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Di questo ingrassa il porco santo Antonio

Questo lavoro si è prefisso, infatti, di analizzare il termine “porco” nel presente nell’ultima Cantica con tutte le sue rilevanze. Lo scopo non è solo quello di ipotizzare una possibile motivazione psicologica di Dante nell’utilizzo di quel termine poco adatto al luogo, ma è quello di chiarire le motivazioni stilistiche, tecniche e lessicali. Si sono comparate, quindi, situazioni in cui sono già stati utilizzati termini “bassi” e “materiali”, in cui compaiono le invettive e in cui personaggi considerevoli disquisiscono con veemenza su argomenti di importante levatura morale. Con queste comparazioni si è cercato di comprendere quel “porco” come il prodotto di un insieme di fattori che non possono essere analizzati singolarmente, ma nel loro insieme. Solamente osservando tutta la Commedia nella sua totalità si può percepire quanto, con quel “porco”, Dante abbia voluto trasmettere.

Nel primo capitolo di questo studio si affrontano le tematiche riguardanti lo stile e la lingua dantesca nella Commedia. Per chiarezza ed efficacia lo si è diviso in tre sezioni ben distinte: una riguardante gli aspetti teologici, la seconda l’innovazione tecnica e stilistica della terza Cantica e l’ultima prende in considerazione a analizza vari esempi di stile.

Col secondo capitolo, si entra nel merito del lavoro prestabilito. Dopo una sommaria ricapitolazione del canto e delle tematiche ad esso connesse, si sono analizzati i versi chiave. Gli studi e i saggi di critici danteschi non sono riportati cronologicamente ma per tematiche, in questo studio, prestabilite.
Partendo da una contestualizzazione, necessaria per aver un corretto inquadramento sullo studio che si effettuerà in seguito, si giunge ad analizzare tutto ciò che ruota intorno alla “stonatura” dei versi 124-126. Le esegesi letterarie, condotte da critici di rilievo come Ferrari e Mellone, sono state raggruppate per affinità di indagine. Pietrobono, Bufano, Marietti, per citarne alcuni, hanno considerato in quei versi la stonatura stilistica, retorica e di tono, evidenziandone le origini e le sfumature. Per questo sono raggruppati nella tipologia della critica “critica dell’inopportuno”, definita più avanti in questo lavoro. Altri invece, come Mineo, Bertoni, hanno stigmatizzato, più che la forma, il contenuto. Ne hanno criticato la passionalità, la comicità con tutte le implicazioni emotive. Questi ultimi sono raggruppati nella “critica emotiva” che ha focalizzato l’attenzione sulle atmosfere, i comportamenti, i luoghi, i personaggi e i toni piuttosto che sulla struttura, le parole e la composizione.

Nel terzo capitolo, ci si discosta dalle esegesi letterarie e si entra nel merito dei versi intesi, non in senso letterale ma inseriti in una veduta più ampia. Si è cercato infatti di fare chiarezza su due questioni principali: la stonatura del personaggio di Beatrice che esterna parole “basse” e “crude” e la possibile motivazione di tale stonatura linguistica nel Paradiso.
Sugli stili utilizzati da Dante nelle tre cantiche la critica si è già espressa lungamente ed anche nel presente lavoro, nel I capitolo, è stata affrontata. Per non ripetersi e quindi smarrirsi nelle migliaia di figure retoriche, nel quarto capitolo vengono rappresentati solo alcuni dei notevoli esempi di similitudini e metafore dell’Inferno e del Paradiso, per dare ancora una visione del plurilinguismo dantesco e ancora descrizioni. La decisione di trattare esclusivamente di figure di animali non è stata dettata solo dalla volontà di rimanere nel tema del “porco” ma anche dall’intenzione di evidenziare come e quanto spesso Dante faccia riferimento al mondo animale per stigmatizzare comportamenti e personaggi.

Affianco a questi esempi di poesia si è ritenuto essenziale trattare delle invettive. I versi presi in considerazione in questo lavoro sono infatti versi dell’invettiva di Beatrice. Chiarendo che queste invettive sono una componente numerosa della Commedia, rispetto ad esempio ad altre opere del poeta che quasi ne sono prive, si è voluto evidenziare il contesto nel quale si espone Beatrice, allontanando ancora di più la fallace ipotesi che quel termine “basso” sia stato un “errore di distrazione” del sommo poeta. Le invettive sono state elencate e si è voluto caratterizzarle denotando uno stile proprio. La scelta di trattare solo della prima e della terza cantica è dovuta alla volontà di meglio rappresentare le differenze stilistiche.

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INTRODUZIONE Leggendo il canto ventinovesimo del Paradiso un lettore attento non può non percepire la stonatura stilistica dei versi 124-126. Proprio da quella lettura è cominciato il lavoro di ricerca. Quali sono state le motivazioni di quella stonatura, perché appare così evidente, se è stata fatta casualmente, sono solo alcune delle domande che stimolato lo studio di quei versi. Questo lavoro si è prefisso, infatti, di analizzare il termine “porco” nel presente nell’ultima Cantica con tutte le sue rilevanze. Lo scopo non è solo quello di ipotizzare una possibile motivazione psicologica di Dante nell’utilizzo di quel termine poco adatto al luogo, ma è quello di chiarire le motivazioni stilistiche, tecniche e lessicali. Si sono comparate, quindi, situazioni in cui sono già stati utilizzati termini “bassi” e “materiali”, in cui compaiono le invettive e in cui personaggi considerevoli disquisiscono con veemenza su argomenti di importante levatura morale. Con queste comparazioni si è cercato di comprendere quel “porco” come il prodotto di un insieme di fattori che non possono essere analizzati singolarmente, ma nel loro insieme. Solamente osservando tutta la Commedia nella sua totalità si può percepire quanto, con quel “porco”, Dante abbia voluto trasmettere. Nel primo capitolo di questo studio si affrontano le tematiche riguardanti lo stile e la lingua dantesca nella Commedia. Per chiarezza ed efficacia lo si è diviso in tre sezioni ben distinte: una riguardante gli aspetti teologici, la seconda l’innovazione tecnica e stilistica della terza Cantica e l’ultima prende in considerazione a analizza vari esempi di stile. Tale suddivisione si è resa necessaria in quanto il fare di tutte le sfaccettature stilistiche un unico calderone sembrava assopire il merito di tutti quei critici che hanno donato molto delle loro analisi ad individuare un senso più profondo alle parole e alle semplici costruzioni. Si sono presi in considerazione alcuni autori piuttosto che altri, alcuni argomenti invece di altri, lo si è fatto per coerenza argomentativa più che per pigrizia intellettuale, cercando, in questo mare magnum che è la critica dantesca, di non perdere la focalizzazione della meta prefissa da questo lavoro. All’interno di questo capitolo, si è cercato di dare un quadro generale di come la poesia dantesca, soprattutto nell’ultima Cantica, sia pervasa da un sentimento teologico e di come lo stile adoperato sia paragonabile al più alto esempio di arte. «Qualsiasi forma di attività dell’uomo in

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