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Verso una difesa autonoma europea? Analisi dei processi sottostanti lo sviluppo del sistema di difesa europeo

I principali Stati europei, consapevoli dei limiti politici dell’azione esterna dell’Unione europea (UE), dopo aver strutturato una politica monetaria comune, sul finire degli anni Novanta, hanno mostrato un crescente interesse a sviluppare la difesa comune. L’obiettivo dello studio, pertanto, è stato quello di definire se il sistema di difesa dell’UE si stia effettivamente evolvendo in una dimensione autonoma dalla NATO. Nel corso del primo capitolo, è stato definito il contesto della ricerca. A tal fine sono stati presentati i principali approcci politologici volti a spiegare la dinamica integrativa nel suo complesso (intergovernativismo, federalismo, funzionalismo, neo-funzionalismo e neo-istituzionalismo) e gli aspetti storici e geopolitici del processo di costruzione della difesa comune. Successivamente, nel corso del secondo capitolo, sono state presentate alcune variabili (interessi dei principali attori, politica, economia e guerra) considerate “determinanti” ai fini della capacità di influenzare – positivamente o negativamente- il carattere autonomo del sistema di difesa europeo. Le tendenze di fondo della difesa comune, infatti, possono essere considerate come la risultante di una pluralità di forze combinate tra loro: in particolare gli interessi dei principali attori statali e delle organizzazioni militari da essi create, le evoluzioni e le decisioni di istituzioni comunitarie, le pressioni di multinazionali operanti nel settore degli armamenti, le guerre. L’intenzione, pertanto, è stata quella di risalire alle dinamiche che muovono questo insieme di variabili, in modo tale da avere a disposizione una serie di strumenti analitici, alla luce dei quali interpretare gli ultimi sviluppi del sistema di difesa europeo. In questo modo, nel corso del terzo capitolo, mediante l‘analisi delle implicazioni prodotte dalle ultime iniziative in tema di difesa, si è valutato se tali iniziative abbiano soddisfatto le condizioni evolutive emerse dall’analisi effettuata nel secondo capitolo. Allo scopo di favorire un confronto analitico tra gli ultimi sviluppi della difesa comune e le sue generali tendenze, sono state utilizzate nuovamente, come strumento di paragone, le categorie concettuali rappresentate dalle “variabili determinanti” (interessi dei principali attori, politica, economia e guerra).
Complessivamente lo studio ha avuto una duplice finalità. Analizzando specifiche iniziative emerse tra il 2003 e il 2004, sono stati valutati gli eventuali sviluppi intervenuti nella configurazione delle “variabili determinanti” del sistema di difesa europeo. Inoltre, alla luce delle principali teorie sull’integrazione (intergovernativismo, federalismo, funzionalismo, neo-funzionalismo e neo-istituzionalismo) si è tentato di elaborare un modello politologico in grado di spiegare l’evoluzione dell’integrazione europea nel settore della difesa. I recenti sviluppi del sistema di difesa europeo hanno tratto formalmente origine dalle intese raggiunte nel corso dei vertici anglo-franco-tedeschi svoltisi tra il settembre del 2003 e il febbraio del 2004. Gli ultimi sviluppi della difesa comune, quindi, hanno messo in luce, sul piano teorico, l’esistenza di una rete di interdipendenze tra fattori di natura intergovernativa, neo-istituzionalista e neo-funzionalista. Tale interdipendenza può essere spiegata a partire dalla teoria intergovernativa per cui, in virtù del dovere delle classi politiche nazionali di fornire risposte agli interessi che vengono articolati dalle strutture indipendenti della società civile, si definirebbe l’interesse intergovernativo a intraprendere un processo integrativo: i governi nazionali sarebbero spinti a cooperare al fine di tutelare i rispettivi interessi nazionali, minacciati dalla crescita dell’interdipendenza economica mondiale. Qualora, sulla base del tentativo di massimizzare l’interesse nazionale, emerga una volontà politica cooperativa, lo strumento per concretizzarla potrebbe essere individuato nell’esercizio di attività tecniche di natura neo-funzionalista. Si tratterebbe di gestire le funzioni tecniche legate agli interessi economicamente rilevanti che si vogliono tutelare, stimolando inoltre il processo di spillover. Secondo l’interpretazione neo-funzionalista i soggetti beneficiari dello spillover sono le istituzioni comunitarie attraverso l’espansione delle loro competenze in settori sempre più vasti. Le istituzioni comunitarie, secondo un’interpretazione legata ai presupposti teorici dell’istituzionalismo storico, hanno seguito, nel loro sviluppo storico, una logica autonoma, tendendo a perpetrare alcune forme di attività decisionali non derivanti da un dibattito politico. Questa dinamica, che si sostanzia nel processo di approfondimento e di espansione delle competenze ad opera delle istituzioni comunitarie, contribuisce a sensibilizzare i governi nazionali rispetto a nuovi interessi.

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9 INTRODUZIONE Il decollo, nel 1999, dell’Unione economica e monetaria (UEM) e la conseguente nascita dell’Euro, hanno formalmente confermato l’esistenza, sul piano economico delle relazioni globali, di uno scenario multipolare. Si tratta di un processo che si è andato progressivamente definendo a partire dagli anni Settanta, con le prime iniziative europee finalizzate ad armonizzare le politiche monetarie degli Stati membri, ma che ha conosciuto una sostanziale accelerazione solo all’inizio degli anni Novanta, successivamente al collasso del regime sovietico. Il progressivo dissolvimento del sistema (politico-militare) bipolare, con i cambiamenti economici da esso innescati, non si è comunque tradotto in una proporzionata ristrutturazione politica dei rapporti di forza tra gli attori protagonisti delle relazioni internazionali. Si è così inaugurata una nuova fase del sistema politico internazionale, caratterizzata dal confronto per determinare, modificare o conservare gli equilibri tra potenze globali. In questo senso, sebbene l’Euro abbia incarnato una conquista di sovranità tale da conferire all’UE uno strumento di controllo economico della mondializzazione, secondo Pascal Boniface 1 - direttore dell’Institut de Relations Internationales et Strategiques - l’Europa pur possedendo tutti i criteri della potenza, non è percepita nel mondo come forza comparabile agli Stati Uniti, perché le manca il solo elemento della potenza militare. Tale considerazione implica che la capacità di un soggetto di autodeterminarsi nella comunità internazionale come individualità giuridico-politica, non può passare solamente dalla credibilità internazionale in termini competitivi del proprio aggregato economico-produttivo, ma necessita anche di un altrettanto efficace strumento diplomatico e di difesa 2 . Questi ultimi, oltre ad essere complementari rispetto ai fini della politica economica europea, risultano connessi reciprocamente tra loro. L’elemento della complementarità si definisce in relazione alla necessità, per l’UE, di tutelare e preservare gli interessi degli Stati membri, che si sostanziano nelle varie politiche soggette a disciplina comunitaria. Tale necessità è crescente qualora gli specifici interessi riguardino questioni di high politics – come ad esempio la politica monetaria – che presuppongono la gestione comunitaria di settori nevralgici per la sovranità statale. Inoltre, dato lo scenario competitivo globale in cui si contestualizzano 1 P. Boniface, “A European power for a multipolar world”, articolo consultabile al sito internet http://www.irisfrance.org/pagefr.php3?fichier=fr/Archives/Tribunes/2001-03-06; 11 febbraio 2005. 2 Cfr. G. Vacca, “Dopo l’Euro, la difesa comune”, Europa Europe, settembre 2000.

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