culturale ( le avventure coloniali, l'appoggio alla guerra di Spagna e
infine il completo disfacimento del regime con la Seconda guerra
mondiale accompagnano questa metamorfosi).
Questa capitolazione, quasi un ponte tra il provincialismo neoverista
del Verga e il nascente neorealismo, crea delle situazioni di non poca
importanza; durante la guerra la cultura nazionale trova interesse in
quella popolare, che diventa protagonista della resistenza; inoltre i
moduli di racconto diventano sperimentali con i temi che esprimono la
crisi del tempo. La coscienza di classe è in crisi. Autori diversissimi,
di varie estrazioni culturali, si susseguono in questo periodo storico,
come Fenoglio, Pavese, Gadda.
Moravia, attraverso i primi romanzi (cercherà in futuro di creare
opere che toccano tutti gli ambiti sociali), con freddezza maniacale fa
vivere ai personaggi una sorprendente perdita ideologica. Negli
scrittori di questo periodo il carattere e il modo di presentarsi sono
contraddittori e spesso usano la bandiera dell'engagement e, in ogni
evento, essi giudicano gli eventi. Al disfacimento della borghesia è
complementare ed opposta la perdita della forza ideologica del popolo
che, ignorante, è ancora manovrato da forze "nuove" e democratiche,
che alla disillusione post-bellica rispondono con la rivoluzione. Nella
letteratura neorealista impregnata di questo "fatto ideologico"
3
, sarà
presente la descrizione in forma di indagine di queste povertà nuove
sotto il vecchio cielo culturale.
Alcune delle opere nate in questo clima saranno figlie dirette del
fascismo. Ad esempio, Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini,
dove il ritorno alla criptica terra natia è quasi preparazione
organizzata del passato e raccordo fra l'infinito senso di tragedia e la
perdita di ogni speranza.
Certe opere sono pure e nitide fotografie che visualizzano delle
corrispondenze realistiche immutabili. L'ideologia e la storia fermi in
una contrapposizione vigile e tragica. Pavese, autore di questi scatti
fotografici, che vivono la loro inquadratura nel tempo, dalla infanzia
mitica e irrazionale della campagna Canavese a quel borgo realistico
di Torino, zeppo di operai e di coscienze politiche. L'uomo e
l'intellettuale, tuttavia, sono destinati entrambi, per una marcata ed
irraggiungibile unità, ad essere soli. La letteratura americana per
3
P.P.P., Le belle bandiere, Editori Riuniti, Roma, 1996. Risposta alla lettera di Andrea Resta di
Napoli, 23/7/60, p. 60.
Vittorini e quella inglese moderna per Fenoglio, che usa nel suo slang
letterario l'inglese delle sue traduzioni nelle sue storie di partigiani,
sono le uniche fonti di novità. E poi ci sono autori che tornano al
dialetto: Rea, D'Arrigo e infine Pasolini e, insieme a lui, Gadda, e
prima di loro il Calvino dei Sentieri dei nidi di ragno, in cui però il
realismo assume toni fiabeschi, un'anticipazione di quello che
diventerà la sua scrittura. Da qui in poi Calvino diventerà l'unico
portavoce della letteratura scientifica in Italia. Vi sono poi autori
isolati, dai quali la realtà viene vista come un sogno, ad esempio,
Landolfi, e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che ripercorre la disfatta
dell'aristocrazia siciliana dopo l'unità italiana con Il Gattopardo.
Ora questa mia carrellata letteraria è stata molto veloce e quindi
superficiale, e non poteva essere altrimenti. Volevo solo delineare
brevemente il sostrato alle fondamenta dell'opera prima di Pasolini,
uscita nel '61. .Lo stesso anno in Passione e Ideologia Pasolini,
riguardo al neorealismo scrive: "Dietro il Neorealismo, ad esempio, si
guardi come non ci sia una forma di conoscenza se non praticistica,
immediata ad un filo sociale e documentario: non c'é un'idea della
realtà, ma semplicemente un gusto. Ecco perché riallacciare il
neorealismo a Verga sarebbe errato, quando Verga è vissuto in un
mondo conoscere il quale era pienamente risolto da una filosofia:
assai più vicino a Verga è semmai Gadda, per via dei suoi brani
lancinanti di 'realtà' immediatissima, e le stupende elucubrazioni del
suo macchinario linguistico: composizione di un verismo più
materialistico (ricerca linguistica "scientifica", ricerca psicologia
"scientifica") e di poeticità la cui violenza espressiva travolge ogni
forma di stabilità conoscitiva"
4
.
