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Prove di mediazione

Come è cambiata l'idea di comunicazione di prossimità, di radio locale in Italia, negli ultimi venti anni?
Quali sono le origini e le peculiarità della radiofonia locale?
Questa tesi offre un quadro del panorama radiofonico locale in Italia, in particolare puntando lo sguardo sui fenomeni di nascita e sviluppo di catene di radio locali a vocazione comunitaria ed informativa.
La domanda a cui si vuole rispondere può sembrare utopica, ma in realtà sembra essere divenuta sempre più forte: come e in che modi viene concessa la partecipazione del cittadino nei media locali? Come si posizionano i media locali nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni?
Nel panorama attuale italiano il fenomeno delle radio comunitarie sembra tristemente scomparire, sotto la pressione delle sempre più stringenti leggi dell'economia di mercato, miranti al profito economico.
In realtà basterebbe sostituire all'aggettivo economico, quello di "culturale", in modo tale da invertire una routine produttiva dell'informazione e dei programmi centrata sulla "disperata ricerca dell'audience".
Eppure in Europa le radio locali pubbliche e comunitarie appartenenti a soggetti diversi come, ad esempio, le associazioni di cittadini sono una realtà ben radicata da molti anni, che permette la socalizzazione di una cultura partecipativa e democratica a partire dall'ambito locale.
L'auspicio di questo lavoro è quello di fornire un piccolo, ma significativo contributo allo sviluppo di una logica alternativa al modello di radiofonia commerciale ormai globalizzato e, sotto molti aspetti, omogeneizzato.

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Introduzione […]Se gli uomini trasformano il mondo dandogli un nome, attraverso la parola, il dialogo si impone come cammino per cui gli uomini acquistano significato in quanto uomini”. Paulo Freire La nascita della radiofonia, durante degli anni Trenta del secolo appena trascorso, celebrò per la prima volta nella storia dei paesi sviluppati una sostanziale unificazione di tutti i settori della società in un’unica collettività di ascolto su scala nazionale. Sia nei paesi a regime democratico che nei totalitarismi, l’elaborazione di prodotti culturali radiofonici su larga scala assunse i connotati di una produzione di massa, omogeneizzata e centralizzata e, tendenzialmente, comprensibile da tutti. Il dibattito intellettuale sui mezzi di comunicazione di massa appena nati si venne sin da subito animando in senso differente: artisti ed intellettuali come Rudolf Arnheim, negli anni Trenta, si immaginarono che un mezzo come la radio potesse avere, sfruttando le qualità tecniche di trasmissione e ricezione insite nel mezzo, potenzialità sociali immense, capaci di far parlare il leader politico, così come il contadino; altri, come Bertolt Brecht, tennero un atteggiamento di sostanziale (e politico) scetticismo nei confronti del mezzo radiofonico. Eppure, come è stato dimostrato più volte nel corso della storia, sono le persone che decidono gli usi che si possono fare di una tecnologia e non viceversa: l’accesso al medium radio da parte dei cittadini era ancora di là da venire. Dovettero passare trent’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, prima che si potessero riconsiderare i mezzi di comunicazione di massa in maniera più democratica. Dalla fine degli anni Trenta fino alla metà degli anni Sessanta, le forze politiche ed economiche dominanti richiesero che l’interesse degli studiosi si spostasse sui mezzi di comunicazione di massa in quanto apparati produttivi e di persuasione, utilizzati per formare un’opinione nel pubblico che, proprio in quegli anni, cominciava ad essere misurato e 4

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