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Efficenza dei tre sistemi attenzionali nei bambini con ADHD

Il disturbo ADHD (Attention-Deficit Hyperactivity Disorder) è il più comune disturbo dello sviluppo neurologico nei bambini. Questo è caratterizzato da un inizio precoce (generalmente prima dei 7 anni), disattenzione significativa, impulsività e iperattività.
Sebbene la causa esatta dell’ADHD non sia stata ancora completamente riconosciuta, si suppone che il disturbo sia causato da una una interrelazione complessa di fattori biologici, neurologici e ambientali. Studi di neuroimmagine hanno dimostrato anormalità e/o volume minore in specifiche aree del cervello in pazienti con ADHD rispetto a soggetti normali.
Quelli educativi, comportamentali e farmacologici, sono i tre principali interventi utilizzati nel trattamento del disturbo. Gli psicostimolanti rappresentano il trattamento farmacologico più comunemente usato nei bambini ed adolescenti con ADHD.
Studi pubblicati negli ultimi 20 anni indicano che i sintomi dell’ADHD possono persistere fino all’adolescenza e fino all’età adulta. Sono comunque necessarie ulteriori ricerche per determinare la prognosi a lungo termine dei bambini con ADHD, e in particolare per determinare quale sottogruppo dei bambini con questo disturbo sia particolarmente a rischio per la persistenza dei sintomi. Da molto tempo si è a conoscenza che i bambini con l’ADHD ed il disturbo della condotta, sembrano mostrare una prognosi peggiore di quei bambini con il solo disturbo ADHD.
Il processo attenzionale ci consente di usare le nostre risorse mentali, limitate, nel modo più proficuo possibile, ci permette di focalizzarsi sugli stimoli, esterni (sensazioni) o interni (ricordi e pensieri), che più ci interessano, ignorando o attenuando quelli irrilevanti.
L’attenzione selettiva, consente di essere attenti verso alcuni stimoli, e di ignorarne degli altri. L’attenzione sostenuta o vigilanza, ci consente di mantenere uno stato attenzionale per periodi prolungati, rilevando la comparsa di stimoli infrequenti, la ricerca visiva (o visual search), ci consente di esplorare attivamente l’ambiente per trovare particolari stimoli target (per esempio il volto di un amico in un aula affollata).
Secondo Posner sarebbe utile suddividere il sistema attentivo in più sottosistemi che svolgono funzioni differenti tra loro, ma pur sempre intercorrelate: orientamento verso eventi sensitivi, detezione del segnale per eventi focali (processi consapevoli), mantenimento di uno stato di allerta o vigilanza. Ognuna di queste funzioni sarebbe permessa da aree cerebrali differenti: un sistema posteriore che permetterebbe l’orientamento, un sistema anteriore che permetterebbe la risoluzione del conflitto, e aree parietali e frontali, principalmente dell’emisfero destro, sarebbero responsabili del sistema di allerta.
Nell’ambito della psicologia sperimentale dell’attenzione e delle neuroscienze da alcuni decenni si portano avanti studi e ricerche condotte sui bambini e gli adulti con ADHD nel tentativo di individuare quali sono effettivamente i deficit attentivi di questi soggetti e quali sono le differenze dal punto di vista attentivo tra questi soggetti e quelli definiti di controllo, cioè senza il disturbo.
Questo obiettivo è perseguito attraverso l’uso di particolari paradigmi che consentono di valutare i vari sistemi attentivi così come postulati da Posner e i suoi colleghi. Come conseguenza di questo abbiamo a disposizione in letteratura studi che valutano il sistema covert orienting attraverso il classico paradigma di Posner, oppure studi che hanno cercato di valutare il controllo esecutivo e la risoluzione del conflitto attraverso l’uso dello Stroop test o del flanker task. Infine abbiamo una serie di studi che hanno cercato di individuare un deficit nell’attenzione sostenuta dei bambini con ADHD attraverso l’uso del Continuous Performance Test.
Questo lavoro, oltre a inquadrare il disturbo ADHD nell’ottica clinica nel primo capitolo, e a illustrare le varie teorie conosciute sulla probabile struttura e sulle funzioni dell’attenzione nel secondo capitolo, intende fare, nel terzo capitolo, una rassegna degli studi pubblicati fino a questo momento nell’ambito della ricerca sperimentale sull’attenzione per quello che riguarda l’ADHD, riportando i risultati, a volte contraddittori, soprattutto nell’ambito dell’orientamento dell’attenzione, della vigilanza, dell’allerta e del controllo esecutivo nei soggetti con ADHD.
Mentre, nel quarto capitolo verrà analizzato criticamente l’utilizzo, da parte di alcuni autori, dell’ANT nei bambini con ADHD, un paradigma ideato allo scopo di valutare contemporaneamente i tre sistemi attenzionali proposti da Posner.

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6 INTRODUZIONE Il disturbo ADHD (Attention-Deficit Hyperactivity Disorder) � il pi� comune disturbo dello sviluppo neurologico nei bambini. Questo � caratterizzato da un inizio precoce (generalmente prima dei 7 anni), disattenzione significativa, impulsivit� e iperattivit�. I criteri diagnostici del DSM-IV includono la suddivisione dei sintomi in due gruppi: iperattivo-impulsivo ADHD-H; e inattentivo ADHD-IA. Gli stessi criteri diagnostici inoltre, prendono in considerazione l�esistenza di un terzo sottogruppo di ADHD: l�ADHD-C (combinato), che richiede la presenza di sintomi da entrambi i due sottogruppi Quest�ultimo � il sottogruppo di gran lunga pi� usato nella ricerca sull�ADHD. Sebbene la causa esatta dell�ADHD non sia stata ancora completamente riconosciuta, si suppone che il disturbo sia causato da una una interrelazione complessa di fattori biologici, neurologici e ambientali. Studi di neuroimmagine hanno dimostrato anormalit� e/o volume minore in specifiche aree del cervello in pazienti con ADHD rispetto a soggetti normali. Quelli educativi, comportamentali e farmacologici, sono i tre principali interventi utilizzati nel trattamento del disturbo. Gli psicostimolanti rappresentano il trattamento farmacologico pi� comunemente usato nei bambini ed adolescenti con ADHD. A dispetto dell�attenzione generale dei media, piuttosto negativa, sull�uso degli psicostimolanti, questi agenti rappresentano tuttora la prima scelta per la terapia farmacologica, questo � dovuto alla loro efficacia e alla loro relativa sicurezza. Studi pubblicati negli ultimi 20 anni indicano che i sintomi dell�ADHD possono persistere fino all�adolescenza e fino all�et� adulta. Sono comunque necessarie ulteriori ricerche per determinare la prognosi a lungo termine dei bambini con ADHD, e in particolare per determinare quale sottogruppo dei bambini con questo

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