L'uso del dialetto viene visto come frammento/fondamento della
realtà e suo unico modo di rappresentazione. Gadda appartiene ad una
generazione letteraria anterione a quella del neorealismo e
nell'apparente caos della sua produzione letteraria si nota un
profondo rispetto per la lingua, espressione maggiore di ogni possibile
rappresentazione realistica. Pasolini con la sua esperienza di scrittore-
sceneggiatore, per me, diventa collante fra questa letteratura e cinema.
Egli usa il cinema come strumento per avvicinarsi ancora di più alla
realtà. I romanzi neorealisti sono scritti su e per il popolo.
4
P.P.P., Passione e Ideologia, Garzanti, Milano, 1960. Osservazioni sull'evoluzione del
Novecento. pp. 357-358.
Il cinema di Pasolini è il mezzo più diretto per esprimere queste
situazioni quotidiane. Non bisogna dimenticare che nella letteratura,
ad esempio, Moravia che è il primo-realista, il sostrato ideologico è
di un pessimismo disperato: la condizione della vita vi è vista in una
decadenza irrimediabile .I neorealisti del dopoguerra sono invece
fervidi di speranze e il passato diventa unica realtà dalla quale
evadere. Se il verismo verghiano aveva un sapore francese, quello
neorealista ha come nuovo modello di ispirazione la nascente (in
quegl'anni veniva tradotta) letteratura americana e,
contemporaneamente, la nostra tradizione, che dava alla scrittura dei
nostri scrittori un forte senso di soggettività: "il Futurismo, il realismo
magico di Bontempelli, la prosa d'arte di Cecchi, tutto questo non
poteva non costituire una specie di attrezzatura da cui il neorealismo
letterario non avrebbe potuto sganciarsi completamente"
5
Così l'esperienza cinematografica non si può dire sia nata dal nulla e
nemmeno che sia stato un qualcosa di italiano solamente: in una sua
famosa affermazione, all'epoca di Roma città aperta, Rossellini disse
: "Bisogna essere ciechi, oggi, per non avvertire che la realtà ha
lievitato, è salita oltre i confini abituali della stessa fantasia"
6
.
Da qui in poi letteratura e cinema vivranno intrecciando i propri
ordini teorici. Anche il problema della lingua parlata nel cinema, sia
lingua che dialetto, diventa oggetto di teorizzazione da parte degli
stessi romanzieri, che si limitano ad usare il vernacolo solo in casi
isolati. Per cinema popolare Calvino intendeva le storie di avventura,
secondo lui più vicine alla lingua del popolo.
7
Zavattini fu il teorico del neorealismo, fu soggettista e anche
collaboratore a sceneggiature famose: Ladri di biciclette di Vittorio
de Sica ne è un esempio. Ecco una sua affermazione: 'bisogna
scendere nelle strade, nelle caserme, nelle stazioni: solo così potrà
nascere il cinema italiano'. Il cinema, data la sua base fotografica, non
può non essere anche questa identificazione doppia con la realtà. Per
Zavattini questa identificazione deve essere di più di una storia
raccontabile: bisogna raccontare la realtà come se fosse una storia e
5
Carlo Lizzani , Eravamo eclettici, in Cinema e Letteratura nel neo realismo, a cura di Giorgio
Tinazzi e Marina Zancan, Marsilio, Venezia, p. 194.
6
Walter Mauro, Linguaggio filmico e linguaggio letterario nel noerealismo, in Il neorealismo
nella letteratura e nel cinema italiano, Biblioteca ProCivitate Christiana, Assisi, 1987, p. 40.
