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Orari di lavoro e diritto alla salute

Tempo di lavoro e tempo di non lavoro: sono questi i punti focali su cui si è soffermato, con crescente dinamicità, il dibattito sulla disciplina del tempo, dal momento in cui sono andati “alterando(si) in radice i termini tradizionali (di equilibrio) dell’intera materia” , ponendo l’esigenza di una radicale riorganizzazione e redistribuzione dei tempi di vita.
Il tema dicotomico della dimensione temporale , che in una prima fase è stato a lungo trascurato dalla riflessione giuridica e legislativa, nel corso degli anni ha, infatti, ripreso quota dando vita a un vivace revival di questo settore di studi , specie sugli aspetti distributivi tra tempo dedicato alla prestazione e tempo di non lavoro - inteso sia come tempo libero o “liberato dal lavoro” sia come tempi “interstiziali” (infra) -, in origine strettamente correlati alle vicende organizzative dell’attività produttiva .
Dopo la scossa iniziale degli interventi degli anni Venti e l’assestamento in età corporativa con l’emanazione del Codice civile, il periodo di stallo che è seguito ha costituito, in generale, il riflesso dello “scarso impegno profuso” sulla questione della durata del lavoro, in sede legislativa e contrattuale, prima che interpretativa , generato dal paradigma di una forte standardizzazione del mondo del lavoro. La disciplina legale dell’orario di lavoro, infatti, è rimasta immutata negli anni; però, a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, a partire dal cd. autunno caldo, un’azione contrattuale piuttosto vivace ha condotto alla riduzione generalizzata dell’orario di lavoro contrattuale a 40 ore settimanali (laddove la legge fissava il limite massimo in 48 ore) e alla previsione di ulteriori riduzioni per categorie particolari di lavoratori a partire dalla metà degli anni Ottanta.
Nella sostanza, la riorganizzazione degli orari è stata gestita in quegli anni dalla contrattazione collettiva sia nazionale sia aziendale. Quest’ultima, in particolare, ha rivestito un importante ruolo nel definire le linee applicative delle previsioni contenute a livello di CCNL per adattarle alle diversificate esigenze aziendali o settoriali. Nel trattare dei limiti previsti dal legislatore in tema di orario di lavoro, non si può, dunque, prescindere da un dato fondamentale, al quale, peraltro, la legislazione italiana ha sempre fatto esplicito rinvio, costituito dalle diverse regolamentazioni introdotte, sempre nel rispetto dei limiti legali, dalla contrattazione collettiva, con riferimento a ciascun settore produttivo .
A partire dagli anni Ottanta, dopo decenni di quasi assoluta inerzia legislativa e di disinteresse verso i profili di costituzionalità dell’assetto regolativo inaugurato nel 1923 sorti dopo l’emanazione della Carta Costituzionale, le sollecitazioni a occuparsi di orario di lavoro sono scaturite proprio dalla necessità di rivedere una normativa oramai sempre più inadeguata a far fronte alle nuove problematiche legate alle spinte di riorganizzazione del lavoro e di destandardizzazione di tutto l’impianto precedente .
La tendenza al rimodellamento dei tempi di lavoro viene concepita e gestita non solo come propensione a esprimere sollecitazioni (concorrenti) di natura bidirezionale, sia nel senso di tutelare la produttività aziendale (adeguamento all’andamento del mercato), sia nel senso di costituire una misura di promozione dell’occupazione; ma, per quello che in questo studio interessa, consente di cogliere il ruolo che, nel corso degli anni, hanno rivestito gli interventi del legislatore nazionale e comunitario, della giurisprudenza e della contrattazione collettiva funzionalmente alla garanzia di spazi temporali di non lavoro, in una logica di tutela della salute psico-fisica e di un’adeguata integrazione sociale dei lavoratori, che rappresenta la ratio sottesa all’art. 36 Cost.
Risale, del resto, a quest’ultimo periodo l’intervento di significative novità in materia di orario di lavoro nel rapporto di lavoro subordinato , sia sul versante della contrattazione collettiva (si pensi alle cd. clausole di flessibilità presenti in numerosi contratti di categoria) , sia sul versante legislativo, anche qui dietro impulso delle parti sociali , che vanno arricchendosi nella prassi applicativa “di nuovi stimoli provenienti dalla sfera individuale e dalle trasformazioni del tessuto sociale” ; atteso che l’orario di lavoro “è

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Premessa Tempo di lavoro e tempo di non lavoro: sono questi i punti focali su cui si è soffermato, con crescente dinamicità, il dibattito sulla disciplina del tempo, dal momento in cui sono andati “alterando(si) in radice i termini tradizionali (di equilibrio) dell’intera materia” 1 , ponendo l’esigenza di una radicale riorganizzazione e redistribuzione dei tempi di vita. Il tema dicotomico della dimensione temporale 2 , che in una prima fase è stato a lungo trascurato dalla riflessione giuridica e legislativa, nel corso degli anni ha, infatti, ripreso quota dando vita a un vivace revival di questo settore di studi 3 , specie sugli aspetti distributivi tra tempo dedicato alla prestazione e tempo di non lavoro - inteso sia come tempo libero o “liberato dal lavoro” 4 sia come tempi 1 In questi termini Treu T., Commento all’art. 36, Branca G. (a cura di), Commentario della Costituzione, Rapporti economici, tomo I, Zanichelli-Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1979, 121. 2 Supiot A., Alla ricerca della concordanza dei tempi (le disavventure europee del “tempo di lavoro”), Lav. dir., 1997, 20. L’A. parla di una “opposizione binaria” del tempo di lavoro e del tempo libero che va a configurare un “tempo eterogeneo”, evidenziando il superamento della nozione omogenea del tempo di lavoro, inteso come tempo della subordinazione. 3 Cfr., negli stessi termini, ma con riferimento al dibattito sul tempo di lavoro in sociologia: Gasparini G., Il dibattito sul tempo di lavoro in sociologia, in Valli V. (a cura di), Tempo di lavoro e occupazione, La Nuova Italia Scientifica, Bologna, 1988, 39. 4 Sul concetto di tempo liberato dall’obbligo della prestazione, durante il quale l’individuo può dedicarsi alla sua vita familiare e sociale, o semplicemente al riposo, cfr.: Gaeta L., Tempo di non lavoro e corporativismo in Italia e in Germania, LD, 3, 1987, 560; Cester C., Lavoro e tempo libero nell’esperienza giuridica, Quad. dir. lav. rel. ind., 1995, 17, 10. Sui “nuovi fenomeni della implicazione della persona nel lavoro o della liberazione della persona dal lavoro” cfr. le osservazioni formulate da Pera (Il tempo di lavoro, in AA.VV, Il tempo di lavoro, Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Genova, 4-5 aprile 1986, Giuffré, Milano, 1987, 131-134), secondo il quale “la prestazione di lavoro sembra non essere più quella di una volta: di quei bei tempi in cui la classe operaia era classe operaia, e tutte le cose stavano al loro posto”.

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Informazioni tesi

  Autore: Brigida Clemente
  Tipo: Tesi di Dottorato
Dottorato in Uomo e ambiente
Anno: 2006
Docente/Relatore: Maurizio Ricci
Istituito da: Università degli Studi di Foggia
Dipartimento: diritto del lavoro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 272

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Parole chiave

art. 32 cost.
art. 36 cost.
corte di giustizia
direttive comunitarie
diritto alla salute
durata della prestazione
ferie annuali
orario di lavoro
orario giornaliero
orario settimanale
riposo giornaliero
riposo settimanale
salute del lavoratore

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