. Benvenuto Cellini e Girolamo Cardano segnano il passo dopo la grande esperienza agostiniana. La questione del “genere” autobiografico apre una lunga dissertazione sulla possibilità di includerlo o meno nel panorama letterario. La Bruss ci parla di un “non genere” che in realtà eredita la forma intima dell’epistolario soppiantando la necessità del soggetto di aprirsi verso una visione più ampia della propria intimità. Sul non-genere si sofferma anche Olney 2 circostanziando l’impossibilità di definizione a cagione di un termine nato prima di essere riconosciuto come genere. Tuttavia, la Bruss 3 , si sofferma su alcune regole comuni all’esperienza autobiografica che possono essere così sintetizzate: 1 Newmann B., Identità e ruolo, in Teorie moderne dell’autobiografia Op. Cit., pag. 34 2 Paul J., L’auto-rappresentazione, in Teorie moderne dell’autobiografia Op. Cit., pag. 91 3 Bruss. E.W., Op. Cit., pag. 47

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