7
Marina Zancan, Tra vero e bello, documento e arte, in Cinema e letteratura nel neo realismo, a
cura di Giorgio Tinazzi, Marina Zancan, op. cit., p. 82.
non una storia che alla fine descrive una realtà. Fra le sue molteplici
affermazioni da teorico c'é anche quella che diventò per lui termine
chiave: il pedinamento: l'uomo sconosciuto e pedinato diventa unico
interprete di se stesso. L'essere nella realtà (ri)-visto dal personaggio
che la vive. La coralità di queste immagini di realtà ha dentro, e tende
verso una intenzionata volontà di agire nella sottorealtà. Cerca di
acquisire il più possibile una misura antropologica visuale di ogni
evento. L'osservare e il descrivere di Zavattini (estetica del
pedinamento) si affianca alla scelta di narrare e partecipare che
Aristarco
8
negli stessi anni andava teorizzando. Un cinema critico
della realtà. Molteplici furono le posizioni che orbitavano attorno a
queste due; a mio parere, la più interessante è quella di A. Bazin,
9
un
critico francese che parte dalla fotografia che per lui è la massima
oggettivazione della realtà e quindi di ogni credibilità. L'evidenza
della fotografia è priva della soggettività dell'opera pittorica o
letteraria. Il cinema aderisce al reale e partecipa alla sua esistenza.
Una ri-creazione
10
dove è assente ogni possibilità di manipolazione e,
allo stesso tempo, questo atto di ri-presa del reale diventa la
mummificazione del tempo.
11
L'epicentro del cinema neorealista è La terra trema di Luchino
Visconti, tratto dai Malavoglia di Verga. Tutta l'opera è girata in
esterni in Sicilia, interamente in dialetto agrigentino, per poter dare
alla rappresentazione il massimo della verosimiglianza. Assenti i
sottotitoli, si può solo capire il gesto e l'espressione, due aspetti che
sono l'apice della cruda realizzazione della storia.
In un interessante intervento sul neorealismo il siciliano Vittorini
sostiene : "Via via che dici la parola tu devi riempire di significato
speciale. In sostanza, tu hai tanti neorealismi quanti sono i principali
narratori."
12
.
Oltre la bruciante necessita di recuperare con immagini i casi sociali,
in autori come Visconti, Rossellini e De Sica, per citare i più grandi,
8
Cfr. F. Casetti, Teorie del cinema, Bompiani, Milano, 1993, pp. 28-31.
9
A. Bazin, autore di Che cos'é il cinema opera capitale per la critica cinematografica. Fondatore
dei "cahiér du cinéma," rivista di critica che ha fatto nascere la nouvelle vague.
10
Cfr. F. Casetti, Teorie del cinema, op. cit. , p. 33.
11
Per altre informazioni a riguardo : A. Bazin , Che cos'è il cinema, Garzanti, Milano, 1973.
12
Elio Vittorini, in C. Bo , Inchiesta sul Neorealismo, RAI, Torino, 1951, ora in Ines
Scaramucci La narrativa del neo realismo italiano, da Il neorealismo nella letteratura e nel
cinema italiano, op. cit., p. 71.
c'è anche la stilizzazione del movimento: dalla letteratura verranno
ripresi i soggetti, ma il testo sceneggiato sarà sempre un semplice
punto di riferimento, un angolo di inquadratura. La letteratura ha
come piccolo pegno il suo insindacabile carattere soggettivo e quindi
crea le sue vicende fra le elaborazioni personali dell'oggettività
dell'autore. Il cinema vede e nel suo sguardo possono entrare anche
immagini realistiche al di fuori delle intenzioni del regista.
Da questo excursus possiamo notare con Calvino che :"Il
neorealismo non fu una scuola [...] Fu un insieme di voci, in gran
parte periferiche, una molteplice scoperta di diverse Italie, anche - o
specialmente - delle Italie fino ad allora più inedite per la
letteratura."
13
In ogni caso qualsiasi opera di questo periodo non pone
problemi e non si pone problemi, vuole soltanto far ragionare: con la
semplicità con cui si presenta interpreta la vita degli uomini così come
sono: il linguaggio comprende l'elemento documentario e quello
reale; le città devastate dalle guerre sono i teatri di posa, le
scenografie. Per questo le riprese avevano anche l'onere di essere
testimonianza storica della realtà del dopoguerra. Come disse
Rossellini : "Oggetto del film neorealistico è il Mondo".
La scoperta del tragico nel quotidiano e il suo tentativo di
testimonianza accecano di verità lo spettatore, appunto perché la
realtà è luogo dell'istintivo e non del razionale, e il cinema, suo
duplicato, ne è la raffigurazione. C'è il rifiuto a priori dell'uso di
attori professionisti, che non avrebbero potuto mai decifrare il corpo
di quello che già è in sé . L'intuizione Deleuziana della BAL(L)ADE
14
è
un'altra delle possibili interpretazioni del neorealismo. La scusa di un
piccolo gesto può, secondo Zavattini, creare un soggetto e dare a un
film la sua massima espressione (ad esempio Ladri di biciclette ): una
cineattualità intrisa di sconfitte, ma piena di riscatti e speranze in ogni
personaggio o storia.
