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tossicità rispetto al benzene ed al piombo tetraetile. Inoltre rispetto all’etanolo
presenta vantaggi economici e prestazionali.
La produzione statunitense di etanolo è comunque continuata a crescere negli anni,
in particolare è prevista per il 2007 una produzione di 6,2 Miliardi di galloni (pari a
28,2 miliardi di litri).
Figura 1 – Crescita costante della produzione statunitense di etanolo.
Il primo produttore mondiale di etanolo rimane sempre il Brasile, dove i costi di
produzione sono inferiori del 50% rispetto agli Stati Uniti. Questa immensa
differenza è dovuta principalmente al fatto che in Brasile, grazie alle condizioni
climatiche favorevoli, viene utilizzata la canna da zucchero. Questa materia prima è
una fonte maggiore di zuccheri fermentabili ed è piu semplice da coltivare e
processare rispetto al grano statunitense. Inoltre i sussidi statali e le pesanti
tassazioni sulle benzine tradizionali, hanno contribuito alla formazione negli anni di
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un efficiente sistema produttivo. Oggi il Brasile possiede la tecnologia e
l’attrezzatura per produrre regolarmente 16 miliardi di litri di etanolo all’anno.
Essendo inoltre il maggiore esportatore, grazie alla crescente domanda mondiale, si
prevede un raddoppio della produzione nei prossimi 10 anni. Infatti nel mondo
l’etanolo si propone come combustibile alternativo, per l’interesse e l’attenzione a
ridurre le emissioni di CO
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. In Europa la Svezia è la nazione dove il mercato del
bioetanolo si sta sviluppando maggiormente.
La realtà italiana vede le associazioni agricole impegnate a siglare accordi per
aumentare la produzione di bioetanolo promettendo anche un aiuto rilevante
all’agricoltura. Sempre in Italia si sta sviluppando un progetto riconosciuto a livello
europeo che vede l’etanolo utilizzato in celle a combustibile, per la produzione di
elettricità, in una miscela di acqua al 90% ed etanolo al 10%. Questa tecnologia è
alquanto promettente perchè permetterà di abbattere i costi di distillazione nel
costoso processo di produzione, unico svantaggio dell’utilizzo del bioetanolo.
1.1.1 Metodi di produzione del bioetanolo
Il bioetanolo viene prodotto attraverso un processo di fermentazione di diversi
substrati derivati soprattutto da raccolti di canna da zucchero, barbabietola, grano
e cereali. L’investimento su questi materiali di partenza può raggiungere il 40% del
costo di produzione. Dalla canna da zucchero e dalla barbabietola possono essere
ricavati glucosio e fruttosio per conversione del saccarosio presente, mentre cereali
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e grano sono ricchi di amido che può essere convertito in glucosio (J. Zaldivar, J.
Nielsen, L. Olsson, 2001).
La via preferita per la produzione del bioetanolo prevede l’utilizzo di materiale
amidaceo contenuto, oltre che in grano e cereali, anche in frumento, riso e orzo.
L’amido è un polisaccaride composto da due polimeri : l’amilosio (circa 20%) e
l’amilopectina (circa l’80%), entrambi composti da glucosio ma con differenze nella
loro struttura. L’amilosio è un polimero lineare in cui le unità di glucosio sono legate
tra loro attraverso legami glicosidici α 1-4; l’amilopectina è invece un polimero
ramificato simile all’amilosio ma ogni 24-30 unità presenta delle ramificazioni con
legami glicosidici α 1-6.
Saccharomyces cerevisiae è il lievito più utilizzato per la produzione di bioetanolo
ma non è in grado di effettuare una fermentazione diretta sull’amido. I materiali
amidacei di partenza devono essere pretrattati al fine di ottenere una conversione
dell’amido in zuccheri fermentabili dal lievito.
Il pretrattamento del grano comprende tre fasi:
∞ Fase I : prevede la pulizia del grano per rimuovere tutti i residui “leggeri” e
consentire il recupero di co-prodotti quali il germe di grano e gli oli vegetali.
∞ Fase II : consiste nella macinazione del grano per renderlo facilmente idratabile
con acqua.
∞ Fase III : attraverso una cottura iniziale il grano viene gelatinizzato in una
miscela contenente circa 0,27 kg di grano per litro di acqua. Il processo di
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cottura dura 10-30 minuti e si raggiunge una temperatura compresa tra i 135°-
180° C. Le alte temperature permettono una sterilizzazione della miscela ed una
minore degradazione degli zuccheri dovuta ad un minor tempo di cottura.
Questo permette di migliorare le rese finali in etanolo. Il processo avviene
inoltre mantenendo una pressione che è maggiore di quella atmosferica. La
miscela viene poi raffreddata al di sotto dei 65° C per evitare che gli enzimi
vengano inattivati dalle alte temperature al momento della loro
somministrazione.
