La tutela penale degli animali: ombre e luci della legge n. 189 del 2004
La scelta di trattare un tema come l’analisi delle principali norme penali di tutela degli animali alla luce di dottrina e, specialmente, giurisprudenza, è frutto dell’incontro fra due passioni: l’amore per “gli altri animali” (anche l’uomo lo è, anche se tende a dimenticarsene, a meno che non si tratti, impropriamente, di stigmatizzare “branchi” e “belve”) e quello per gli studi giuridici, con la conseguente maggior difficoltà, ma anche maggior necessità, di far prevalere il rigore del metodo sulle reazioni emotive che il confrontarsi con una normativa che interviene su quanto ci sta a cuore inevitabilmente suscita. Ciò a maggior ragione quando si affronta una legge di riforma e la si è seguita, seppure dall’esterno, nel suo iter parlamentare e nei travagli - dovuti in particolare al divampare delle polemiche fra le associazioni che a vario titolo si occupano di tutela degli animali - che questo iter hanno accompagnato.
Si pensa di essere riusciti nell’intento e di aver condotto una trattazione puntualmente argomentata dal punto di vista giuridico di quell’evoluzione che ha portato dalla formulazione originaria dell’art. 727 c.p. alla legge 20 luglio 2004 n. 189, e la cui illustrazione può essere un utile punto di partenza per verificare quanto accaduto in questi cinque anni di applicazione della 189. Considerato, infatti, che nel 2006, anno di stesura della tesi, le sentenze di Cassazione erano ancora ben poche e che non ho avuto modo di procurarmi sentenze di merito di prima mano, sarebbe interessante vedere, oltre al grado di effettività raggiunto dalle nuove norme, come la giurisprudenza ha affrontato i nodi più problematici, fra cui la portata del nuovo articolo 19 ter, inserito nelle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, la questione - che neanche la 189 ha risolto- del bene giuridico tutelato, l’atteggiarsi dell’elemento soggettivo in ipotesi ora delittuose per le quali è rilevante solamente il dolo, le difficoltà probatorie del nuovo testo del 727 c.p., laddove richiede, per l’integrazione del reato di detenzione incompatibile con la natura dell’animale, che tale detenzione sia produttiva di gravi sofferenze.
Il lavoro propone inizialmente un panorama della normativa precedente la legge 189/2004, che consiste essenzialmente in due articoli del codice penale, l’art. 638, dove gli animali vengono considerati solo in quanto bene patrimoniale, e, soprattutto, l’art. 727, rubricato “Maltrattamento di animali”.
Particolare attenzione viene posta all’evoluzione dell’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 727 c.p., in quanto parte della giurisprudenza, richiamando in particolare l’aumentata sensibilità nei confronti degli animali maturata nel corso del tempo, inizia ad un certo punto ad incamminarsi sulla strada di un’interpretazione evolutiva dell’art. 727, divenendo un fattore determinante della sua novella ad opera della legge 473/93, che è stata la nuova base utilizzata per giungere a nuove frontiere di tutela, come si può notare specialmente nell’esame della contrastata giurisprudenza in materia venatoria, di cui si è dato conto nel lavoro.
Dall’analisi di pregi e limiti del novellato art. 727 c.p., si passa a quella della legge 189/2004, partendo dai suoi aspetti generali per poi soffermarsi sulle singole fattispecie rilevanti da un punto di vista penale.
Si evidenziano dapprima i tratti positivi, fra cui l’inserimento di quasi tutti i reati contro gli animali tra i delitti, la previsione quale autonoma fattispecie di reato dell’uccisione di animali, nonchè la configurazione delle fattispecie volte a contrastare combattimenti e competizioni clandestine.
Particolare attenzione viene poi riservata agli aspetti negativi della nuova normativa, i più rilevanti dei quali, purtroppo, la investono nel suo complesso, come quelli sopra ricordati dell’oggettività giuridica e dell’art. 19 ter disp. coord. e trans. c.p., che si presta ad essere interpretato come una sorta di depenalizzazione di fatto negli amplissimi settori regolati dalle leggi speciali in materia di animali: per scongiurare tale esito, nel lavoro si suggerisce che, almeno questa parte della norma, anche per i moventi che l’hanno ispirata, non faccia altro che ribadire il principio di non contraddizione, di cui è espressione l’art. 51 c.p..
In ultimo si dà conto di due disegni di legge presentati praticamente all’indomani dell’approvazione della legge 189, caratterizzati dal comune intento di eliminare almeno gli aspetti maggiormente negativi, poi decaduti con la fine della XIV Legislatura e in parte ripresentati in quella successiva.
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Informazioni tesi
Autore: | Fabio Augusto Bubula |
Tipo: | Tesi di Specializzazione/Perfezionamento |
Specializzazione in | Scuola di specializzazione per le Professioni legali |
Anno: | 2006 |
Docente/Relatore: | Natalina Folla |
Istituito da: | Università degli Studi di Padova |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 124 |
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