I prodromi del neorealismo (la prima opera ufficiale del neorealismo
fu Ossessione di Visconti, del '43), ma, a ben vedere, ne abbiamo i
segnali già negli anni '30, con alcune opere che hanno sapore
documentaristico, infatti i primi preannunci cinematografici si hanno
nel periodo fascista con A. Blasetti e altri che riprendono le vicende
13
I. Calvino, prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno, Einaudi, Torino, 1964, p. 9.
14
BALADE (andare a zonzo) e BALLADE (Ballata), in G. Deleuze ,L'immagine e Tempo,
Cinema 2, UBULIBRI, Milano, 1989, p.13.
del periodo pre-fascista, le opere del Verga , di Pirandello ecc. . La
stessa cosa succede, come già notato, nella letteratura: è il caso di
Alvaro e, un po' più moderno, anche quello di Tozzi, in cui il
disfacimento della dignità umana si frantuma, lasciando semi per un
nuovo ordine psicologico ancora vergine d'indagine. Ma nessuno di
questi autori si può chiamare neorealista in senso stretto, così come
non si può dire tale Blasetti. Forse è per questo che la coscienza
neorealista appariva dalla polvere della dissoluzione prima borghese e
poi bellica. Il cinema neorealista ripercorre questo sentiero seguendo
le direttive della realtà che, secondo Pasolini,: "non fa altro che
parlare con se stessa usando come veicolo l'esperienza umana."
15
Questo movimento letterario-cinematografico emerse come cultura
della oggettività che si oppone al parlare di uomini grandi, dittatori,
eroi, generali, storia di grandi eventi; il neorealismo evoca l'esistenza
della sottostoria, un sottobosco di gente qualunque vittime di tutte le
dittature, il popolo
16
, così veniva chiamato, ancora attaccato alla terra,
che aspettava una riforma agraria, che doveva ancora vedere rendere
giustizia al loro lavoro di sfruttati. L'ideologia marxista era il referente
politico per i lavoratori, per queste rivendicazioni a distanza di un
secolo dall'unità d'Italia. Gli anni che seguirono infatti furono quelli
che portarono l'Italia ad una politica di restaurazione e di forte
accumulo di ricchezze, sino agli anni '60, quando le sacche di povertà
non erano più al centro della città, ma in quella periferia che pesava
socialmente quanto un altro dopoguerra. E' proprio nel 1960, anno di
margine e di potenza, che si hanno le prime avvisaglie di un potere
forte e poco democratico. Questo momento storico così importante
sarà indagato da Pasolini in modo magistrale, quando, oltre al suo
lavoro artistico, inizia a collaborare a "Vie nuove"
17
rispondendo alle
lettere dei lettori. "Vie nuove" è una rivista in cui hanno luogo le
15
P.P.P., Empirismo eretico, op. cit., p. 250.
16
A proposito della distinzione fra popolo e proletariato c'é un intervento di F. Fortini raccolto ne
L'ospite ingrato, De Donato, Bari, 1966, p. 68, ci dice : "Popolo è una parola ottocentesca, di
tipica risonanza borghese. Di 'popolo' è piena la letteratura dell'800. Il 'popolo' richiama la
'nazione' e si distingue dalla classe. Ebbene la politica delle sinistre in Italia si volle politica del
'popolo' perché politica 'nazionale', politica dei 'larghi strati' della popolazione e delle alleanze più
vaste possibili" Alla luce di questa visione, nella politica della sinistra stessa non c'é stata la
'verità' sul nome stesso e del suo significato rappresentativo.
17
Tutti gli articoli di "Vie Nuove", in forma di dialoghi, sono stati poi raccolti in Le belle
bandiere, Dialoghi 1960-1965, a cura di Gian Carlo Ferretti, Editori Riuniti, Roma, 1977, '96.
prime polemiche su argomenti di carattere sociologico e politico, quali
il costume degli italiani. In questi dialoghi con i lettori vediamo un
Pasolini analitico e agguerrito contro il buon senso. Una delle
polemiche che a noi interessa è quella del 1960 quando lesse a Roma,
il 27 Giugno durante il premio Strega, la sua Epistola in versi In morte
del neorealismo, ora inserito nel volume di versi La religione del mio
tempo
18
. L'epistola riguarda il Cavaliere inesistente di Calvino e
attacca palesemente Cassola, che si presentava con la Ragazza di
Bube.
