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L'evoluzione dei sistemi di rating interni e delle tecniche di valutazione del rischio: il caso Fintec srl

Il termine rating è oggi utilizzato con accezioni differenti, ed è perciò necessario un chiarimento al fine di individuare un “concetto di rating” da utilizzare nel presente lavoro. Nel contesto americano si tende a mettere in evidenza nel “concetto di Rating” un giudizio di tipo qualitativo in cui è fondamentale il giudizio dell’analista che non sia basato solo sull’elaborazione di dati. In tal senso “Ratings are applied to those types of loans for which underwriting requires large elements of subjective analysis” secondo Treacy e Carey. Nella presente trattazione per rating s’intende “la classificazione di un prenditore/emittente o di una specifica operazione in una tra più classi di rischio creditizio predefinite in modo contiguo e ordinale, di norma indicate con lettere o numeri, a cui saranno collegati tassi attesi d’insolvenza o di perdite diversi” . Così come lo abbiamo definito, il rating, può indirizzarsi a diversi soggetti economici: Stati, Regioni, Comuni, aziende, banche, prenditori, ma lo scopo resta sempre la valutazione dell’affidabilità del soggetto. Il rating è generalmente classificato in internal ed external. Il rating interno è una metodologia di credit risk management utilizzata nella gestione di un portafoglio bancario. Una banca, in sostanza, valuta l’affidabilità dei propri debitori cercando di quantificare il rischio di credito per ognuno di essi. Grazie al rating interno gli istituti di credito possono gestire i rischi propri dell’attività di lending e mettere in atto una politica di pricing volta a ridurre il costo dell’indebitamento per i prenditori più affidabili. Quando la valutazione di un soggetto è opera di una società specializzata, il rating viene definito esterno. Le società specializzate sono denominate agenzie ed esprimono un loro giudizio, dietro compenso, circa un soggetto economico o anche circa una singola operazione finanziaria. Sia il rating interno, sia quello esterno stanno cominciando a prendere piede, già da alcuni anni, al di fuori del contesto anglosassone. La diffusione delle metodologie di rating si spiega grazie ai numerosi vantaggi che esse consentono di ottenere, in primo luogo la gestione del rischio di credito nel caso del rating interno, e la maggiore trasparenza donata al mercato, per il rating esterno. Tuttavia tale crescente successo non dipende solo da fattori operativi ma anche da fattori normativi che dal 1988 ad oggi, hanno profondamente inciso sullo sviluppo del rating. Mi riferisco in particolare ai vari accordi di Basilea, emanati in ambito G10 ma accettati da moltissimi stati, volti a regolare determinati aspetti del delicato settore creditizio. Il principio base di Basilea è che, le banche, nella loro attività di landing, assumono dei rischi (d’insolvenza del debitore) i quali devono essere compensati e supportati da un’apposita “riserva” detta Patrimonio di Vigilanza. Al fine di determinare la corretta entità del Patrimonio di Vigilanza, il nuovo accordo di “Basilea 2” prevede che i rischi (di mercato, operativi e di controparte) vengano quantificati. Quindi, ad esempio, una banca con impieghi rischiosi sarà tenuta a detenere un’alta quantità di Patrimonio di Vigilanza. E’ nella quantificazione del rischio che risulta pertanto centrale il ruolo delle metodologie di rating. Vengono introdotte due metodologie alternative attraverso le quali le banche possono ottenere tale quantificazione: la metodologia “Standard” e quella “Internal Rated Based”(Irb). Nella metodologia “Standard”, le banche sfruttano il rating attribuito dalle agenzie di rating a soggetti economici che si rivolgono alla banca per un affidamento. Nel caso Irb, invece, è la banca stessa ad attribuire un rating ai propri debitori tramite un proprio sistema interno. In entrambe le metodologie, ad ogni classe di rating, corrisponde un “peso” nella ponderazione del rischio e quindi nella determinazione del capitale di vigilanza. Siccome nel nostro paese si rileva una scarsa diffusione del rating esterno, è molto probabile che le banche si orienteranno verso un sistema Irb. Anche se l’entrata in vigore di “Basilea 2” è prevista solo per il 2006, già ora le banche si stanno muovendo al fine di ideare, implementare e verificare un sistema di internal rating. Il mio lavoro di tesi è rivolto, in tale contesto di cambiamento, allo studio e allo sviluppo delle metodologie di internal rating che stanno per caratterizzare il mercato creditizio. Pur incentrando la discussione sulle aziende di credito al fine di comprenderne l’attività di concessione fidi, scopo più ampio sarà quello di capire come un’azienda in cerca di affidamento bancario, possa mostrarsi una controparte affidabile.

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5 Il termine “rating” deriva dall’inglese “to rate” che significa: giudicare, valutare. Questa attività nacque negli USA dove in principio erano valutati soprattutto commercial paper e titoli di stato. Standard & Poor’s, una delle più famose agenzie internazionali di rating cominciò la sua attività nel lontano 1860 quando il fondatore, Hanry V. Poor, propose agli investitori statunitensi un’analisi di affidabilità e qualità del credito di progetti relativi alla costruzione di canali e ferrovie. Nel 1920 nacque Moody’s Investor Service che cominciò a valutare i titoli del governo federale. Sia Moody’s sia Standard & Poor’s rivolsero inizialmente la propria attività al mercato statunitense ma ormai da diverso tempo sono presenti in modo capillare sui principali mercati internazionali. Il termine rating è oggi utilizzato con accezioni differenti, ed è perciò necessario un chiarimento al fine di individuare un “concetto di rating” da utilizzare nel presente lavoro. Nel contesto americano si tende a mettere in evidenza nel “concetto di Rating” un giudizio di tipo qualitativo in cui è fondamentale il giudizio dell’analista che non sia basato solo sull’elaborazione di dati. In tal senso “Ratings are applied to those types of loans for which underwriting requires large elements of subjective analysis” secondo Treacy e Carey. E’ importante definire subito la differenza tra rating e scoring, termini che spesso sono erroneamente usati come sinonimi. Gli scoring indicano in modo

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio Di Giacomo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Seconda Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale
  Relatore: Mario Mustilli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 250

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Parole chiave

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cirio
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moody's
parmalat
rating
rischio
scandali finanziari
scoring
standard & poor's

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