2
sta attorno. In un paese come il nostro pullulano una serie di palesi
contraddizioni che forse trovano la spiegazione in una matrice comune.
È frequente sentire definire l’Italia come sistema gerontocratico, in cui
i vertici al potere, politico istituzionale o anche aziendale, superano in
media quasi i settant’anni, allo stesso tempo però l’anziano, quando
diventa risorsa non produttiva, è considerato quasi ai margini, come
vecchio, ingombrante e inutile. Indirizzarsi probabilmente nella
rivalutazione di tale categoria sociale, rispolverando antiche tradizioni
che vedevano gli anziani quali i più saggi, oltre che delineando inediti
campi di azione, condurrebbe a una rinnovata vitalità sociale di cui
tutti godrebbero.
È davvero peculiare come in una società in cui la natalità subisce
una brusca diminuzione a fronte invece di una rapida ascesa del
numero degli anziani, l’attenzione delle istituzioni familiari e nazionali
paia rivolgersi più ai bambini rispetto ai vecchi. Quasi a significare una
certa riluttanza a prendere atto di una determinata realtà sociale con la
relativa conseguenza di aggravare, oscurandolo, un problema che
invece andrebbe affrontato con un approccio culturale più
lungimirante. Muoversi ‘verso’ l’anziano rappresenterebbe una chance
per una crescita comune sociale e culturale, per non parlare poi dei
vantaggi che si potrebbero ottenere, anche da un punto di vista
economico, ridistribuendo la ricchezza secondo le nuove esigenze.
In relazione a quanto appena sostenuto, si è ritenuto trattare
l’oggetto del presente lavoro partendo da una domanda preliminare su
chi sia l’anziano oggi, chi era nel passato e nelle diverse culture, quali
le paure e i suoi bisogni. Tuttavia, in via preliminare si è sentita
l’esigenza di esplorare più in generale il concetto di persona,
riportando il pensiero del filosofo Mounier, il quale ha elaborato una
3
teoria personalista onde evitare che chiunque, in una visione
individualistica o all’opposto collettivista, diventi oggetto di mere
strumentalizzazioni.
La disamina prosegue con la contestualizzazione dell’anziano in
epoca attuale nei diversi settori sociali, dalla famiglia, alla religione,
agli organismi intermedi, ponendo in evidenza come una sua
auspicabile integrazione conduca al miglioramento delle proprie
condizioni e di chi gli sta attorno.
Avendo messo sul tappeto i problemi e gli eventuali fattori su
cui puntare per favorire tale cambiamento in positivo, come la
valorizzazione della figura di nonno o di operatore nel settore del
volontariato, si è proceduto con l’analisi giuridica e le risposte che le
istituzioni a livello nazionale e locale stanno cercando di approntare.
Punto cruciale appare oggi l’istituzionalizzazione della vecchiaia.
Seppure questo si mostri ancora un progetto carente sotto molteplici
punti di vista, sono molti i risultati che sta producendo. In quest’ottica,
si è voluto concludere con un’indagine empirica dimostrando quali e
quanti problemi gli anziani che spendono il loro tempo in case di
accoglienza cercano di affrontare, in bilico tra voglia di amare ed
essere amati.
4
Capitolo 1 - Chi è l’anziano?
1.1. Il concetto di persona
La nostra società, malata di materialismo e di economicismo, ha
urgente bisogno di un pensiero personalista che collochi la persona
nell’ambiente della metafisica per coglierne l’essenza profonda e
garantirne il valore trascendente ed è per questo che “la civiltà ha
bisogno di una filosofia della persona nella sua pienezza, libera e
razionale”
1
.
