2
“interstiziali”
5
(infra) -, in origine strettamente correlati alle vicende
organizzative dell’attività produttiva
6
.
Dopo la scossa iniziale degli interventi degli anni Venti e
l’assestamento in età corporativa con l’emanazione del Codice civile, il
periodo di stallo che è seguito ha costituito, in generale, il riflesso
dello “scarso impegno profuso” sulla questione della durata del
lavoro, in sede legislativa e contrattuale, prima che interpretativa
7
,
generato dal paradigma di una forte standardizzazione del mondo del
lavoro. La disciplina legale dell’orario di lavoro, infatti, è rimasta
immutata negli anni; però, a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni
Settanta, a partire dal cd. autunno caldo, un’azione contrattuale
piuttosto vivace ha condotto alla riduzione generalizzata dell’orario di
lavoro contrattuale a 40 ore settimanali (laddove la legge fissava il
limite massimo in 48 ore) e alla previsione di ulteriori riduzioni per
categorie particolari di lavoratori a partire dalla metà degli anni
Ottanta.
Nella sostanza, la riorganizzazione degli orari è stata gestita in
quegli anni dalla contrattazione collettiva sia nazionale sia aziendale.
Quest’ultima, in particolare, ha rivestito un importante ruolo nel
definire le linee applicative delle previsioni contenute a livello di CCNL
per adattarle alle diversificate esigenze aziendali o settoriali. Nel
trattare dei limiti previsti dal legislatore in tema di orario di lavoro,
non si può, dunque, prescindere da un dato fondamentale, al quale,
peraltro, la legislazione italiana ha sempre fatto esplicito rinvio,
costituito dalle diverse regolamentazioni introdotte, sempre nel
5
Sui tempi interstiziali (i tempi di preparazione, le attese le soste, i differenti tipi di
riposo), cfr., in sociologia, Gasparini G., Tempo e vita quotidiana, Laterza, Bari,
2001, 73 ss., in giurisprudenza, Ricci G., Tempi di lavoro e tempi sociali. Profili di
regolazione giuridica nel diritto interno e dell’U.E., Giuffré, Milano, 2005, 12 ss.
6
Treu T., Commento all’art. 36 ..., 120. L’A. sottolinea, inoltre, come gli aspetti
distributivi tra tempo libero e tempo di lavoro fossero “tradizionalmente affidati alla
determinazione unilaterale dell’imprenditore”. Cfr., nello stesso senso, De Luca
Tamajo R., Il tempo di lavoro ..., 4.
7
Così Treu T., Commento all’art. 36 ..., 120.
3
rispetto dei limiti legali, dalla contrattazione collettiva, con
riferimento a ciascun settore produttivo
8
.
A partire dagli anni Ottanta, dopo decenni di quasi assoluta
inerzia legislativa e di disinteresse verso i profili di costituzionalità
dell’assetto regolativo inaugurato nel 1923 sorti dopo l’emanazione
della Carta Costituzionale, le sollecitazioni a occuparsi di orario di
lavoro sono scaturite proprio dalla necessità di rivedere una
normativa oramai sempre più inadeguata a far fronte alle nuove
problematiche legate alle spinte di riorganizzazione del lavoro e di
destandardizzazione di tutto l’impianto precedente
9
.
La tendenza al rimodellamento dei tempi di lavoro viene
concepita e gestita non solo come propensione a esprimere
sollecitazioni (concorrenti) di natura bidirezionale, sia nel senso di
tutelare la produttività aziendale (adeguamento all’andamento del
mercato), sia nel senso di costituire una misura di promozione
dell’occupazione; ma, per quello che in questo studio interessa,
consente di cogliere il ruolo che, nel corso degli anni, hanno rivestito
gli interventi del legislatore nazionale e comunitario, della
8
Sui “grandi cambiamenti ottenuti dalla contrattazione collettiva negli ultimi tre
decenni, rispetto alla legge del 1923” (a partire dall’inizio degli anni Settanta, fino
quasi alla fine degli anni Novanta) cfr. ampiamente Pero L., Politiche contrattuali e
cambiamenti degli orari di lavoro, LD, 1, 1998, 117 ss.
