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Profili dell'instabilità finanziaria nel mercato globale - Analisi della crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale a partire dall'agosto 2007

La finanza mondiale ha attraversato verso la fine del 2008 una delle fasi più critiche da molti decenni a questa parte; le Borse di tutto il mondo hanno fatto registrare pesanti ribassi negli ultimi dodici mesi, mentre, attualmente, la contrazione del PIL nei paesi occidentali ha posto le basi per una preoccupante recessione.
I mezzi di comunicazione hanno spesso paragonato i recenti tracolli alla crisi che colpì la Borsa newyorkese di Wall Street nel 1929: ma che cosa accadde veramente in quell’anno, quali furono le cause che scatenarono una serie di drammatici eventi divenuti, agli occhi dell’opinione pubblica, il fattore scatenante della Grande Depressione e quali analogie vi sono con l’attuale instabilità? Rispondere a queste domande è condizione necessaria ma non sufficiente per cercare di trovare le cause cha hanno portato alla crisi corrente. I mercati, rispetto a novant’anni fa, hanno subito un processo di integrazione dovuto alla riduzione dei costi delle comunicazioni e all’innovazione in campo informatico e telematico.
Risulta evidente come la crisi legata ai mutui subprime debba essere vista in un ottica di più ampia portata: l’instabilità finanziaria derivante dalle insolvenze dei mutuatari ha reso palesi gli errori compiuti dai governi occidentali negli ultimi anni ed ha evidenziato la necessità di un’inversione di rotta nelle politiche economiche per gli anni a venire.
Numerosi istituti bancari ed assicurativi sono stati pesantemente colpiti dal crollo delle quotazioni dei titoli di debito legati ai prestiti immobiliari e dall’uso spregiudicato degli strumenti derivati su mercati privi di regolamentazione; la sottocapitalizzazione del sistema ha poi portato rischi per la loro stessa sopravvivenza e solo l’intervento congiunto di governi e banche centrali ha scongiurato fallimenti che avrebbero ulteriormente aggravato la situazione.
I problemi emersi negli ultimi mesi non hanno riguardato esclusivamente i mercati finanziari ma, più in generale, gli equilibri economici e produttivi a livello mondiale: ci si è resi conto non solo dell’esigenza di nuove e più severe regole che disciplinino l’operato delle istituzioni finanziarie, ma, soprattutto, è risultato evidente come la delocalizzazione produttiva stia per portare ad un punto di non ritorno.
In tal senso, la finanziarizzazione delle economie occidentali ha dimostrato la sua insostenibilità nel lungo periodo: i proventi di tipo finanziario, che per anni hanno rappresentato la principale voce nei conti economici delle aziende, devono ora lasciar spazio ai ricavi tipici dalla produzione in senso stretto.
Partendo dalla cronaca degli ultimi mesi del 2008, nel corso dei quali l’attenzione dei media a livello mondiale era incentrata sui timori di fallimenti all’interno del sistema bancario, sul crollo dei mercati azionari e sugli affannosi tentativi da parte delle istituzioni di arginare la crisi, si cercherà, nel corso del primo capitolo, di individuare le linee guida con le quali si è sviluppata l’instabilità finanziaria.
Nel secondo capitolo si andrà a ritroso nel tempo descrivendo lo scoppio delle più grandi bolle speculative della storia, dalla tulipanomania olandese di metà XVII secolo, passando per il crollo di Wall Street del ’29, fino ad arrivare a quella di inizio Duemila relativa ai titoli informatici; la descrizione e l’approfondimento di tali fenomeni permetteranno di evidenziare le differenze con la crisi attuale, introducendo la possibilità di cogliere le vere motivazioni che stanno alla sua base.
Il terzo capitolo sarà, dunque, il centro del lavoro perché in esso si descriverà il contesto internazionale nel quale l’instabilità finanziaria ha trovato terreno fertile sul quale diffondersi: globalizzazione, deindustrializzazione, sviluppo tecnologico e deregolamentazione sono termini chiave, la cui comprensione è fondamentale in una attenta disamina del contesto attuale; si cercheranno, inoltre, di individuare i soggetti responsabili per i fatti accaduti, soffermandosi sul ruolo giocato dal sistema bancario statunitense.
L’individuazione delle cause rappresenterà il passo cruciale per poter descrivere ed analizzare, all’interno dell’ultimo capitolo, gli interventi che sono stati presi a livello sia internazionale che locale da governi e banche centrali nel tentativo di riportare la stabilità sui mercati: dal cosiddetto Piano Paulson alle singole misure correttive prese dai paesi europei, con particolare attenzione agli interventi compiuti dal governo italiano e dalla Banca d’Italia.
Le considerazioni appena descritte offriranno, in ultima analisi, un valido spunto per trarre delle conclusioni a livello generale riguardanti gli argomenti oggetto della trattazione, cercando, nel dettaglio, di individuare le azioni che dovranno essere intraprese nel tentativo di riforma dei mercati finanziari, non dimenticando, tuttavia, l’esistenza di fattori che potrebbero acuire ulteriormente l’instabilità attuale.