Il personalismo, questa corrente di pensiero, vede come
esponente principale Mounier il quale coglie la necessità di abbattere
l’individualismo e il collettivismo, l’uno perché, nemico della persona,
rinchiude l’uomo in se stesso, strumentalizzandolo completamente al
denaro e al profitto, l’altro perché, seppure esalti la dimensione
sociale comunitaria dell’uomo, mette in primo piano la componente
materiale dell’uomo e finisce per approdare ad un regime totalitario,
schiacciatore dell’uomo stesso. Si propone dunque di ricercare una
nuova strada in una filosofia che concepisca l’uomo né come semplice
individuo, atomo tra altri atomi e privo di sostanziali relazioni con i
suoi simili né come momento di una totalità socio-economica che
fagocita la sua specificità. Nel personalismo di Mounier c’è la difesa
della persona e della sua dignità da ogni forma di oppressione
materiale, spirituale e culturale affinché, prendendo coscienza del suo
valore, diventi non uno strumento ma “un vertice da cui partono tutte
le strade del mondo” per un rinnovo totale della civiltà. Occorre
precisare che Mounier non parla di “personalismo” ma di
“personalismi” ossia rispetto della persona nella pluralità delle visioni;
1
Cfr E.S. Brightman,La vita spirituale, Levante, Bari 2003, p. 313.
5
infatti ad esempio possono esistere contemporaneamente un
personalismo cristiano e un personalismo agnostico, perché, sebbene
essi partano da punti differenti, entrambi affermano il primato della
persona e della sua dignità. E ancora va detto che, sebbene abbia
designato una teoria della persona, si è sempre rifiutato di darne una
definizione in quanto la persona, a suo dire, non può essere racchiusa,
per la sua natura esistenziale, sottoposta a continuo divenire, in una
schematizzazione statica. La persona non è un oggetto anzi “ogni
uomo non può essere trattato come un oggetto” perché: in quanto
spirito, essa è primariamente una “realtà inoggettivabile” che si
esprime in una creatività assolutamente libera e in uno slancio verso la
trascendenza, intesa sia come apertura verso Dio sia come comunione
con le altre persone; ma la persona, malgrado l’inoggettivabilità che
deriva dalla sua spiritualità, non è qualcosa di astratto e di sganciato
dal mondo materiale, al contrario essa è incarnata nella realtà corporea
e storica e può esplicare se stessa solamente attraverso un’attività
pratica e concreta.
<<La persona è dunque “processo”, “impegno”, “presenza”,
“libertà”, rapporto con gli altri. La persona è ancora superamento,
“non è l’essere, ma movimento d’essere verso l’essere”.
Perciò la
persona non può essere definita perché è processo, relazione con gli
altri e insieme apertura al mistero dell’essere>>
2
.
La persona è un continuo divenire, è da farsi, non è tutta
compiuta. L’impegno che la caratterizza è creatore, ma tale creatività è
frutto di una sorgente che la sorpassa e che essa non potrà mai
raggiungere del tutto
3
.
2
M. Indellicato, Mounier e l’ansia per l’uomo, Cacucci, Bari 2006, p. 26.
3
Cfr Ibidem, p. 27.
6
La persona, come ci ha insegnato Mounier, è il volume totale
dell’uomo, l’insieme di tre dimensioni fondamentali: incarnazione,
comunione e vocazione. La prima sale dal basso e s’incarna in un
corpo, la seconda è diretta verso il largo e la conduce a una
comunione, la terza tende verso l’alto e la eleva a un universale. I tre
esercizi essenziali per realizzare le dimensioni della persona, e quindi
la ricchezza della vita spirituale e le qualità stesse della vita, sono:
<<la meditazione, per la ricerca della sua vocazione; l’impegno, per il
riconoscimento della sua incarnazione; la spogliazione, iniziazione al
dono di sé e alla vita in altri. Se la persona manca a uno di questi
esercizi è condannata all’insuccesso>>
4
.
Esaminiamo, una alla volta, tali dimensioni:
1) la vocazione: tale dimensione contraddistingue il solo cristiano,
che vede in essa l’elemento unificante e dinamico, che porta
l’uomo ad autotrascendersi per rispondere responsabilmente e
coscientemente al piano di Dio;
2) l’incarnazione: << l’idea di uomo è l’idea di una essenza mista
“anima incarnata e carne animata”, in simbiosi soprannaturale
con Dio>>
5
in quanto non potrebbe essere puro spirito, perché
sarebbe senza contatto reale con il mondo e privo di strumenti su
di esso, né pura materia, perché sarebbe una cosa senza libertà,
senza iniziative, mentre l’uomo è l’uno e l’altro, anima e carne,
coscienza e gesto, atto ed espressione. Mounier afferma: <<Non
posso pensare senza essere ed essere senza il mio corpo: per
mezzo suo io sono esposto a me stesso, al mondo, agli altri; per
mezzo suo sfuggo alla solitudine di un pensiero che sarebbe
4
E. Mounier, Révolution personaliste et communautaire, in Oeuvres, t. I, Seuil, Paris 1962, p. 179.
5
E.S. Brightman, La vita spirituale, cit., p. 41.