9
Bellomo S., Limiti e flessibilità dell’orario di lavoro giornaliero dopo la legge 24
giugno 1997, n. 196, ADL, 1, 1999, 145-167. Sulla lunga fase del “congelamento
costituzionale” vedi le considerazioni generali di Mariucci L., Le fonti del diritto del
lavoro, Giappichelli, Torino, 1988, 31 ss. e, più recentemente, Dell’Olio M., Diritto
del lavoro e garanzie costituzionali, in L. Lanfranchi (a cura di), Costituzione e diritti
fondamentali, Ediesse, Roma, 1997, 352. Sui profili di rilievo dell’art. 36 Cost. cfr.
Leccese V., L’orario di lavoro. Tutela costituzionale della persona, durata della
prestazione e rapporto tra le fonti, Cacucci, Bari, 2001, 21 ss. Una guida alla lettura
dei classici sul fattore tempo nella identificazione della fattispecie tipica del lavoro
subordinato viene da Gaeta L., Tempo di non lavoro e corporativismo in Italia e in
Germania, LD, 3, 1987; l’A. propone la rilettura di alcuni testi che “si distribuiscono
abbastanza bene all’interno dell’arco temporale considerato (dagli anni ’50 agli anni
’90), riempiendo – forse non casualmente – i periodi più emblematici durante i quali
si è dipanato il diritto del lavoro italiano”. I riferimenti sono, negli anni ’50, a R.
Corrado; alla fine degli anni Sessanta, a un ampio saggio di L. Spagnuolo Vigorita;
a metà degli anni Ottanta, a un libro in due puntate di P. Ichino e a un convegno
nazionale dell’A.I.D.LA.S.S., che hanno costituito lo spunto iniziale di una nuova
stagione di studi proseguita negli anni ‘90.
4
giurisprudenza e della contrattazione collettiva funzionalmente alla
garanzia di spazi temporali di non lavoro, in una logica di tutela della
salute psico-fisica e di un’adeguata integrazione sociale dei lavoratori,
che rappresenta la ratio sottesa all’art. 36 Cost.
Risale, del resto, a quest’ultimo periodo l’intervento di
significative novità in materia di orario di lavoro nel rapporto di lavoro
subordinato
10
, sia sul versante della contrattazione collettiva (si pensi
alle cd. clausole di flessibilità presenti in numerosi contratti di
categoria)
11
, sia sul versante legislativo, anche qui dietro impulso
delle parti sociali
12
, che vanno arricchendosi nella prassi applicativa
“di nuovi stimoli provenienti dalla sfera individuale e dalle
trasformazioni del tessuto sociale”
13
; atteso che l’orario di lavoro “è
l’istituto nel quale più paradigmatico appare l’intreccio tra le fonti
legali e contrattuali”
14
.
Attraverso la ricognizione della disciplina positiva in materia di
orario di lavoro, dunque, si potrà verificare come la rilevanza del
diritto alla tutela della persona del lavoratore (nel senso di benessere
psicofisico e sociale), nel momento in cui costui è inserito
nell’organizzazione del lavoro, sia all’origine dell’intervento della legge
10
“Il rapporto di lavoro subordinato è un rapporto di durata. La prestazione di
lavoro deve pertanto essere presa in considerazione anche in relazione alla sua
dimensione temporale”, così Biagi M., Istituzioni di diritto del lavoro, Giuffré, Milano,
2001, 235. Caruso B. (La retribuzione e l’orario di lavoro «alla Corte» della flessibilità
(le manovre sull’orario di lavoro come strumento di flessibilizzazione della
retribuzione), Quaderni D.L.R.I., 17, 1995, 79-110) parla di nozione giuridica di
orario di lavoro come strumento giuridico normativo di organizzazione del tempo di
lavoro.
11
Per considerazioni sullo scenario delle tendenze emergenti nelle politiche
contrattuali dagli anni Venti agli anni Novanta cfr. Pero L., Politiche contrattuali e
cambiamenti degli orari di lavoro, LD, 1, 1998, 117-131; Pinto V., I contenuti dei
contratti collettivi, Quaderni D.L.R.I., 17, 1995, 157-196; Carabelli U., Leccese V.,
Orario di lavoro: limiti legali e poteri della contrattazione collettiva, Quaderni D.L.R.I.,
17, 1995, 29-78.
