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Accattone di Pasolini tra letteratura, poesia, realtà e mito

Nel primo paragrafo del capitolo n.1 non faccio altro che tentare di spalancare la parte storico-letteraria in quella di Pasolini e la sua opera. I riferimenti ad autori del neorealismo servono da ossatura a quello che poi il nostro caro poeta diceva, in pratica tutta i suoi intenti provocatori erano intrisi di passione che lo facevano produrre quella febbrile co(no)scienza del reale. L'approccio fisico riconduceva e assorbiva tutta la realtà. Da Verga a Pavese, poi i De Sica, Rossellini fino a Cascola che con la Ragazza di Bube fa scrivere a Pasolini un brano poetico in forma critica su La religione del mio tempo. In morte del neorealismo, dove seppellisce il movimento di Fenoglio e Rosselini e auspica un ritorno alle forme dialettali ossa della comunicazione popolare.
I suoi romanzi prima, il cinema poi per rubare alla parola poetica il suono e l'immagine poetica.
Il secondo paragrafo inizia dalle nebbie friulane e continua nella lucida e vistosa raccolta di poesie in lingua, fino al romanzo, pubblicato in seguito, Amado mio e Il sogno di una cosa. L'amore nella madre, la lingua della madre la seconda guerra mondiale, la morte del fratello partigiano. La scrittura che aderisce alla realtà come una primitiva macchina da presa.
Nel terzo paragrafo questa lingua, il dialetto nelle mani di Pasolini prende altra forma. L'amore per il Tagliamento cambia domicilio entrando nelle viscere melmose del Tevere: espressione della lingua di un popolo che fa vibrare la creatività di Pasolini in modo incontrollabile. La periferia, cinta che stringe Roma e dilata la campagna circostante, lo rende libero dalla clausura friulana. Scrive romanzi, racconti, poesie e le prime sceneggiature tenendo sempre Roma in mezzo alle parole, giocando con la realtà e con il proprio corpo.
I suoi romanzi nascono dalle costole di questa desolata e intensa periferia romana. La lingua, la consulenza linguistica di Sergio Citti, i personaggi, un mucchio di popolo pieno di umana crudeltà.
Le poesie che fanno il conto con la storia e gli avvenimenti che l'hanno creata, in questa storia (strana), Pasolini fa entrare in modo necessario, il proletariato. La stessa cosa che fece Cristo quando diede nome e voce ai suoi dieci discepoli. Ecco Accattone che si fa vivo in mezzo ai Riccetti, Tommasino ecc., e con loro vive la condanna a quella vita di borgata.
Il primo paragrafo del secondo capitolo delinea il lavoro di collaboratore di Pasolini con altri registi. Entra a far parte del mondo del cinema in punta di piede lasciando orme capaci di trattenere spunti che lo contraddistinguono.
Il paragrafo che segue, entra nel vivo del lavoro, i romanzi, le poesie, la folla di personaggi che li popolano sono l'essenziale riassunto nella figura di Accattone.
La difficile realizzazione della pellicola, la realizzazione effettiva della sceneggiatura tratta da un racconto poi in seguito pubblicato in Alì dagli occhi azzurri. Tutti i personaggi ri-presi dal vero, la lingua, il corpo, la realtà della Roma quotidiana fuori da quell'estranea lontana, civile. L'attrito fra queste due rome farà conoscere la vita e la morte in modo estremo, santo.
Mentre il terzo paragrafo sceglie alcuni temi direttamente dal film e tenta di dare una spiegazione critica e appassionata.
Il capitolo numero tre si occupa in modo scientifico e critico allo stesso tempo del suo testo empirico sul cinema, la sua visione analitica di tutte, o quasi, le opinioni che al suo tempo condannavano e santificavano una o l'altra cosa.
La sceneggiatura come struttura concreta che lega la letteratura e il cinema, poi la lingua del cinema scritta nella lingua realtà, infine un piccolo discorso su quello che Pasolini chiamava cinema di poesia.

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I.1 IL NEOREALISMO LETTERARIO NEOREALISMO CINEMATOGRAFICO. LA "MORTE" DEL NEORALISMO. LA SITUAZIONE LETTERARIA AI TEMPI DI ACCATTONE . "Via, via, via disse l'uccello: il genere umano non può sopportare troppa realtà." Quattro quartetti I T. S. Eliot Fin dagli anni trenta, il neorealismo letterario cammina e si evolve in sintonia con quello cinematografico. Con la pubblicazione de Gli indifferenti, nel '29, e di Gente in Aspromonte , nel '30, Moravia e Corrado Alvaro si staccano in modo netto dalla letteratura di Pirandello e D'annunzio. In seguito un sottile filo sotterraneo legherà questi autori, in pieno dopoguerra, a quella letteratura che tratterà i temi, anche visuali, della lotta partigiana, della disoccupazione, del vero, con un "linguaggio che vuole avvicinarsi il più possibile alla realtà" 1 . Le forme diaristiche si succedono in forma di romanzo. Con Svevo Pirandello e Tozzi si era avuta la consapevolezza del disfacimento di quella borghesia che era stata, anche con l'aiuto del fascismo, portatrice di valori. Questo vitalismo populistico, nel secondo dopoguerra, influenzò quasi tutti, anche quelli che in un primo periodo, negli anni '30, quindi in pieno fascismo, avevano aderito alla concezione nazionalistica di letteratura. Il caso che voglio prendere per esempio e quello di Vittorini, che nel suo periodo fiorentino proponeva, assieme a Pratolini e a Bilenchi, una letteratura in nome della cultura e non in nome del popolo 2 . Ma negli anni '30 ci fu una svolta da parte di alcuni di questi autori: con il realismo magico e crudo dell'antifascista Alvaro e le analitiche demolizioni antiborghesi di Moravia si crea una nuova coscienza avversa al regime 1 G. Ferroni, Storia della letteratura italiana, Il Novecento, IV voll., Einaudi scuola, Milano, 1991, p. 385. 2 R. Luperini, E. Melfi, Neorealismi, neodecadentismo e avanguardie, Laterza, Bari, 1981, p. 5.

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