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Studio del metabolismo nel lievito Brettanomyces naardenensis per la produzione di bioetanolo da fonti alternative.

L’utlizzo di bioetanolo come carburante alternativo può aiutare a ridurre le eccessive emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. Il mais e la canna da zucchero sono le materie prime più utilizzate a questo scopo ma il loro alto prezzo incide fino al 50% del costo di produzione e la coltivazione di questi raccolti è ancora oggi energeticamente sfavorevole.
I materiali lignocellulosici ricavati da residui agricoli e da altre fonti sono molto abbondanti, rinnovabili e poco costosi. L’idrolisi di questi materiali permette di liberare zuccheri che possono essere fermentati da microrganismi adatti. Tuttavia i prodotti presenti negli idrolizzati contengono composti che influenzano negativamente l’efficienza della fermentazione. Brettanomyces naardenensis è un lievito interessante sia per l’elevata tolleranza alle condizioni estreme, come le alte concentrazioni di etanolo e il pH acido, sia per l’ampio spettro di substrati utilizzati.
Nel presente studio è stato analizzato il metabolismo del glucosio e dello xilosio nel ceppo Brettanomyces naardenensis 922. L’utilizzo di questo ceppo è il risultato di un precedente lavoro di screening in cui erano state saggiate le capacità fermentative di un gran numero di ceppi appartenenti al gruppo Dekkera/Brettanomyces. Per indurre la produzione di etanolo da parte del ceppo 922 sono stati provati differenti livelli di parziale anaerobiosi. La resa in etanolo e la produttività sono risultate essere maggiori su glucosio che su xilosio. È stato inoltre riscontrato un accumulo di xilitolo durante la fermentazione dello xilosio, probabilmente dovuto ad uno sbilanciamento del potenziale redox. Sono state quindi analizzate le attività enzimatiche di alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo dello xilosio. Colture in batch e fed-batch sono state messe a punto per studiare le migliori condizioni di processo al fine di ottenere un miglioramento nelle rese in etanolo.

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4 1. INTRODUZIONE 1.1 Bioetanolo : cenni storici. Henry Ford, già negli ultimi anni del diciannovesimo secolo, progettava macchine alimentate da bioetanolo ottenuto dal grano. Tuttavia i carburanti di origine fossile, grazie al loro basso prezzo, dominarono il mercato degli inizi del ‘900. Questa situazione si prolungò per decenni fino all’arrivo della crisi petrolifera degli anni ’70 che mise in evidenza l’importanza e l’esigenza di risorse energetiche alternative rappresentate soprattutto dal bioetanolo. Gli ultimi decenni vedono inoltre un consumo eccessivo di combustibili fossili sopratutto nelle aree urbane e questo ha contribuito al raggiungimento di alti livelli di inquinamento. Come primo passo per la risoluzione di questo problema, il bioetanolo viene utilizzato, negli Stati Uniti, come additivo nelle benzine E10 (contenente il 10% di etanolo e il 90% di benzina senza piombo), E85 (85% etanolo, 15% benzina). Questo permette di ridurre le emissioni di monossido di carbonio e idrocarburi che sono generati nella combustione del carburante. Nel 1990 il Clean Air Act, approvato dal Congresso Americano, impone un contenuto minimo di etanolo nelle benzine utilizzate nelle aree metropolitane più inquinate. Grazie all’approvazione di questi emendamenti e alle successive sovvenzioni statali si pensò che le attività di ricerca e la produzione di bioetanolo potessero essere promosse e sviluppate adeguatamente. Tuttavia la presenza sul mercato dell’MTBE, ha rallentato lo sviluppo del combustibile di origine vegetale. L’MTBE è un etere che viene utilizzato nelle benzine per l’inferiore

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