12
Bellomo S., Limiti e flessibilità dell’orario di lavoro giornaliero dopo la legge 24
giugno 1997, n. 196, ADL, 1, 1999, 145-167.
13
Pizzoferrato A., Recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di orario di
lavoro, Quaderni D.L.R.I., 17, 1995, 219.
14
Napoli M., L’orario di lavoro tra ordinamento interno e disciplina comunitaria, NLC,
6, 2004, 6, 1231 ss.
5
e della contrattazione collettiva. Lo scopo di questi interventi è,
infatti, rivolto a porre norme idonee a fissare concretamente, per un
verso, limiti massimi alla durata della prestazione lavorativa
15
, per un
altro, periodi di riposo, pause e ferie, nonché la distribuzione
dell’orario in periodi diurni o notturni, oppure in orari diversi
alternati secondo i vari periodi (lavoro a turni), o anche nei giorni
festivi, al fine di garantire il cd. tempo di non lavoro, necessario per il
recupero delle energie psicofisiche e per la cura degli interessi
personali.
Si tratta di un ambito di riflessione che, nella prospettiva della
tutela della persona, attraverso la sua salute e la sua vita di
relazione, nel corso dello svolgimento della prestazione di lavoro, ha
peraltro riacquisito nuova attualità alla luce sia della emanazione
della direttiva comunitaria n. 93/104/Ce, sia dell’attuazione della
medesima all’interno dell’ordinamento nazionale con l’emanazione del
D.Lgs. n. 66/2003 (come modificato dal D.Lgs. n. 213/2004).
In particolare, l’esame della disciplina comunitaria, nella
trattazione della dimensione temporale della prestazione lavorativa
negli aspetti concernenti la riduzione, la riorganizzazione dell’orario di
lavoro e i riposi, costituisce un imprescindibile punto di riferimento
per esaminare la disciplina interna oggi vigente sia legislativa sia
negoziale
16
.
Dalle disposizioni della direttiva n. 104 del 23 novembre 1993,
concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, poi
integrata e modificata da ulteriori direttive successive approvate tra il
1999 e il 2004
17
, è possibile cogliere il “nesso funzionale”
18
15
Ghera E., Diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 2001, 205.
16
Allamprese A., Riduzione e flessibilità del tempo di lavoro, Kluwer, IPSOA, Milano,
2003, cap. 1.
17
Per quanto riguarda le integrazioni v. le direttive n. 1999/63/CE, del 21 giugno
1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di
mare; n. 1999/95/CE, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle
disposizioni della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della
Comunità; n. 2000/79/CE, del 27 novembre 2000, relativa all’attuazione
6
sussistente tra gli interventi sull’orario di lavoro e le istanze di tutela
della salute e della sicurezza del prestatore di lavoro. L’analisi della
direttiva, inoltre, consente di attribuire un adeguato rilievo alle
questioni relative all’integrazione tra i contenuti della stessa e le
previsioni dettate dalla Costituzione.
Tutto ciò premesso, e con l’intenzione di dar conto sia delle
finalità di tutela della salute, sotto il duplice profilo dei tempi di
lavoro e non lavoro, sia della rilevanza che questa tutela riveste
all’interno della direttiva comunitaria, la delimitazione del campo
d’indagine, nell’ambito del tema di ricerca scelto, risponde a
un’esigenza di analisi delle nuove disposizioni, con particolare
riferimento ai profili di contrasto con la direttiva di riferimento e con i
principi costituzionali.
Per quanto concerne l’analisi dei profili di scostamento del
D.Lgs. n. 66/2003 rispetto alla disciplina comunitaria, sia con
riferimento alle singole clausole normative, sia alla conformità di
alcuni profili di disciplina alla clausola di non regresso (ex art. 18,
par. 3, direttiva n. 93/104/CE), si pone il problema di stabilire se il
legislatore abbia o no rispettato, nell’attuazione della direttiva
comunitaria, il principio di non regresso, che rappresenta un preciso
vincolo posto da quest’ultima al legislatore nazionale (par. 4).