Sono qui a seppellire il neorealismo italiano
non a farne l'elogio.
19
Dopo quel polemico intervento molti furono i dibattiti che
impegnarono gli intellettuali, compreso Pasolini, per tutta la metà del
decennio successivo. Il suo era un attacco sia politico che culturale a
tutte le forme sclerotiche della critica con la sua stessa elevazione a
istituzione, e anche un elenco di quegli scrittori che, con "conferenze,
inchieste/hanno finito col restaurare la lingua/e ottenere quello che
volevano:/ ridurla al grigiore dello stato."
20
Una lingua restaurata
come il potere, codificata e priva di realtà, come quella del
neorealismo (sia letterario che cinematografico) "sigillato col sangue
dei partigiani"
21
.
La polemica pasoliniana ritorna anche sui 'dialoghi di "Vie Nuove"
22
,
dove, ad una lettera, risponde parafrasando il testo dell'epistola, e
proponendo gli stessi problemi che le poesia ha innescato. Il problema
della lingua ( che sarà al centro del dibattito a cui lo stesso Pasolini
parteciperà fervidamente e che raccoglierà nel volume saggistico
Empirismo Eretico), la crisi del marxismo
23
e l'esistenza di un realismo
critico, secondo la definizione di Lukàcs
24
(si pensi ad Aristarco e al
francese Bazin). Nella parte conclusiva della poesia notiamo come le
18
P.P.P., In morte del neorealismo in La religione del mio tempo da Bestemmia, op. cit., p. 559.
19
Ibidem., queste epistola, in versi, fu pubblicata per la prima volta su "Paese Sera," 29/6/60,
Roma, col titolo diverso: Per la morte del neorealismo orazione alla maniera d'autore.
20
P.P.P., In morte del neorealismo in La religione del mio tempo da Bestemmia, op. cit., p. 561.
21
Ivi, p. 564.
22
Cfr. P.P.P. Le belle bandiere, op. cit., vedi Realismo e neo-purismo, articolo del 23/7/60, p.
23
In un altro dialogo con un lettore Pasolini avvisa che. " La religione del mio tempo esprimeva la
crisi degli anni '60 [...] La sirena neocapitalistica da una parte, la desistenza rivoluzionaria
dall'altra: e il vuoto, il terribile vuoto esistenziale che ne consegue.", Ivi, Risposta e replica a
Salinari , del 16/11/61, p. 164.
24
Ivi, 23/7/60, p. 62.
particolarità realistiche che piacciono a Pasolini sono sempre là dove
"sono infiniti i dialetti, i gerghi,/la pronunce, perché è infinita/la
forma della vita"
25
, che fa scaturire l'animo che rende al personaggio
la sua vita.
Nei versi: "Cassola, lo sapete, è socialista:/ha agito dentro il cuore
dell'idea/realista; e il suo colpo è il più brutale"
26
Pasolini sottolinea
che con la purificazione della lingua nel corpo del socialismo
Cassola ha contribuito alla creazione di una lingua pura. Proprio
riguardo al problema della lingua pura, si è dibattuto molto. Basti dare
un'occhiata a "Nuove questioni linguistiche" del '64. Da quando il
sottoproletariato (popolo) viene descritto da un linguaggio unico è
morto il neorealismo. Nelle borgate i sub-linguaggi sono la distinzione
storico-realistica del linguaggio puro: "Ogni lingua è un insieme di
tante lingue, che hanno in comune delle astrazioni","
27
dice Pasolini
nel '65, quando pensava che ancora esisteva il neorealismo, la cui
forza rimane nelle strutture creatrici e magmatiche che vede in
Gadda, nel suo "realismo mimetico"
28
e negli autori citati nella poesia-
epistola.
A proposito di lingua, un geniale saggio di Gadda ci può illuminare
sul senso del realismo di Pasolini. "E' superstizione romantica [...] il
dover credere che la lingua debba nascere soltanto dal popolo. Nasce
dal popolo come nasce anche dai cavalli, che, col loro verso ci hanno
suggerito il verbo nitrire, e i cani guaiare e uggiolare [...] viene da
una cospirazione di forze, intellettive e spontanee razionali o istintive,
che promanano da tutta l'universa vita della società"
29
.