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INTRODUZIONE La finanza mondiale ha attraversato verso la fine del 2008 una delle fasi più critiche da molti decenni a questa parte; le Borse di tutto il mondo hanno fatto registrare pesanti ribassi negli ultimi dodici mesi, mentre, attualmente, la contrazione del PIL nei paesi occidentali ha gettato le economie di Stati Uniti ed Europa in una preoccupante recessione. I mezzi di comunicazione hanno spesso paragonato i recenti tracolli alla crisi che colpì la Borsa newyorkese di Wall Street nel 1929: ma che cosa accadde veramente in quell’anno, quali furono le cause che scatenarono una serie di drammatici eventi divenuti, agli occhi dell’opinione pubblica, il fattore scatenante della Grande Depressione e quali analogie vi sono con l’instabilità attuale? Rispondere a queste domande è condizione necessaria ma non sufficiente per cercare di trovare le cause cha hanno portato alla crisi corrente. I mercati, rispetto a novant’anni fa, hanno subito un processo di integrazione dovuto alla riduzione dei costi delle comunicazioni e all’innovazione in campo informatico e telematico. La creazione di una fitta rete di relazioni tra aree geograficamente molto distanti ha permesso a paesi, considerati fino a pochi anni fa meno sviluppati, di diventare protagonisti sulla scena internazionale. L’importanza di questi Stati, appartenenti prevalentemente alla regione del sud-est asiatico e al Medio Oriente, è stata accentuata dalla delocalizzazione produttiva che ha caratterizzato l’occidente negli ultimi trent’anni e dalla sempre più elevata dipendenza delle economie di questi paesi dal petrolio. L’insostenibilità nel lungo periodo della situazione venutasi a creare in Europa e negli Stati Uniti è testimoniata dall’ingente crescita di due grandezze chiave per la stabilità economica di un paese, ovvero il debito pubblico e il deficit di bilancia commerciale; il conseguente spostamento della maggior parte delle riserve valutarie verso paesi che grazie ai ridotti costi di manodopera sono divenuti la destinazione della delocalizzazione produttiva dell’occidente, oppure verso quelli che vantano le maggiori giacenza petrolifere, ha determinato una nuova ripartizione degli equilibri mondiali: al momento attuale, sono i paesi in via di sviluppo a sostenere le economie occidentali e non più viceversa come avveniva fino a pochi anni fa. I timori per un deflusso degli investimenti stranieri dal mercato mobiliare americano ed europeo, seguito ai pesanti ribassi dei principali corsi azionari, hanno dimostrato l’importanza ormai assunta dai paesi emergenti all’interno delle economie più sviluppate. Risulta, quindi, evidente come la crisi legata ai mutui subprime debba essere vista in un ottica di più ampia portata: l’instabilità finanziaria derivante dalle insolvenze dei mutuatari ha reso palesi gli 1

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