Per altro verso, i profili di contrasto del D.Lgs. n. 66 con la
Carta costituzionale assumono rilievo, tanto nel dibattito politico
sindacale, quanto in quello scientifico, in virtù della centrale
dell’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo
dell’aviazione civile; n. 2002/15/CE dell’11 marzo 2002 , in materia di
organizzazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori. Per le modifiche
apportate alla direttiva n. 93/104/CE v. la direttiva n. 2000/34/CE, del 22 giugno
2000, ora codificata con la direttiva n. 2003/88/CE, del 4 novembre 2003, la quale
è entrata in vigore il 2 agosto 2004 e sulla quale pendono due proposte di modifica
trasmesse al Parlamento e al Consiglio, rispettivamente, il 22 settembre 2004 e il
31 maggio 2005. Il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni hanno
espresso il proprio parere sulla proposta della Commissione, rispettivamente l’11
maggio 2005 e il 4 aprile 2005.
18
Leccese V., L’orario di lavoro ..., 147.
7
importanza dei diritti fondamentali della salute e della sicurezza,
nonché della necessità di assicurare ad essi un’adeguata tutela in
ragione del loro rilievo costituzionale.
La Corte Costituzionale, dopo aver rilevato che “dall’insieme
delle norme che disciplinano l’orario del lavoro giornaliero, il riposo
settimanale e le ferie annuali retribuite, risulta in modo evidente che
al lavoratore dipendente debbono essere assicurate tre forme
inderogabili ed infungibili di riposo: giornaliero, settimanale,
annuale”
19
, ha espressamente posto in relazione l’effettiva funzione di
tutti questi limiti proprio con la tutela della salute del lavoratore.
Secondo la Corte, infatti, “non vi è dubbio che la disposizione
contenuta nel terzo comma dell’art. 36 Cost. garantisce la
soddisfazione di primarie esigenze del lavoratore, dalla reintegrazione
delle sue energie psico-fisiche allo svolgimento di attività ricreative e
culturali, che una società evoluta apprezza come meritevoli di
considerazione”
20
.
19
Corte Costituzionale 21 aprile 1976, n. 102. Nello stesso senso cfr., fra tante,
Corte Costituzionale 22 giugno 1962, n. 76; Corte Costituzionale 12 dicembre 1967,
n. 150; Corte Costituzionale 18 giugno 1971, n. 146.
20
Corte Costituzionale 12-19 dicembre 1990, n. 543, sul riposo feriale. Nello stesso
senso cfr., fra tante, Corte Costituzionale 19 gennaio 1982, n. 23, sul riposo
settimanale.
8
CAPITOLO I
LA SCANSIONE DEL TEMPO TRA
LAVORO E NON LAVORO
SOMMARIO: 1. I PROFILI DI RILIEVO GIURIDICO DEL TEMPO NELLA PRESTAZIONE DI LAVORO –
2. LE ORIGINARIE TENDENZE E LE POLITICHE IN ITALIA: IL NON LAVORO STRETTAMENTE
FUNZIONALE AL LAVORO – 3. LE POLITICHE DELL’ORARIO DI LAVORO NEL PERIODO POST-
CORPORATIVO – 3.1 …E LE FASI SUCCESSIVE. TEMPO DI NON LAVORO: DA MERA PAUSA
REINTEGRATIVA A TEMPO LIBERO – 4. TEMPO DI LAVORO E TEMPO DI NON LAVORO NEL CICLO
DI VITA: LINEE DI CONFINE E INTERFERENZE – 5. LIMITI ALLA DURATA DELLA PRESTAZIONE
LAVORATIVA: TUTELA DEL TEMPO DI NON LAVORO – 6. I TERMINI DELLA DISCIPLINA DEL TEMPO
DI LAVORO NELLA VALORIZZAZIONE DEGLI ASPETTI QUALITATIVI
1. I PROFILI DI RILIEVO GIURIDICO DEL TEMPO NELLA PRESTAZIONE DI
LAVORO
Secondo l’impostazione classica, l’orario di lavoro viene in
rilievo, nel contratto di lavoro subordinato, “sotto due profili distinti
ma non antitetici”
21
.
Esso funge, per un verso, da criterio di determinazione
quantitativa della prestazione di lavoro
22
e, correlativamente, di
21
In questi termini Ghera E., Diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 2002, 216-217.
