La democrazia partecipativa come democrazia possibile. Aspetti teorico normativi e l'esperienza del bilancio di Porto Alegre
La democrazia partecipativa è un modello che è stato per troppo tempo dimenticato sia dai politici di professione sia dalla più parte degli scienziati sociali. I motivi di questa disattenzione attorno al tema in oggetto possono essere diversi ma forse quello più evidente è dovuto ad una sorta di pregiudizio endemico diffuso nel mondo intellettuale che induce a credere alla impossibilità di funzionamento concreto di modelli che divergono rispetto a quello della democrazia liberale e rappresentativa. L’intento primario che vorrei raggiungere con questa tesi quindi è quello di contribuire a riaprire il dibattito attorno alla democrazia partecipativa al fine di dimostrare che essa è possibile. Intento facilitato, forse, dal fatto che essa non viene qui vista come una alternativa alla democrazia liberale ma semmai come un suo sviluppo o, se si vuole, una sua correzione. La democrazia partecipativa poggia sui solidi pilastri della democrazia liberale costruiti da Locke, Montesquieu, Mill e altri illustri teorici che operarono qualche secolo fa. Nel corso dell’opera specificherò più volte questo aspetto in quanto coloro che hanno teorizzato modelli democratici partecipativi (fin dagli anni sessanta) non lo hanno sempre fatto in modo chiaro e da qui sono nati equivoci che hanno portato non pochi a credere che si trattasse di una versione riveduta e più soft di democrazia diretta o addirittura di società comunista. Nulla di tutto questo. Essa si colloca entro lo schema liberale e rappresentativo.
Proporre la democrazia partecipativa vuol dire dunque da un lato ammettere la democrazia rappresentativa liberale come unica realmente possibile ma dall’altro sottoporla anche ad una seria critica. Soprattutto dopo il crollo del muro di Berlino le democrazie liberali sono state oggetto di celebrazioni,sono state esaltate e mitizzate. E mitizzare è sempre sbagliato in quanto impedisce di scorgere gli eventuali difetti,le eventuali mancanze di un modello. La democrazia rappresentativa liberale ha dei difetti, in diversi punti deve essere corretta. La democrazia partecipativa viene vista in questa tesi come modello in grado di limitare questi difetti, di correggere i diversi punti deboli dei nostri sistemi democratici.
Ho deciso di approfondire lo studio circa la democrazia partecipativa quando, qualche anno fa, lessi le seguenti parole di J.S. Mill, nel suo saggio “Considerazioni sul governo rappresentativo”: “Ancora più salutare è il vantaggio acquisito con la partecipazione, sia pur rara, del cittadino privato alle questioni pubbliche. Egli è ivi chiamato a preoccuparsi di interessi che non sono i suoi; ad essere guidato, in caso di pretese in conflitto, da una norma diversa da quella suggerita dalla sua mentalità individualistica; a mettere incessantemente in pratica dei principi e delle massime la cui ragion d’essere è il bene pubblico. Ed egli trova in genere al suo fianco, in tale attività, persone più adusate a queste idee e a questo genere di attività; vicinanza che gioverà a fagli maggiormente comprendere gli interessi della collettività e a stimolarne il sentimento. Egli impara a sentire che fa parte di una collettività e che l’interesse pubblico è anche il suo”.
Si coglie in queste righe del pensatore inglese l’importanza della partecipazione del popolo alle questioni pubbliche. Credo che la partecipazione debba essere considerata come un elemento irrinunciabile in qualsivoglia regime che pretenda definirsi democratico, al pari di altri valori universalmente riconosciuti quali l’eguaglianza e la libertà. Ed è questo quel che nelle odierne democrazie non avviene.
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Informazioni tesi
Autore: | Giancarlo Castiglioni |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2001-02 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Politiche |
Relatore: | Alberto Martinelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 269 |
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FAQ
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