I rapporti del Tibet con la Cina Popolare
L’evento che più di ogni altro ha scosso il Tibet nelle sue fondamenta è stato l’invasione militare cinese nel 1959 e, successivamente, la Rivoluzione Culturale scoppiata tra gli anni Sessanta e Settanta del XX secolo, che ne ha mutato radicalmente l’assetto politico e sociale. Di fatto si sono venuti a creare due Tibet: quello del governo in esilio a Dharamsala in India e quello totalmente subordinato e inglobato nella Madrepatria cinese diventata regione autonoma. Il dialogo sino-tibetano era ripreso nel 1979 e fino al 1984 c’erano stati progressi incoraggianti, ma i cinesi mostrarono una sola vera apertura: non ostacolavano il ritorno in patria del Dalai Lama. Nel 1987 a Washington il Dalai Lama annunciò un piano di pace in 5 punti rilanciando la sua proposta l’anno seguente (1988) a Strasburgo parlando di un Tibet democratico e autonomo all’interno della Repubblica Popolare Cinese, ma il dialogo si interruppe nuovamente nel 1989 a Ginevra quando la Cina rifiutò il confronto con i membri del governo tibetano in esilio poiché le condizioni del vertice non corrispondevano alle pretese cinesi. Dal 1992 fino al 2002 il dialogo con il governo di Pechino fu interrotto anche se il Dalai Lama ha teso indubbiamente la mano alle autorità cinesi, non richiedendo più l’indipendenza del Tibet, dichiarando di essere disponibile a rinunciare al potere temporale. Dall’altra parte la Cina non ha mai riconosciuto il governo tibetano in esilio. Tra il 2002 e il 2007 ci sono stati 6 incontri tra i membri del governo tibetano in esilio e i cinesi, tutti andati a vuoto. Nel 2011 il Dalai Lama annuncia il ritiro dalla vita politica e il passaggio dei poteri di governo ai leader eletti dal popolo tibetano in esilio in India. Si riserva di continuare nel suo proselitismo e nella sua attività con esponenti politici e capi di Stato per illustrare la situazione tibetana. Il processo di integrazione economica della Regione Autonoma, invece, aggrava sempre più la situazione, visto che complessivamente i tibetani in Cina sono circa 6 milioni e i cinesi di etnia han sono il 95% dei quasi 1,4 miliardi di popolazione cinese complessiva. Pechino ha distrutto il vecchio sistema feudale e durante la rivoluzione culturale, ha scatenato gli ex servi della gleba contro i monumenti del vecchio regime. Così Mao Zedong pensava di cementare la fedeltà di questi nuovi tibetani nei confronti della sua Cina. Ma con la morte di Mao, la fine del maoismo e il crollo dell’ideologia totalitaria, molti degli ex servi liberati sono tornati a sentire il fascino della loro religione tradizionale. Su questa base la Cina è intervenuta per acquisire nuovo consenso tra la popolazione tibetana, con la stessa politica economica applicata al resto del Paese. Ma perché il Tibet è così importante per la Cina? I motivi sono strategici, economici e politici: Dal punto di vista strategico il Tibet confina con frontiere importanti soprattutto fungendo da cuscinetto con l’India. Sul piano delle risorse, il Tibet è il serbatoio della Cina essendo una fonte importantissima di acqua. I suoi ghiacciai alimentano i grandi fiumi dell’Asia. E’ ricco di minerali come ferro, piombo e zinco, vitali per l’economia cinese. Un’altra voce riguarda il turismo, ove la regione autonoma viene visitata ogni anno da milioni di turisti. Rappresenta una tappa strategica nella carriera delle figure di primo piano del Partito comunista. Infatti la presenza militare del governo di Pechino in Tibet è consistente, le forze sono stimate in un numero che varia dalle 100.000 alle 200.000 unità. Sul suo territorio sarebbero inoltre dislocate un quarto delle testate nucleari.
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Informazioni tesi
Autore: | Mauro Boaretto |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Giuliano Caroli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 86 |
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FAQ
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