22
Sul punto si è osservato: “se si parla di orario di lavoro, occorre subito affrontare
l’aspetto dei suoi limiti quantitativi, dato che non è evidentemente concepibile un
orario se non collocato in un preciso arco temporale esterno; nell’ambito di
quest’arco temporale, poi, vanno distinte frazioni di tempo di diversa ampiezza in
cui si pone l’aspetto dell’alternanza fra lavoro e riposo”. Così Franci R., L’orario di
lavoro e le modalità della prestazione, LPO, 2, 2003, 778.
9
quella retributiva
23
; per un altro, da limite massimo di esigibilità della
prestazione lavorativa, che ha carattere continuativo nel tempo.
Seguendo questa impostazione, il riferimento al fattore tempo
ha sempre rappresentato una doppia funzione nei rapporti di lavoro.
Esso è stato, infatti, affrontato sotto due diverse angolazioni
24
: da un
lato, nell’ottica “individuale”, esso permette di misurare la
subordinazione, e quindi la retribuzione, ovviamente nell’ambito del
rapporto di lavoro; da un altro, dal punto di vista “collettivo”,
consente di fissare le discipline, e quindi i diversi sistemi di
solidarietà fra i lavoratori, nel mercato del lavoro, centrandoli
sull’organizzazione collettiva del tempo di lavoro
25
.
La concezione tradizionale del tempo di lavoro, riprendendo i
termini di un’autorevole dottrina, “costruisce dunque il mondo
attorno a questi due poli”: da una parte, il polo del tempo
cronometrico, nell’ambito del quale troviamo il lavoro riconosciuto e
retribuito, definito “il tempo maschile per eccellenza”; da un’altra
parte, il polo del tempo universale e astratto che presuppone delle
collettività di lavoro
26
.
23
Su questo primo aspetto cfr., fra gli altri, Caruso B., La retribuzione e l’orario di
lavoro «alla Corte» della flessibilità (le manovre sull’orario di lavoro come strumento di
flessibilizzazione della retribuzione), Quaderni D.L.R.I., 17, 1995.
24
Gaeta L., Tempo di non lavoro e corporativismo in Italia e in Germania, LD, 3,
1987, 559. L’A. sottolinea come il tema dell’incidenza del fattore tempo sul rapporto
di lavoro sia stato “spesso negletto dai giuristi”.
25
Sulla doppia funzione (o rilevanza) del tempo nei rapporti di lavoro cfr. Vecchi L.,
Disciplina dell’orario di lavoro in Italia, Dir. rel. Ind., 1, 2000; Caruso B., La
retribuzione e l’orario ..., 1995; Supiot A., Alla ricerca della concordanza dei tempi (le
disavventure europee del “tempo di lavoro”), Lav. dir., 1997, 1997, 16; Pizzoferrato
A., Recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di orario di lavoro, Quaderni
D.L.R.I., 17, 1995; Ghera E., Il tempo di lavoro, in AA.VV, Il tempo di lavoro, Atti
delle giornate di studio di diritto del lavoro, Genova, 4-5 aprile 1986, Giuffré,
Milano, 1987, 170. Quest’ultimo A. precisa che la rilevanza del tempo sul piano
collettivo attiene specificamente al mercato del lavoro, ovvero ad aspetti che, seppur
interni alla struttura del rapporto di lavoro, sono esterni all’esecuzione del rapporto
stesso.
26
Supiot A., Alla ricerca della concordanza dei tempi (le disavventure europee del
“tempo di lavoro”), Lav. dir., 1997, 19. L’A. distingue fra un “tempo maschile”, al
quale le donne devono sottomettere, se vogliono partecipare su un piano di
eguaglianza, e un “tempo femminile”, nel quale si trovano, innanzi tutto, i
10
Nella prima dimensione, l’orario è elemento del programma
negoziale dei singoli contraenti e quindi della causa del contratto di
lavoro; nell’esecuzione del contratto di lavoro, infatti, l’elemento
tempo fa parte integrante dell’adempimento
27
. Questo significa che la
previsione contrattuale dell’orario di lavoro, da un lato, rileva sotto il
profilo della continuità della prestazione, idonea a soddisfare il
bisogno e il correlativo interesse del creditore a una certa durata del
contratto e a una certa organizzazione temporale della prestazione
lavorativa; da un altro lato, funge da criterio per la determinazione
quantitativa della prestazione dovuta e, mediamente, per la
determinazione del suo corrispettivo
28
.