Queste riflessioni teoriche sulla lingua e sul significato del realismo
porteranno Pasolini al cinema; in seguito cercherà di applicarle alla
teoria della settima arte. Il feticismo della parola e dell'espressione
cinematografica è quello stesso che tenterà di esprimere nelle sue
riflessioni critiche e teoriche. La parola ( o immagine) arcaica viene
fuori dal fondo della lingua o del quartiere. Il compiacimento, tipico
del letterato, quando da una parola può creare la situazione di una
scena linguistica, lo porta al cinema. Si pensi al già ricordato Ladri di
25
P.P.P., La reazione stilistica in La religione del mio tempo da Bestemmia, op. cit., p. 570 .
26
P.P.P., Ivi, In morte del Neorealismo, op. cit., p. 562.
27
P.P.P., Empirismo Eretico, op. cit., Dal laboratorio, p. 60.
28
P.P.P., Le Belle bandiere, op. cit., 23/7/60, p. 62.
29
C.E. Gadda, I viaggi la morte, Garzanti, Milano, 1982 , Lingua e letteratura d'uso, pp. 81-86.
biciclette che parte da un furto per giungere ad una disperazione più
reale. Gli aspetti minori del linguaggio, cioè il dialetto, e i movimenti
del corpo, sono quelli più carichi di dialogicità.
L'industrializzazione porta fatalmente ad un nuovo imborghesimento
del mondo, ma completamente diverso da quello di una volta; questo
è più pericoloso perché livella illusoriamente le differenze di classe.
Nel neorealismo critico pasoliniano notiamo "che la caratteristica
principale- politica del neorealismo, è stata la denuncia, la pura e
semplice denuncia, che in quel momento sembrava denuncia
rivoluzionaria: sembrava, cioè, volta in direzione di una possibile
rivoluzione operaia. Invece adesso ci siamo accorti che la denuncia
fatta dal neorealismo aveva come integrazione figurale nel futuro non
la rivoluzione operaia e classista, ma le riforme del centro-sinistra. -
e così continua a rispondere nell'intervista a Fernando Camon, nel '68
- A cosa è servita in realtà la denuncia neorealista? E' servita in
conclusione ad arrivare al centro-sinistra. Questo risulta, insisto,
guardando le cose nel '68, ma guardando le cose da lontano ci si
accorge che anche il neorealismo culturalmente è nato nell'ambito
borghese."
30
Più avanti nella stessa intervista sostiene che le cose non
potevano andare altrimenti e prende come esempio Rossellini che,
dalla sua denuncia neorealista, tutta piena di inventiva e talento, ha
dato ispirazione alla Nouvelle Vague francese e alla Nuova ondata
inglese e, tornato in Italia, al cinema di Bertolucci e di Bellocchio; ma
la sua ideologia è tornata borghesizzata. Un percorso, che va dal
bassofondo alla piccola borghesia sino alla nuova borghesia, quella
dell'industrializzazione che, come dicevamo, ha portato
all'imborghesimento del paese creando nel suo interno delle zone
depresse e marginali. L'Italia, secondo Pasolini, è un paese da
laboratorio linguistico, dove coesistono il mondo borghese e
industriale (della lingua nazionale) e quello del cosiddetto terzo
mondo (del dialetto).
30
Da un intervista del '68 di Fernando Camon a Pasolini ora raccolta nel volume, F. Camon, Il
mestiere di scrittore, Conversazioni critiche, Garzanti, Milano, 1973, pp. 109-110.
Con Accattone Pasolini vuole tornare, nel '61, a quel neorealismo di
denuncia che si era istituzionalizzato e imborghesito nel corso di
quella fase di rinnovamento: la sua espressione filmica e
l'ambientazione nell'epoca del benessere neocapitalistico sono una
sorta di denuncia nel cuore stesso della rinascita economica del paese.
Affrontare quel tema era possibile solo attraverso il cinema perché
solo questo mezzo con la sua crudezza poteva esprimere direttamente
tutta la disillusione del boom; infatti "il momento in cui 'Accattone' è
nato, è stato un momento di disperazione, di pessimismo, di
scoraggiamento, il periodi tromboniano, l'estate in cui è stata
concepito il film, si riflette un po' in un certo senso di pessimismo, in
questo senso di morte che c'é in Accattone"
31
, la stessa estate in cui
alla Borgata Gordiani Pasolini girò, dopo una prova non riuscita
32
, nel
'60, la sua opera prima.
