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Psicopatologie delle condotte on-line. Aspetti clinici e psicopatologici correlati all'uso di Internet

L’ingresso nell’era della tecnologia e di Internet ha fatto nascere nuove patologie, che Griffiths definí “technological addiction” e che condividono con le dipendenze da sostanze alcune caratteristiche essenziali (dominanza, alterazioni del tono dell’umore, tolleranza, astinenza, conflitto e ricaduta); tali patologie furono inserite nella categoria delle “nuove dipendenze”, quelle, cioè, il cui oggetto non è una sostanza chimica, ma un comportamento o un’attività lecita e socialmente accettata.
Tra tutte le nuove tecnologie, Internet è quella che ha le caratteristiche più adatte a far sviluppare una dipendenza: la facilità d’accesso, la possibilità di comunicare in modo nuovo abbattendo le barriere spazio-temporali e le sensazioni di onnipotenza e di controllo che si sperimentano sono solo alcune delle caratteristiche che affascinano e catturano il navigante.
Nel mio elaborato ho analizzato in tutti i suoi aspetti quello che Goldberg chiamò per la prima volta nel 1995 “Disturbo di Dipendenza da Internet” (IAD).
L’aspetto più particolare di Internet è dato dall’uso di identità fittizie, dal bisogno, cioè, di nascondersi dietro una maschera che permetta di sperimentare il proprio Io ideale in modo sicuro e senza ripercussioni nella vita reale (gli ambienti MUD sono il luogo ideale per poter giocare con l’identità).
Ho poi analizzato i vari modelli teorici che si sono succeduti nel tempo per spiegare la genesi della dipendenza da Internet: il modello neurobiologico, il modello ACE (accessibilità, controllo, eccitazione) della Young, il modello cognitivo-comportamentale di Davis, le due fasi di Cantelmi (tossicofilica e tossicomanica) e, infine, il modello di Nardone (comportamento compulsivo basato sul piacere).
Ho poi descritto, sulla base di varie ricerche, le due tipologie di soggetti più a rischio: il primo tipo con una pregressa psicopatologia, molto spesso con tratti autistici, ossessivo-compulsivi o con una dipendenza da sostanze; il secondo senza una pregressa psicopatologia quantomeno conclamata, ma che viene a trovarsi in particolari situazioni (isolamento, difficoltà psicologiche, ecc) o che è comunque attratto dal senso di controllo e di potere che la Rete offre. Inoltre la rete è il posto ideale per persone caratterizzate da una fragilità dell’Io, personalità ossessivo-compulsive e personalità con tratti narcisistico-onnipotenti.
Infine, ho esaminato i criteri e gli strumenti diagnostici dell’Internet-dipendenza, presentando, fra i primi, le proposte di vari ricercatori, a iniziare dallo stesso Goldberg e, fra i secondi, diversi questionari on-line, pur consapevole dei limiti oggettivi di tali strumenti.
Ho anche esposto alcuni percorsi terapeutici proposti da diversi ricercatori in base all’approccio teorico seguito, in quanto ancora oggi non vi è una definizione dell’IAD su cui tutti concordino.
Nella seconda parte del mio lavoro, ho dettagliatamente analizzato tutta la costellazione di disturbi che Cantelmi e Co. comprendono nella nuova categoria diagnostica chiamata “Internet Related Psychopathology” (IRP): la MUD addiction (dipendenza da giochi di ruolo on-line), la chat addiction (dipendenza dalle chat), la cyber relationship addiction (dipendenza da relazioni virtuali), la cybersexual addiction (dipendenza da sesso virtuale), il compulsive on-line gambling (gioco d’azzardo compulsivo on-line), il compulsive on-line shopping (shopping compulsivo on-line) e l’information overload addiction (dipendenza da eccessive informazioni).
Nella terza parte ho riportato uno studio italiano di Cantelmi e Co., volto a indagare le principali caratteristiche di personalità del potenziale Internet-dipendente, che ho personalmente seguito tenendomi in contatto tramite e-mail coi ricercatori e che mi è sembrato particolarmente serio e affidabile, soprattutto per le modalità di scelta del campione e di somministrazione dei tre differenti questionari, non più solo on-line ma con contatti diretti con gli intervistati.
Infine, nella quarta e ultima parte, ho voluto riportare una storia reale, venuta alla mia conoscenza, che mi sembra particolarmente emblematica, in quanto riflette tutti gli spunti e le ipotesi teoriche prese in esame in questo lavoro.

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INTRODUZIONE "Internet è qui e ci rimarrà. Ma dato che corriamo tutti su questa autostrada informatica, assicuriamoci almeno di avere una buona visuale davanti a noi e di avere allacciato le cinture di sicurezza." Kimberly S. Young Cosa si intende per “Addiction” ”Addiction” è un termine inglese, ma di origine latina, che riflette l’etimologia della parola “schiavitù” (“addictus” in latino indicava chi si era reso “schiavo per un debito contratto con un padrone”): con esso si intende, infatti, la mancanza di capacità di controllare un impulso verso un oggetto o comportamento (“non poter fare a meno di”); si intende un disordine progressivo, cronico recidivante che, in genere, comprende compulsione, perdita di controllo ed uso continuativo di alcool, tabacco ed altre droghe, malgrado le conseguenze negative di tale consumo. Il disordine è primario, cioè non dipende da una malattia mentale; spesso sviluppa dipendenza fisica, tolleranza ed astinenza. G. P. Guelfi (Genova), in una relazione al Congresso “Addiction: una normale malattia” ha ribadito che i due elementi fondamentali (sintomi patognomonici) della patologia da dipendenza sono: 1) craving (desiderio incontrollabile di ripetere l’uso della sostanza); 2) drug-seeking behavior (comportamento compulsivo di ricerca della sostanza che si mette in pratica senza curarsi delle conseguenze).

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iad
internet addiction disorder
dipendenza da internet
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