Sotto il primo profilo, dunque, secondo uno schema molto
elementare, l’obbligazione lavorativa viene identificata con la mera
messa a disposizione di energie lavorative qualificate solo in termini
temporali. E, sullo sfondo di tale schema, il tempo è stato a lungo
considerato soltanto come lo strumento di misurazione della durata
dell’impegno lavorativo, come il lasso tra l’inizio e la fine
dell’erogazione di energie lavorative
29
.
Passando alla seconda dimensione, quella cd. statuale e
sindacale, appare opportuno citare alcuni frammenti di riflessione di
Supiot
30
: il tempo serve a dare il ritmo al lavoro degli uomini, a
pensionati, le donne e i bambini, i loro lavori misconosciuti e gratuiti, le solidarietà
non professionali, gli svaghi o la preghiera.
27
Riva Sanseverino L., Disciplina delle attività professionali. Impresa in generale.
Artt. 2107 (Orario di lavoro), in Scialoja Branca (a cura di), Commentario del codice
civile, Zanichelli-Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1986.
28
In questi termini cfr., fra gli altri, Ghera E., Diritto del lavoro, Cacucci, Bari,
2002, 217. Sulla messa in discussione del tempo come parametro di misura della
retribuzione cfr. ampiamente Caruso B., La retribuzione e l’orario ..., 1995, 80, e De
Luca Tamajo, Il tempo di lavoro, in AA.VV, Il tempo di lavoro, Atti delle giornate di
studio di diritto del lavoro, Genova, 4-5 aprile 1986, Giuffré, Milano, 1987, 36.
Secondo quest’ultimo A., “in termini giuridici si assiste ad un superamento del
valore preminente del tempo come referente delle strategie retributive… nonché
come criterio applicativo dei parametri costituzionali di proporzionalità della
retribuzione”.
29
De Luca Tamajo R., Il tempo di lavoro ..., 4-6.
30
Supiot A., Alla ricerca della concordanza ..., 15 ss. Il riferimento è a un interesse
di carattere generale per le implicazioni di cui il tempo di lavoro è portatore sulla
11
imprimere loro delle cadenze e degli orari comuni; consente di fissare
le discipline e, quindi, i diversi sistemi di solidarietà
31
interna al
movimento dei lavoratori, in virtù della propria particolare
inclinazione a favorire il nascere di condizioni di maggiore
eguaglianza e uniformità nelle reali condizioni di lavoro
32
.
Da questo secondo punto di vista, l’orario di lavoro assume
rilievo giuridico per la sua funzione di limitare l’esigibilità massima
della prestazione di lavoro
33
, nella prospettiva della garanzia di una
dimensione temporale svincolata dal lavoro, per la tutela della
integrità psico-fisica del lavoratore.
Nella prospettiva tradizionale di approccio alla disciplina
giuridica del rapporto di lavoro subordinato, dunque, il tempo è stato
comunemente inteso come “mero strumento di misurazione della
quantità di attività lavorativa dovuta”
34
dal lavoratore in virtù
dell’obbligazione sorgente dal contratto di lavoro; ma nelle ulteriori
prospettive segnalate il tempo diventa “strumento di canalizzazione di
strategie diverse”
35
, in virtù dei valori che costituiscono la ragion
d’essere della normativa in materia di orario di lavoro: la salute del
lavoratore, la salvaguardia del suo tempo libero, l’equa distribuzione
dei posti di lavoro
36
.
dimensione della vita collettiva, nei sistemi sociali e nell’ambito delle relazioni
sindacali, cioè sul tempo in quanto “istituzione sociale”, così Durkheim E., La
divisione del lavoro sociale, Ed. Comunità, Torino, 1999. Nello stesso senso cfr.
Gasparini G., Il dibattito sul tempo di lavoro in sociologia, in Valli V. (a cura di),
Tempo di lavoro e occupazione, La Nuova Italia Scientifica, Bologna, 1988, 39.