Dopo il pretrattamento l’amido contenuto nel grano viene degradato in zuccheri
semplici. La scissione può avvenire per via enzimatica o tramite idrolisi acida.
Gli enzimi in grado di scindere l’amido sono le amilasi e vengono utilizzati diversi
metodi mirati ad ottimizzare le condizioni della degradazione enzimatica. A questo
scopo è possibile utilizzare amilasi microbiche prodotte dai ceppi Mucor rouxii,
Mucor buolard o Rhizopus delemar. Queste colture vengono aggiunte al grano
gelatinizzato e fatte crescere in coltura aerata a 40° C, condizioni ottimali per la
produzione di amilasi extracellulari che idrolizzano l’amido.
Un altro metodo prevede la somministrazione di orzo germinato che, una volta
riattivato con acqua calda, possiede alte attività amilasiche. L’orzo germinato, dopo
un passaggio in acqua calda, viene aggiunto al grano gelatinizzato. Grazie alle
amilasi, l’amilosio ed una parte di amilopectina, vengono idrolizzati a maltosio.
Mentre la restante parte di amilopectina, contenente le ramificazioni, viene
idrolizzata a destrine non fermentabili. Il maltosio liberato può essere a questo
punto utilizzato direttamente nella fermentazione. La degradazione dura 40 minuti
e circa il 75-80% dell’amido viene idrolizzato a maltosio mentre il residuo restante
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é costituito dalle destrine. Un problema di questo metodo sono le possibili
contaminazioni batteriche provenienti dall’orzo germinato non sterilizzato. Infatti la
sterilizzazione viene impossibile in quanto causerebbe l’inattivazione delle amilasi. I
batteri contaminanti possono quindi competere con i lieviti per il maltosio ed
abbassare quindi le rese finali in etanolo.
L’idrolisi acida invece prevede l’aggiunta di acidi deboli alla miscela amidacea.
L’acido solfidrico diluito può essere somministrato in fase di gelatinizzazione del
grano dopo neutralizzazione della miscela con calcio carbonato ed un successivo
rapido raffreddamento. Questa tecnica permette di liberare un’alta frazione di
zuccheri dall’amido ma comporta anche la distruzione di parte dei nutrienti naturali
indispensabili al lievito per la successiva fermentazione. Questo comporta successivi
costi aggiuntivi per l’aggiunta di estratto di lievito o di grano come fonte di nutrienti
cellulari. Oltre all’alto costo iniziale del materiale amidaceo, la produzione di
bioetanolo utilizzando l’amido come substrato richiede altri costi, rendendo il
processo ancora molto oneroso.
Per questo motivo nuovi tentativi mirano all’utilizzo di materie prime meno costose.
Ogni anno grandi quantità di biomassa, di diversa provenienza, vengono
accumulate in natura causando problemi di inquinamento. I materiali lignocellulosici
rappresentano una grande porzione di questi prodotti di scarto. Inoltre sono
reperibili a basso costo ed il loro utilizzo risolve anche problemi di smaltimento.
La lignocellulosa è un polimero molto abbondante in natura, ricopre circa il 50%
della biomassa mondiale (10-50 miliardi di tonnellate).
Malgrado tutti questi vantaggi il suo utilizzo come substrato per la produzione di
bioetanolo è molto complicato. Infatti la sua complessa struttura rende questo
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polimero molto resistente alla degradazione sia per via enzimatica che per via
chimica.
La lignocellulosa è composta da tre polimeri : La cellulosa (circa 45% del peso
secco), l’emicellulosa (circa il 30% del peso secco) e la lignina (circa il 25% del
peso secco).
Figura 2 – Diversa composizione delle tre frazioni che compongono la
lignocellulosa : Cellulosa, Emicellulosa e Lignina. G : Glucosio, Gal : Galattosio, Man
: Mannosio, X: Xilosio, Ara : Arabinosio. (J. Zaldivar, J. Nielsen, L. Olsson, 2001).
La cellulosa è il polimero ad alto peso molecolare più abbondante del pianeta; è
composto da molecole di glucosio anidro legate fra loro da legami glicosidici β 1-4.
La sua struttura secondaria e terziaria permettono l‘associazione con molecole di
lignina, emicellulosa, proteine e amido, implicando una maggiore resistenza alla
degradazione. Tuttavia la cellulosa può essere idrolizzata sia enzimaticamente che
per via chimica.
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Gli enzimi utilizzati sono le cellulasi che sono distinguibili in classi diverse a seconda
del legame che idrolizzano:
∞ Le endoglucanasi scindono i legami β 1-4 all’interno della struttura della
cellulosa
∞ Le esoglucanasi separano una molecola di glucosio o cellobiosio ad una delle due
estremità della molecola.
