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La liberalizzazione e la regolazione del mercato della telefonia in Italia

La gestione dei servizi di telecomunicazione è stata oggetto di una profonda riforma nel corso dell’ultimo ventennio.
La scelta di riservare allo Stato la titolarità del diritto d’impresa era giustificata in base alla convinzione che questo settore presentasse le caratteristiche del monopolio naturale e al contempo quelle di servizio pubblico essenziale.
Le opportunità offerte dal progresso tecnologico ed una nuova concezione dei rapporti Stato-economia, hanno portato ad un progressivo ripensamento dei presupposti economico-sociali, che erano alla base della scelta del regime di riserva originaria.
Muovendo da queste premesse, la Comunità Europea ha avviato la riforma del consolidato regime giuridico.
L’azione comunitaria ha seguito due linee direttrici fondamentali: da un lato la liberalizzazione, ovvero l’eliminazione delle posizioni di esclusività garantite agli operatori pubblici e non più giustificate alla luce dell’evoluzione tecnologica nel settore e dell’inefficienza che spesso ha contraddistinto l’operato di questi con inevitabili ricadute a danno dell’utenza; dall’altro, però, evitando che la liberalizzazione priva di regole portasse a sostituire al monopolio pubblico un monopolio privato potenzialmente ancor più inefficiente del primo.
Di qui la regolazione, intesa come quadro istituzionale e normativo in grado di fissare i parametri per una gestione del servizio efficace ed efficiente in grado di garantire la qualità e l’universalità dello stesso, grazie anche all’introduzione di meccanismi competitivi e di effettiva concorrenza, la cui operatività non sarebbe spontaneamente assicurata perché a rischio di possibile distorsione date le diverse posizioni di partenza, in termini di risorse economiche ed infrastrutturali, di cui avrebbe potuto giovarsi l’ex-monopolista pubblico trasformato in soggetto privato.
In quest’ottica è da leggersi l’istituzione di un’apposita Autorità di garanzia, un’istituzione “terza”, come presidio imparziale al corretto funzionamento del complesso delle nuove regole.
Il passaggio successivo si è realizzato ed in parte si sta ancora attuando a seguito dell’emanazione delle cosiddette direttive di seconda generazione, che ripensano la regolazione ex-ante, ad intervento ex-post, secondo le regole del diritto antitrust.
Questo lavoro muove dall’analisi del regime pregresso, basato sulla cosiddetta riserva originaria di impresa, di cui si tenteranno di mettere in luce tanto i presupposti giustificativi quanto le palesi insufficienze, per poi esaminare le principali innovazioni introdotte progressivamente dalle direttive comunitarie e di come queste riforme siano state recepite nel nostro ordinamento.
Parallelamente all’esame dell’evoluzione del regime giuridico delle telecomunicazioni, si dedica particolare attenzione al settore della telefonia (fissa e mobile) e a come le norme e gli interventi regolamentari in questo mercato abbiano affrontato le problematiche che lo caratterizzano, cercando di mettere in luce quali sono le barriere che tuttora permangono e che ostacolano l’affermarsi di una concorrenza priva di distorsioni.

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Introduzione La gestione dei servizi di telecomunicazione è stata oggetto di una profonda riforma nel corso dell’ultimo ventennio. La scelta di riservare allo Stato la titolarità del diritto d’impresa era giustificata in base alla convinzione che questo settore presentasse le caratteristiche del monopolio naturale e al contempo quelle di servizio pubblico essenziale. Le opportunità offerte dal progresso tecnologico ed una nuova concezione dei rapporti Stato-economia, hanno portato ad un progressivo ripensamento dei presupposti economico-sociali, che erano alla base della scelta del regime di riserva originaria. Muovendo da queste premesse, la Comunità Europea ha avviato la riforma del consolidato regime giuridico. L’azione comunitaria ha seguito due linee direttrici fondamentali: da un lato la liberalizzazione, ovvero l’eliminazione delle posizioni di esclusività garantite agli operatori pubblici e non più giustificate alla luce dell’evoluzione tecnologica nel settore e dell’inefficienza che spesso ha contraddistinto l’operato di questi con inevitabili ricadute a danno dell’utenza; dall’altro, però, evitando che la liberalizzazione priva di regole portasse a sostituire al monopolio pubblico un monopolio privato potenzialmente ancor più inefficiente del primo. Di qui la regolazione, intesa come quadro istituzionale e normativo in grado di fissare i parametri per una gestione del servizio efficace ed efficiente in grado di garantire la qualità e l’universalità dello stesso, grazie anche all’introduzione di meccanismi competitivi e di effettiva concorrenza, la cui operatività non sarebbe spontaneamente assicurata perché a rischio di possibile distorsione date le diverse posizioni di partenza, in termini di risorse economiche ed infrastrutturali, di cui avrebbe potuto giovarsi l’ex-monopolista pubblico trasformato in soggetto privato.

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