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Azioni positive per l'imprenditoria femminile

La dissertazione muove dall’assunto che la situazione femminile nel mercato del lavoro sia condizionata dalla doppia presenza della donna, nel lavoro e nell’entourage familiare e domestico.
Una volta chiarito come la situazione di disparità tra lavoratori di sesso diverso contrasti con il principio d’uguaglianza, statuito nel nostro ordinamento dall’art. 3 comma 1 della Costituzione, si è ravvisato nel comma secondo di tale disposizione, che sancisce il principio d’uguaglianza sostanziale, la strada maestra per la costruzione della società delle pari opportunità.
Proprio nell’ambito dell’art.3 comma 2 Cost. s’inquadrano le azioni positive, quali interventi di compensazione a favore di categorie storicamente discriminate.
E’ stato evidenziato, in particolare, il ruolo guida della Comunità europea nell’introdurre tra gli Stati membri le azioni positive, dirette a promuovere l’effettiva eguaglianza e la parità di opportunità fra gli uomini e le donne.
Si è dimostrato, altresì, come l’impiego di misure promozionali nella legislazione sul lavoro femminile rappresenti una novità significativa, superando sia il modello della legislazione di tutela, sia quello antidiscriminatorio proprio della legge di parità (l. 903/1977).
E’ stata esaminata, quindi, la legislazione italiana sulla parità di opportunità fra lavoratori e lavoratrici, articolata in due branche. La prima, rappresentata dalla legge 125/1992, è finalizzata al raggiungimento dell’eguaglianza sostanziale nel lavoro dipendente, attraverso l’attuazione di misure positive da parte dei datori di lavoro, pubblici e privati. La seconda, costituita dalla legge 215/1992, è volta alla creazione di pari opportunità nel lavoro autonomo.
Di seguito, è stata effettuata l’analisi dettagliata della legge 215, con speciale riguardo alle modifiche apportate dal D.P.R 314/2000, nonché al rapporto con la disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato alle imprese, giungendo a dimostrare la piena compatibilità delle azioni positive per l’imprenditoria femminile con il principio di libertà di concorrenza, tutelato dall’art. 41 Cost. e dall’art.92.1 Trattato di Roma, e con il principio d’uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost.
Segue un’indagine sui possibili percorsi e sulle variabili, motivazionali e strutturali, che conducono le donne a diventare imprenditrici, con particolare attenzione alle caratteristiche, positive e negative, delle imprese “rosa”.
Concludono la dissertazione una valutazione retrospettiva della precedente disciplina sulle azioni positive per l’imprenditoria femminile, anche alla luce delle critiche mosse dagli attori istituzionali, e la formulazione di alcune ipotesi sull’efficacia della nuova normativa.

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VIII La presenza femminile nel mondo del lavoro rappresenta uno dei cambiamenti più profondi della società occidentale moderna, massima espressione dell’emancipazione e visibilità sociale conquistate dalle donne. Tuttavia, a causa della doppia presenza, nel lavoro e nell’entourage familiare e domestico, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è stata, e seppure in misura minore, continua ad essere percepita in chiave problematica. La ragione primaria di questa interpretazione va rinvenuta nella principale peculiarità del sesso femminile, vale a dire nella possibilità di generare, e nelle connesse incombenze di cura della prole. A causa degli impegni familiari, le lavoratrici si presentano sul mercato del lavoro con una serie di rigidità, che rendono più costoso il loro impiego, rispetto a quello degli uomini.Va messo in evidenza, tuttavia, che quello della maggiore onerosità della forza lavoro femminile è, in realtà, un pregiudizio frutto della teoria neoclassica marginalista, che privilegiando gli aspetti connessi alla produzione per il mercato, tace sul valore

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Parole chiave

aidda
lavoro femminile
pari opportunità
mercato del lavoro
diritto del lavoro
discriminazione di genere
imprenditoria femminile
legge n. 125-1991
legge n. 215-1992

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