7
soltanto il pensiero del mio pensiero>>
6
. L’individuo è il
fondamento biologico della persona, il legame senza il quale la
persona stessa non sarebbe. L’uomo nella filosofia personalistica
di Mounier recupera la sua complessa realtà umana, fatta di
spirito e materia. <<Il corpo tuttavia non è la tomba dell’anima,
ma una parte essenziale della persona umana, senza della quale la
persona umana non è la stessa. Lo spirito non è nel corpo come a
scontare una pena, ma come suo elemento animatore. L’uomo
integrale è un complesso di animalità, umano e divino>>
7
.
3) la comunione: essa è realizzata dall’incarnazione e dalla
vocazione. La persona si realizza solo quando si relaziona con gli
altri e in tale rapporto vi è il supremo perfezionamento e il pieno
arricchimento spirituale; in cambio, poiché questi le permettono
di svilupparsi, ella lavora per loro e si riconosce in loro. <<La
comunità è dunque l’atto fondamentale della persona stessa e
l’appello comunitario trova il suo fondamento nella natura stessa
della persona, nella sua personale capacità di decentrarsi
aprendosi all’altro, poiché l’uomo non è un solitario, anzi aspira a
queste tre dimensioni: sotto di sé, in cui immettere la scintilla
divina; al suo fianco, ch’egli deve permeare del suo amore per
compiere il suo destino; al di sopra di sé, a colui al quale si offre
e contemporaneamente lo tira fuori dai suoi limiti>>
8
.
In sintesi ciò che fa meglio comprendere la grandezza e le
caratteristiche della persona umana è l’autotrascendenza, perché
essa è segno di spiritualità, che appartiene solo all’uomo e, come
già detto, la persona si realizza nella comunità, la quale le dà
6
E. Mounier, Le Personnalisme, in Oeuvres, t. III, Seuil, Paris 1962, p. 447.
7
E.S. Brightman, La vita spirituale, cit., p. 41.
8
M. Indellicato, Mounier e l’ansia per l’uomo, cit., p. 29.
8
l’opportunità di emergere dall’anonimato; infatti, se non ci fosse
e non esistesse la comunione, ci sarebbe l’individuo (e non la
persona). Inoltre <<in una autentica comunità di persone il posto
di ciascuna è insostituibile: nessuna può essere
“interscambiabile”, nessuna subordinata all’altra, nessuna
alienata. Esistere per la persona significa coesistere, essere con gli
altri, per gli altri, al servizio degli altri>>
9
.
Mounier non indica soluzioni specifiche da assumere e da
riproporre ma “alcune direzioni d’esperienza”, i cui contenuti variano
nel tempo. Ciò che permane, e diviene carattere fondativo della stessa
dimensione di persona, è l’attenzione all’altro: “la persona non si
oppone al noi, che la fonde e la nutre, ma al pronome impersonale
irresponsabile e tirannico. …..”. La persona, ogni persona ha una sua
insopprimibile grandezza che va riconosciuta e rispettata
10
. <<La
persona è sempre valore, “presenza e impegno”
11
e questo consente di
cooperare alla ricerca del bene comune. E’ questa la sola scelta che,
pur con tutti i suoi imprevisti e le sue incognite, tende a costruire il
mondo come luogo di pace e a fare della vita un’esperienza degna di
essere vissuta. Il rifiuto di questo orientamento, di questa “direzione
d’esperienza”, per usare l’espressione di Mounier, porta verso
un’umanità avida e brutale, disperata, piena di paure e carica di
problemi a cui non sa dare alcuna risposta
12
>>.
9
Ibidem, p. 32.