∞ Le glucosidasi idrolizzano invece il cellobiosio a glucosio.
L’emicellulosa è un eteropolimero altamente ramificato la cui composizione dipende
dal tipo di tessuto da cui proviene. Le unità che formano questo eteropolisaccaride
sono esosi (galattosio, mannosio, ramonsio, fruttosio), pentosi (xilosio e arabinosio)
e acido glucuronico. L’idrolisi dell’emicellulosa é più semplice rispetto alla cellulosa
ed è effettuata tramite emicellulasi oppure chimicamente con acidi o basi diluite (J.
Zaldivar, J. Nielsen, L. Olsson).
La lignina è una macromolecola di carattere fenolico prodotta dalla deidratazione di
tre alcoli monomerici. Per liberare dalla lignocellulosa le unità monomeriche
fermentabili, il polimero deve essere processato in due fasi: la prima fase prevede
l’utilizzo di microrganismi, che degradando la lignina, permettono la liberazione di
cellulosa ed emicellulosa. Una seconda fase di depolimerizzazione viene effettuata
tramite un trattamento enzimatico per ottenere il glucosio dalla cellulosa.
L’emicellulosa invece viene trattata con metodi chimici e fisici per la liberazione di
esosi e pentosi. Il glucosio liberato da cellulosa e emicellulosa è fermentato
efficientemente mentre la conversione dei pentosi è piu difficoltosa, specialmente
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se nella miscela è presente contemporaneamente glucosio; purtroppo l’emicellulosa
è composta appunto da una frazione di glucosio rilevante e questo rende molto
difficile la completa fermentazione dei monomeri presenti.
La lignina non é utilizzabile per la produzione di bioetanolo perchè nessun
microrganismo conosciuto è in grado di utilizzare i monomeri che la compongono
(J. Zaldivar, J. Nielsen, L. Olsson, 2001).
La degradazione della lignocellulosa porta inoltre alla formazione di composti che
possono avere effetti inibitori verso i microrganismi utilizzati nella fermentazione. Il
meccanismo di azione di tali inibitori dipende dalla loro struttura chimica. Il
furfurolo é un composto normalmente presente negli idrolizzati con acidi diluiti e
può raggiungere una concentrazione di 2-3 g/litro. Il metabolismo di
Saccharomyces cerevisiae è inibito fortemente dalla presenza di questo composto
sia in condizioni fermentative che in condizioni di crescita (I. Horvàth, C. Franzèn,
M. J. Taherzadeh et al. 2003). La presenza di furfurolo crea un’inibizione
dell’acetaldeide deidrogenasi con conseguente accumulo di acetaldeide, dannoso
alla cellula. L’effetto di questi inibitori può causare quindi una perdita rilevante nella
resa finale in etanolo. Tuttavia Saccharomyces cerevisiae mostra dei meccanismi di
difesa nei confronti del furfurolo; in condizioni di anaerobiosi é in grado di
convertirlo in alcool furfilico mentre in aerobiosi è ossidato ad acido furonico (I.
Horvàth, C. Franzèn, M. J. Taherzadeh et al. 2003). Esistono comunque altri metodi
per evitare l’accumulo di tali composti durante i processi di pretrattamento della
lignocellulosa. Rimane comunque di grande interesse utilizzare microrganismi in
grado di sviluppare meccanismi di resistenza verso questi inibitori, evitando cosi
costi aggiuntivi nel processo di produzione. Questi microrganismi devono resistere
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anche ad alte concentrazioni di etanolo nelle soluzioni industriali e devono essere in
grado di fermentare sia esosi che pentosi in maniera produttiva.
Un valido utilizzo della lignocellulosa ed in particolare dell’emicellulosa
permetterebbe infatti di moderare i costi di produzione del 25%. Purtoppo al
momento non si conosce alcun microrganismo con tali caratteristiche; sono quindi
in corso studi di ingegneria metabolica che mirano a migliorare la produzione e le
proprietà dei microrganismi. Questo tipo di interventi vengono sviluppati su
microrganismi come Pichia stipitis, Zymomonas mobilis, Klebsiella oxytoca e
Escherichia coli, per permettere un utilizzo appropriato di fonti di carbonio
alternative da parte di questi potenziali microrganismi per la produzione di
bioetanolo.
1.2 Il glucosio : fonte energetica primaria
1.2.1 La via glicolitica
La glicolisi è un processo metabolico mediante il quale una molecola di glucosio
viene scissa in due molecole di piruvato al fine di generare molecole ad alta
energia. Rappresenta il mezzo per ottenere energia piu sfruttato in natura ed é
prevalentemente utilizzato nei lieviti per la conversione degli esosi fosfato in
piruvato. Le reazioni che compongono la glicolisi avvengono nel citoplasma e sono
catalizzate da enzimi che ricoprono il 65% delle proteine solubili.