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Psicologia e cure palliative. Storie famigliari di pazienti neoplastici in fase terminale.

Il nostro contesto di osservazione, l’UOCP dell’ASL 12 di Biella, ci ha permesso di avvicinarci ad una nuovo filosofia, quella delle cure palliative, per cui il paziente è al centro dell’attenzione e deve essere accolto come persona, come individuo unico con una storia irripetibile.
Abbiamo potuto, così, modificare l’idea si ha dell’ospedale: non solo un luogo di sofferenza che spaventa, ma come una struttura che accoglie, quasi una “grande madre” per il paziente, gli operatori e, in un certo senso, anche per noi.
All’interno del dipartimento oncologico, con la collaborazione delle sue diverse unità operative dipartimentali, sono previsti progetti che si propongono di accogliere il malato, al centro dell’interesse della filosofia palliativa, dalla diagnosi di malattia, alla morte e al sostegno del lutto dei famigliari.
A settembre, sempre nell’ottica di porre al centro dell’attenzione il paziente, è prevista l’organizzazione di servizi come il “Patient Service” e i “Gruppi Interdisciplinari Cure” che rappresentano la risposta concreta alla filosofia dell’accoglienza e dell’accudimento.
Il Patient Service è una struttura interdipartimentale, gestita dall’oncologia, che prevede di fornire al paziente tutte le risposte a partire dalle indicazioni riguardanti la diagnosi, il decorso della malattia e i trattamenti, evitando al paziente inutili ed estenuanti ricerche all’interno dell’ospedale.
Il GIC, invece è un gruppo interdisciplinare, un équipe altamente specializzata, composto dall’oncologo, il patologo, lo psicologo e il riabilitatore.
Ogni GIC si specializza su una tipologia di cancro, per tanto ci saranno GIC per tumori intestinali, per localizzazioni epatiche, cerebrali, polmonari e così via.
Si verifica, con queste proposte, un’accoglienza di tipo cognitivo quando vengono fornite le informazioni necessarie per poter combattere o accettare la malattia, ma anche un’accoglienza emotiva perché il malato si sente accompagnato nel suo percorso di malattia e l’intervento diventerà “cucito” su misura su quel paziente, vero protagonista attivo nella gestione della sua malattia.
Anche i volontari svolgono la loro attività di accoglienza in reparto, in day hospital e nell’assistenza domiciliare, seguendo, così, i pazienti con la loro presenza, vicinanza, affetto.
Per quanto riguarda gli operatori, trovano momenti di contenimento già all’interno dell’équipe che permette di confrontare le esperienze umane e professionali e di fornire un sostegno per le assistenze più problematiche.
Un altro momento riguarda la supervisione psicologica in cui si dà più spazio alle problematiche emotive e relazionali che gli operatori sono meno preparati ad affrontare.
Infine per quanto riguarda noi, possiamo dire di esserci sentite accolte sia dall’équipe multidisciplinare che dal gruppo dei pazienti e famigliari.
La prima esperienza ci ha permesso di sentirci accolte, come succede al paziente, più da un punto di vista cognitivo perché abbiamo potuto vedere come opera l’équipe e come vengono assistiti i pazienti secondo la nuova filosofia delle cure palliative.
Nel secondo caso, invece, abbiamo partecipato ad un livello più emotivo e coinvolgente ai racconti di chi è stato colpito, direttamente o indirettamente, da questa terribile malattia.
In questa esperienza siamo venute a contatto con temi molto delicati quali: la morte, la sofferenza, la perdita e il distacco.
Non abbiamo avuto, però, un contatto diretto con queste tematiche perché il nostro ruolo è stato quello di osservatrici, sia alle riunioni d’èquipe che a quelle dei pazienti e famigliari.

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- 83 -83  INTRODUZIONE Nel 1999 siamo venute a conoscenza dell‟esistenza di una nuova filosofia all‟interno del campo medico che inizia ad operare quando “non c‟è più niente da fare” per il tecnico e per la terapia rivolta alla guarigione. Le cure palliative rappresentano un‟attitudine che si traduce in un‟attenzione rivolta prima alla persona, poi alla malattia, consistono in attività rivolte al malato e alla sua famiglia, rispondendo ai loro reali bisogni nell‟ottica di salvaguardare la dignità della persona e la qualità di vita del malato. Uno dei bisogni principali del paziente terminale risulta essere quello di morire nella propria abitazione e circondato dagli affetti più cari; questa necessità di vicinanza e conforto viene soddisfatta pienamente dai programmi domiciliari, garantiti dalle équipes di cure palliative. Questi temi hanno, da subito, suscitato in noi grande interesse perché, pur essendo apparentemente scontate la priorità del malato sulla malattia e la legittimità di voler trascorrere gli ultimi giorni di vita a casa, nella pratica questo non avveniva e si moriva in ospedali soli e nascosti da un paravento. Abbiamo iniziato, così, a documentarci utilizzando sia i principali testi inerenti questo argomento, sia numerose informazioni presenti su internet. Il nostro lavoro si articola in tre parti: la prima di carattere esclusivamente bibliografico, la seconda calata nella realtà biellese e la terza “esperienziale”. La prima parte è suddivisa in tre capitoli: nel primo capitolo, dopo aver definito la filosofia delle cure palliative, compiamo un breve excursus storico del loro sviluppo in Italia e nel mondo. Segue un paragrafo dedicato a coloro che beneficiano delle cure palliative e alcuni studi, in ambito psicologico, compiuti in

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