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Anziani e integrazione: un problema etico

La società contemporanea è soggetta a continui cambiamenti soprattutto a livello economico. Le società occidentali si trovano quindi a fronteggiare problematiche legate al “buon vivere civile”. Il miglioramento delle condizioni di vita hanno sì limato le disparità di un tempo, ma hanno anche portato a conoscenza nuove problematiche legate a nuove esigenze, ad esempio la questione sugli anziani. L’inarrestabile progresso tecnologico e scientifico hanno determinato l’aumento dell’età media della popolazione e si è sentita l’esigenza di ripristinare l’assetto ordina mentale della stessa società. Anche in famiglia avviene una trasformazione: da famiglia patriarcale di un tempo, quella in cui l’anziano rappresentava il perno della stessa struttura, la persona che tramandava non solo mestieri, ma anche esperienze di vita, diventa oggi famiglia nucleare, quella in cui i coniugi (quindi il nucleo) vivono crisi sia economica sia sentimentale e l’anziano in questa famiglia veste un ruolo di ospite nella casa di uno dei propri figli.
Ci si chiede quindi come si possa gestire tale cambiamento sociale. Purtroppo non esiste una risposta unica, una ricetta universale che permetta alle scienze sociali di risolvere le diverse situazioni presenti all’interno dei differenti contesti sociali. Per avanzare una possibile soluzione bisogna tener conto delle componenti storiche e culturali di una situazione che spesso pare intrisa di elementi emozionali più che razionali.
Focalizzando l’attenzione in Italia si riflette su come la riflessione sull’anziano parta dal tipo che concezione che l’anziano ha di sé e di chi gli sta attorno. L’anziano a cui si fa riferimento è quella persona che si accinge a compiere i 70 anni, che è ormai tagliata fuori dall’ambiente lavorativo, in particolare, e dal sociale, in generale, quindi non più considerata risorsa produttiva ma bensì vecchio, inutile, ingombrante, inutile.
Si può rivalutare tale categoria sociale rispolverando anche antiche tradizioni presso cui l’anziano era ritenuta la persona più saggia.
E’ peculiare come in una società come la nostra in cui la natalità è in diminuzione ed in ascesa il numero degli anziani, si tenda a progettare sempre più a favore dei più piccoli a discapito degli anziani. Con questo si rischia di aggravare un problema che invece necessita di particolare attenzione.
Muoversi verso l’anziano vuol dire non solo una crescita culturale e comune ma anche economica attraverso una migliore ridistribuzione delle ricchezze verso nuove esigenze.
Questo lavoro si apre con una domanda preliminare su chi sia l’anziano oggi, chi era in passato, nelle diverse culture, quali siano le sua paure e i suoi bisogni. In via però ancora del tutto preliminare si è sentita l’esigenza di esplorare in generale il concetto di persona, riportando il pensiero del filosofo Mounier, che ha elaborato una teoria personalista onde evitare che chiunque in una visione individualistica o all’opposto collettivista, diventi oggetto di mere strumentalizzazioni. L’analisi prosegue poi con una contestualizzazione dell’anziano in epoca attuale nei diversi contesti sociali, dalla famiglia, alla religione, agli organismi intermedi ponendo in evidenza come una sua auspicabile integrazione conduca al miglioramento delle proprie condizioni e di chi gli sta attorno. Avendo fatto luce sugli eventuali fattori che possono favorire tale cambiamento in positivo, si passa all’analisi giuridica e alle risposte che le istituzioni cercano di approntare. Punto cruciale è l’istituzionalizzazione della vecchiaia. Nell’ultima parte del lavoro è stata svolta un’indagine empirica dimostrando quali e quanti problemi gli anziani affrontano in una casa di riposo.

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1 Introduzione In età contemporanea si sono aperti nuovi scenari sociali dovuti a cambiamenti considerevoli, soprattutto a livello economico. Le società occidentali sono costrette a fronteggiare problemi mai posti prima e che riguardano la stessa tenuta del ‘buon vivere civile’. Il miglioramento delle condizioni di vita se da un lato ha certamente contribuito a limare le forti disparità che caratterizzavano le epoche precedenti, dall’altro ha fatto sorgere emergenze inconsuete, legate alla nuova veste di una particolare categoria sociale, quella degli anziani. Con l’inarrestabile progresso scientifico e tecnologico si è determinato l’aumento dell’età media la quale ha posto gli apparati pubblici dinanzi all’esigenza di dover ristrutturare l’assetto ordinamentale. Ma non solo, anche in ambito familiare si riscontra una radicale trasformazione e, per le società non fondate su un’organizzazione di tipo patriarcale, la questione si pone quasi in un’ottica rivoluzionaria. Ci si chiede allora come gestire questo radicale cambiamento sociale e, ancor prima, come individuare i fattori che più di altri possano aiutare a comprendere il processo in corso. Come tutto ciò che attiene alle scienze sociali, non vi è dubbio che si possa scartare l’ipotesi dell’esistenza di ricetta universale, valida per tutti i contesti. Tener conto delle componenti storiche e culturali è d’obbligo, di modo da proporre soluzioni pratiche a un problema che si presenta intriso di elementi emozionali più che razionali. Circoscrivendo dunque l’analisi al territorio italiano, il punto di partenza potrebbe allora essere individuato in ciò che si sintetizza come ‘percezione’ che l’anziano ha nei propri confronti e che ha chi gli

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anziani
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