Quando Accattone uscì sugli schermi non si poteva più parlare di
neorealismo; tuttavia lo stesso Pasolini insiste nel dire che i suoi
personaggi sono personaggi della vita reale e che li usa direttamente
per accentuare questa particolarità la tragedia come solo fondamento
della vita sommata ad uno sguardo crudele che qui si presenta nel suo
svolgersi normale. Non c'é traccia di progresso anche se solo due anni
prima in Una vita violenta c'era forse un tentativo da parte del
protagonista di integrazione nella società.
Sono questi gli anni in cui un nuovo espressionismo e una nuova
avanguardia trovano spazio nelle opere di Gadda (Quer pasticciaccio
brutte de via merulana, La cognizione del dolore), di Moravia (La
noia), in cui c'é scarto stilistico rispetto ai precedenti romanzi pur
rimanendo ideologicamente dentro la coscienza critica verso
31
Cfr. Certi libri recenti sono di una avanguardia superata dai fatti, Dicembre '61, in Interviste
Corsare sulla politica e sulla vita 1955-1875, a cura di Michele Gulinucci, per il Fondo Pasolini,
Liberal Atlantide Editori, Roma, 1995.
32
Dopo i successi personali Fellini fondò, insieme a Rizzoli, la casa di produzione Federiz con
l'intento di produrre un cinema diverso da quello che era presente sul mercato. Pasolini aveva
pronte due sceneggiature: Accattone e La commare secca (poi divente il film d'esordio di
Bernardo Bertolucci), la seconda presa ed elaborata dall'ultimo capitolo del suo primo romanzo.
Scelse Accattone e con i primi mezzi a disposizione e con i modelli estetici ( Dreyer, Bergman,
Chaplin ecc.) del cinema che aveva in mente inizia a girare le prime scene del film. Ma quando
alla fine del settembre '60 Fellini visiona il lavoro, non ne restò molto convinto e decise di non
produrlo. Alcuni mesi dopo con l'aiuto del regista Bolognini, con cui a lungo aveva collaborato per
le sceneggiature, trovò il produttore, Alfredo Bini, che accettò di produrre Accattone e anche gli
altri film che seguirono a questa prima fatica pasoliniana.
borghesia; di Volponi (Memoriale) con le sue nevrosi industriali, nel
dialetto di Malerba, di Rea, ma anche nella Morante e in Calvino che,
con il volume I nostri antenati e subito dopo , nel '63, La giornata di
uno scrutatore, inaugura una nuova letteratura di difficile da
catalogazione, sicuramente vicina allo strutturalismo, e molto lontana
dal neorealismo. Le avanguardie, con Manganelli e il Gruppo '63,
33
sono i prodromi di quello che verrà definito il periodo post-moderno,
per i quali la difficoltà di rientrare in un movimento diventa grande:
ogni autore, infatti, è una sorta di movimento.
Pasolini preferisce il cinema per il suo diretto impatto sociale.
33
Il Gruppo '63 viveva le sue origini letterarie in una prospettiva antiromantica e antirealista.
Criticava duramente i realisti e quindi in primis Pasolini. La tendenza aveva preso ispirazione da
l'ecole du regard che circa un decennio prima in Francia aveva avuto le sue prime teorizzazioni.
Una descrizione minuta e ossessiva degli oggetti e della realtà messa tutta sullo stesso piano. La
presenza umana è vista come un oggetto fotografico che nel suo occhio non fa altro che livellare
ciò che vede. La realtà stessa è un oggetto con il quale costruire schemi narrativi con tutte le
possibili forme linguistiche. Con questo, ricollegandosi alle nascenti filosofie fenomenologiche e
strutturaliste, la letteratura tentava di descrivere la condizione dell'uomo nella società industriale,
scientifica e tecnologica. Una narrativa che parla di se stessa come oggetto. Un lavoro sul
linguaggio che va oltre la sua funzione comunicativa. Fu il primo antimovimento che annuncia un
futuro frammentato del reale e della letteratura. Preferendo la distorsione, la parodia, le
complicazioni, l'oscurità, arrivando persino alla negazione della letteratura, rifiutando i
meccanismi del consumo culturale.