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Lo sviluppo del bambino nelle istituzioni totali. Fattori di protezione e rischio della co-detenzione da zero a tre anni.

Il soggiorno dei bambini in carcere si è posto al centro di questo lavoro. La limitatezza degli spazi, l'abitudine ai chiavistelli e alle sbarre, la mancanza di aria e luce rappresentano prerogative infelici in carcere. Inoltre, l'immediata rottura dell'unità genitore-figlio-ambiente può arrecare gravi danni al bambino, specialmente se iniziata in età neonatale e protratta per i primi tre anni. Per i bambini che vivono in carcere vi è quindi un altissimo tasso di deprivazione relazionale in una fase decisiva dello sviluppo, e tale deprivazione investe contemporaneamente bambini, madri e contesto sociale di riferimento.

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4 INTRODUZIONE L'ispirazione per questo lavoro è nata dall'esperienza di tirocinio effettuata presso una Casa Famiglia che accoglie, tra le altre, donne detenute in gestazione e/o con bambini di età inferiore ai tre anni, provenienti dal carcere femminile di Rebibbia in Roma, secondo i dettami della legge Finocchiaro del 2001, che sancisce la assoluta necessità di non far soggiornare i bambini nelle Istituzioni Totali. Il mondo carcerario è da sempre considerato il lato oscuro della nostra società, un ambiente sul quale è opportuno non soffermarsi, sicuri come siamo di essere dalla parte della ragione, giudicando la sottrazione della libertà delle persone ree la prima punizione, oltre che un'azione necessaria ai fini rieducativi. Si è iniziato, da non molto, a riflettere su quali possano essere le conseguenze sullo sviluppo fisico e psicologico dei bambini costretti a subire la pena insieme alle loro madri. La letteratura e la ricerca effettuata sull'argomento, se da una parte risulta abbastanza dettagliata relativamente agli effetti della carcerazione sulla popolazione adulta, sembra essere ancora carente nell'analisi dell’esposizione dei bambini molto piccoli al sistema carcerario. Una prima risposta potrebbe rispecchiare il poco interesse in generale per le donne detenute, imputate perlopiù di microcriminalità: furti, ricettazione, corrieri di droga. Delitti che confinano l'universo reo femminile nei ranghi più bassi della delinquenza. Una seconda considerazione potrebbe essere quella che le donne detenute con bambini al seguito sono una realtà esigua: quindi, perché occuparsi di loro quando ci sono problemi con impatti di gran lunga più pesanti sulla nostra società?

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