10
Cfr L. Santelli Beccegato, Interculturalità e futuro, Levante Editori, Bari 2003, p. 373.
11
Cfr E. Mounier, Manifeste au service du personnalisme, in Oeuvres, t. I, Seuil, Paris 1961, p.
526.
12
L. Santelli Beccegato, Interculturalità e futuro, cit., p. 375.
9
1.1.1. La persona nell’attuale dibattito della bioetica
Di persona si è tornato a parlare prepotentemente col sorgere
della bioetica, <<disciplina che appartiene essenzialmente al campo
dell’etica e che si propone di affrontare le grandi questioni riguardanti
la vita e il suo sviluppo>>
13
. Alla bioetica spetta la definizione di un
comportamento corretto nei confronti della manipolazione della vita
umana ma anche la determinazione delle regole che riguardano la
tutela e la promozione della salute e il rispetto e la preservazione
dell’ambiente naturale.
La bioetica, così come l’etica, valuta e indirizza il
comportamento dell’uomo secondo criteri ispirati ai valori, ma si
differenzia da essa per il metodo adottato, in quanto non ci si affida al
parere del solo filosofo ma al concorso di più discipline: medicina,
biologia, psicologia, sociologia, giurisprudenza, etica, eccetera
14
.
Il concetto di persona, nella storia del pensiero filosofico, è stato
variamente inteso ed elaborato. Attualmente le diverse concezioni
della persona possono essere raggruppate in due tipologie
fondamentali: la prima rappresenta uno sviluppo della concezione
“classica” secondo cui la persona è “una sostanza individuale di natura
razionale” ossia un individuo dotato di una certa natura ontologica la
quale si manifesta in una serie di capacità, attività e funzioni, ma non
è riducibile ad esse. Pertanto un individuo può possedere la natura
razionale (quindi essere persona) senza la necessità di rivelarle tutte,
sempre e al più alto livello.
Secondo una diversa concezione, elaborata particolarmente da
alcuni autori moderni, quello di persona è invece un concetto definito
13
G. Piana, Bioetica. Tra scienza e morale, De Agostini Scuola, Novara 2007, p. 8.
14
Cfr Ibidem.
10
da un certo insieme di proprietà o funzioni come la capacità di
riflessione, d'autocoscienza, d'autodeterminazione, di comunicazione
intersoggettiva, di rappresentazione simbolica. Come tutti i concetti,
esso determina in astratto una classe di enti i quali, indipendentemente
dalla loro natura ontologica, possono essere considerati persone,
purché capaci di esercitare tali funzioni. Dal momento che un dato
essere può esercitare le funzioni a cui viene ridotta la persona in
quantità variabile e in gradi diversi, ne segue che si può essere più o
meno persona, che si può diventarlo o cessare di esserlo e che, mentre
è possibile che certi esseri umani non siano più persone, possono
invece esserlo vari animali, sia pure in maniera ridotta.
Entrambe le concezioni sono state oggetto di analisi e
discussione. Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha ritenuto di non
poter accogliere la seconda concezione perché legittimerebbe una
discriminazione fra gli esseri umani sulla base di certe capacità o
funzioni, cioè verrebbero discriminati non sulla base di ciò che sono
ma di ciò che hanno o possono fare, esposti così, secondo un catalogo
di requisiti, ad arbitrio.
In senso ontologico, poiché la razionalità è un requisito di cui
gode la natura umana, ogni individuo è persona anche se determinate
caratteristiche, manifestate dopo un processo evolutivo adeguato,
possono essere più o meno ampiamente impedite da circostanze
accidentali e, in alcuni casi, attenuarsi o scomparire.
Nel contesto delle discussioni filosofiche, il rispetto dovuto agli
esseri umani viene assai spesso fondato sulla particolare dignità che
spetta alla persona, in nome della superiorità della sua natura, o di
particolari funzioni di cui essa è capace. Tuttavia è doveroso rispettare
l’essere umano senza ricorrere ad un concetto tanto complesso e
11
controverso come quello filosofico di persona; del resto chi segue lo
sviluppo della bioetica in campo internazionale trova un’ “ispirazione
etica” comune: “la tutela della dignità dell’uomo”.