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Il mito di Don Giovanni tra arte e psicanalisi

Don Giovanni è un mito senza tempo, estremamente moderno, rielaborato innumerevoli volte in diverse epoche e da differenti personalità artistiche; nasce per il teatro e tocca il suo apice nell’opera musicale mozartiana, connubio perfetto di personaggio intramontabile e musica sublime.
Da allora in poi nessun autore che vorrà cimentarsi con questo mito potrà prescindere dall’”opera delle opere”, che ha affascinato personaggi come il filosofo Kierkegaard, i poeti Byron e Baudelaire e musicisti del calibro di Rossini, Wagner e Čajkovskij (ma anche contemporanei come Umberto Curi o José Saramago, che scrisse un altro libretto sulla base del mito, musicato da Azio Corghi), solo per citarne alcuni tra i tanti.
Il mito di Don Giovanni nasce, come accennato sopra, a teatro, per mano di Tirso De Molina, pseudonimo del frate Gabriel Téllez, che scrive El Burlador de Sevilla y Convitado de piedra durante l’epoca del Siglo de Oro (1630). Questa commedia in versi riunisce sotto la sua egida il piano realistico della commedia di “cappa e spada” e quello fantastico/simbolico del soprannaturale, che racchiude la morale finale.
Paradossalmente è un uomo di chiesa, per di più in un’umile posizione, a regalarci un personaggio intriso d’erotismo che si contrappone all’elemento soprannaturale divino con la sua carica demoniaca. Don Giovanni è l’emblema di una spensierata gioia di vivere, del piacere sensuale, dell’intelligenza strategica messa al servizio degli inganni e del disprezzo verso l’irrazionale (che comprende, naturalmente, anche la sfera del divino).
Questo personaggio è definito “il carattere più teatrale che abbia attraversato la scena spagnola”. Seduttore senza scrupoli, egli fa dell’inganno ai danni delle Donne da lui disonorate un vero e proprio vanto (da qui il titolo di “Ingannatore”). Egli non si cura delle classi sociali: seduce allo stesso modo nobili e plebee, spinto da un desiderio di conquista inesauribile mai sopito.

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1 Introduzione Don Giovanni è un mito senza tempo, estremamente moderno, rielaborato innumerevoli volte in diverse epoche e da differenti personalità artistiche; nasce per il teatro e tocca il suo apice nell’opera musicale mozartiana, connubio perfetto di personaggio intramontabile e musica sublime. Da allora in poi nessun autore che vorrà cimentarsi con questo mito potrà prescindere dall’”opera delle opere”, che ha affascinato personaggi come il filosofo Kierkegaard, i poeti Byron e Baudelaire e musicisti del calibro di Rossini, Wagner e Čajkovskij (ma anche contemporanei come Umberto Curi o José Saramago, che scrisse un altro libretto sulla base del mito, musicato da Azio Corghi), solo per citarne alcuni tra i tanti. Il mito di Don Giovanni nasce, come accennato sopra, a teatro, per mano di Tirso De Molina, pseudonimo del frate Gabriel Téllez, che scrive El Burlador de Sevilla y Convitado de piedra durante l’epoca del Siglo de Oro (1630). Questa commedia in versi riunisce sotto la sua egida il piano realistico della commedia di “cappa e spada” e quello fantastico/simbolico del soprannaturale, che racchiude la morale finale. Paradossalmente è un uomo di chiesa, per di più in un’umile posizione, a regalarci un personaggio intriso d’erotismo che si contrappone all’elemento soprannaturale divino con la sua carica demoniaca. Don Giovanni è l’emblema di una spensierata gioia di vivere, del piacere sensuale, dell’intelligenza strategica messa al servizio degli inganni e del disprezzo verso l’irrazionale (che comprende, naturalmente, anche la sfera del divino). Questo personaggio è definito “il carattere più teatrale che abbia attraversato la scena spagnola”. Seduttore senza scrupoli, egli fa dell’inganno ai danni delle Donne da lui disonorate un vero e proprio vanto (da qui il titolo di “Ingannatore”). Egli non si cura delle classi sociali: seduce allo stesso modo nobili e plebee, spinto da un desiderio di conquista inesauribile mai sopito. E se la pastora Aminta commenta il comportamento del seduttore con la frase “la desvergüenza en España se ha hecho cavalleria”, a Donna Isabella Don Giovanni risponde di essere “un hombre sin nombre”, confidando nel fatto che nonostante la sua pessima condotta riuscirà a salvarsi l’anima facendo appello all’espediente del pentimento un attimo prima della fine. Ma in piena epoca di Controriforma ciò non sarà possibile, e Don Giovanni finirà all’inferno per mano del convitato di pietra Don Gonzalo, intermediario divino da lui ucciso mentre cercava di soccorrere la figlia sul punto di essere sedotta dal libertino.

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