31
Cfr. Sciarra S., Lavorare meno, lavorare meglio. Nuovi regimi dei tempi di lavoro e
nuove solidarietà: alla ricerca di un mare aperto verso cui salpare, LD, 4, 1994 sulle
nuove solidarietà.
32
Nello stesso senso cfr. Vecchi L., Disciplina dell’orario di lavoro in Italia, Dir. rel.
Ind., 1, 2000, 61.
33
Ghera E., Diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 2002, 217.
34
Cester C., Lavoro e tempo ..., 9.
35
In questi termini cfr. Caruso B., La retribuzione e l’orario di lavoro «alla Corte»
della flessibilità (le manovre sull’orario di lavoro come strumento di flessibilizzazione
della retribuzione), Quaderni D.L.R.I., 17, 1995, 80.
36
Ichino P., Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, vol. II, Giuffré, Milano,
1985, 249.
12
Corollario di questa affermazione è la deduzione per cui ai primi
due profili indicati se ne deve aggiungere, per completezza, un terzo,
che si affianca al secondo in virtù della comunanza della finalità
perseguita: la tutela della salute del lavoratore intesa in senso
onnicomprensivo e dunque come integrità psicofisica e benessere
sociale del lavoratore. L’orario di lavoro individua infatti, a contrario,
il periodo di tempo che resta riservato alla personale dimensione
esistenziale del lavoratore, il tempo di non lavoro
37
, proprio in quanto
definisce lo spazio temporale entro il quale il lavoratore subordinato
dispone del proprio tempo di vita in funzione dell’esercizio dell’attività
lavorativa organizzata dall’imprenditore (tempo di lavoro); in tal
senso, dunque, esso si pone quale “criterio di delimitazione indiretta
dello spazio temporale entro cui il lavoratore attua la propria
personalità extralavorativa”
38
o, in altri termini, usati da altro autore,
“come distanza, intervallo fra un’unità lavorativa e un’altra”
39
.
Alle strategie normative di regolazione per frammenti - legate
all’organizzazione tayloristica e fordista del lavoro, funzionale a una
produzione standardizzata e di massa - in cui il mero trascorrere del
tempo per prestazioni uniformi, ripetitive, parcellizzate diventava
parametro quasi esclusivo di determinazione delle retribuzioni, si
affiancano strategie di regolazione – imposte dall’organizzazione
tecnica e produttiva della struttura temporale delle società industriali
e post-industriali – basate sulle interdipendenze funzionali fra tempi
di lavoro e tempi di non lavoro
40
.
37
Attraverso l’esame dell’incidenza del fattore tempo sul piano dell’angolazione che
privilegia il profilo direttamente speculare rispetto alla prestazione di lavoro si
indaga anche sul tempo che non viene occupato dallo svolgimento dell’obbligazione
lavorativa e sulla sua funzione: il cd. tempo di non lavoro. In questi termini Gaeta
L., Tempo di non lavoro e corporativismo in Italia e in Germania, LD, 3, 1987, 559.
38
Carabelli U., Leccese V., Legge, autonomia collettiva e autonomia individuale nella
disciplina dell’orario di lavoro in Italia, (Rapporto sull'Italia presentato al Séminaire
de recherche européen: Leçons d'une réduction de la durée du travail, Bordeaux, 5-
6 dicembre 2002), in www.unicz.it/lavoro.
39
Cester C., Lavoro e tempo ..., 9.
40
In questi termini cfr. Caruso B., La retribuzione e l’orario ..., 83.
13
Viene così messo in evidenza il secondo “blocco” strutturale
della disciplina del tempo che, come opportunamente precisato in
dottrina, se dapprima si è qualificato esclusivamente come tempo
libero, nel senso di “liberato dal lavoro”
41
, tale impostazione “appare
ormai datata, alla luce di una significativa elaborazione giuridica”. Di
fatti, ai fini della individuazione del “tempo della riproduzione” –
inteso, in senso propriamente marxiano, come il tempo che non è
dedicato al lavoro e, per tale, è riproduttivo delle energie lavorative -,
piuttosto che alla ristretta categoria del tempo libero, appare più
opportuno fare riferimento al tempo di non lavoro, nella sua più
ampia accezione. In tale nozione, infatti, accanto al tempo libero,
rientrano anche i c.d. tempi interstiziali
42
(infra), quando risultino
“funzionali all’avvio o alla successiva ripresa dell’attività lavorativa”
43
.
È dunque questa la chiave di lettura del tempo nella
prestazione di lavoro, definita in termini inclusivi sia del tempo di
lavoro sia del tempo di non lavoro, sulla quale, in questa sede, si
intende focalizzare l’attenzione, esponendo preminentemente le
valutazioni sulla particolare rilevanza degli aspetti specificamente
protettivi legati al tempo, in merito all’interesse generale della
salvaguardia del diritto alla salute dei lavoratori
44
.
Ebbene, pur nella consapevolezza dell’esistenza di tutti i profili
di rilievo dell’orario di lavoro come istituto del diritto del lavoro prima
indicati, nel presente studio ne verranno selezionati soltanto alcuni.
L’ipotesi di ricerca che si intende sviluppare, infatti, è intesa a
41
Ricci G., Tempi di lavoro e tempi sociali. Profili di regolazione giuridica nel diritto
interno e dell’U.E., Giuffré, Milano, 2005, 12. L’A. osserva come, opinione comune,
nel contesto della società industriale, fosse la presupposizione che “non potesse
esservi altro tempo libero che il tempo di non lavoro, locuzione che già nel suo
costrutto grammaticale (l’uso della parola lavoro preceduta dalla locuzione non)
sembra enfatizzare la funzionalità della dimensione temporale rispetto alla
prestazione di lavoro”.
42
V. sub nota 5.
43
Per tutti i passi virgolettati cfr. Ricci G., Tempi di lavoro e tempi sociali. Profili di
regolazione giuridica nel diritto interno e dell’U.E., Giuffré, Milano, 2005, 12-13.
44
Gasparini G., Il dibattito sul tempo di lavoro in sociologia, in Valli V. (a cura di),
Tempo di lavoro e occupazione, La Nuova Italia Scientifica, Bologna, 1988, 40.
14
verificare come la disciplina dell’orario di lavoro, nella sua
dimensione dicotomica di disciplina del tempo di lavoro e di non
lavoro, abbia costituito in passato, e costituisca ancor oggi, un
importante strumento di tutela della salute del lavoratore, intesa in
senso onnicomprensivo di tutela della sfera psico-fisica dell’individuo
e del suo rapporto con l’ambiente.
Prima di procedere con l’analisi della disciplina dell’orario di
lavoro, nei termini suddetti, appare opportuno, però, inquadrare gli
originari aspetti evolutivi delle nozioni di tempo di lavoro e non
lavoro. Come è stato osservato, infatti, “il prevalere, in determinate
fasi storiche, dell’attività regolativa relativa all’uno o all’altro profilo è
dipeso dal differente rilievo assunto, nella considerazione del
legislatore o delle parti collettive, degli interessi sottesi
45
a ciascuno di
tali aspetti, a causa del diverso combinarsi, nel corso del tempo, delle
spinte sociali ed economiche”
46
.
45
Si tratta, in sostanza, della necessità di tutelare l’interesse economico-retributivo
dei lavoratori, attraverso un migliore rapporto retribuzione/tempo di lavoro
perseguibile; l’interesse generale alla salvaguardia del diritto alla salute, da
garantire contro i rischi di sfruttamento da parte del datore di lavoro; l’interesse
gestionale dell’impresa, ossia alle esigenze tecnico-organizzative e tecnico-
produttive di flessibilizzazione del tempo di lavoro; l’interesse esistenziale dei
lavoratori, cioè la tutela del tempo di non lavoro; l’interesse ad attuare politiche
solidaristiche d’incremento occupazionale, nel senso della riduzione degli orari di
lavoro a vantaggio di un aumento dei posti di lavoro.
46
Carabelli U., Leccese V., Legge, autonomia collettiva e autonomia individuale nella
disciplina dell’orario di lavoro in Italia, (Rapporto sull'Italia presentato al Séminaire
de recherche européen: Leçons d'une réduction de la durée du travail, Bordeaux, 5-
6 dicembre 2002), in www.unicz.it/lavoro.