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Paradisi Fiscali e Rapporti Tributari Internazionali

Negli ultimi anni, nei Paesi in cui la pressione fiscale, in aggiunta alla più recente crisi economica, tendono ad assumere sempre maggiore consistenza, si ha avuto modo di riscontrare un sempre più ampio ricorso a pratiche tendenti all’evasione ed elusione fiscale, la cui attuazione avviene, anche, tramite l’ausilio dei c.d. paradisi fiscali, constatando che il “fascino” delle giurisdizioni offshore non si limita alla sola bassa imposizione fiscale, ma comprende anche, la garanzia dell’anonimato, l’assenza di controlli e di verifiche bancarie, ovvero, il luogo ideale per collocare le proprie attività, e sfuggire ad ogni sorta di onere fiscale.
L'incremento delle transazioni internazionali, l'esponenziale crescita dei gruppi multinazionali, unite alle contemporanee liberalizzazioni finanziarie, hanno di concerto generato nuovi scenari caratterizzanti l'elusione e l'evasione fiscale nei rapporti tributari internazionali, non più riguardanti solamente soggetti economici svolgenti attività di impresa, ma anche persone fisiche che, attraverso opportuni mutamenti di residenza, cercano di collocare la propria sfera giuridico-fiscale in tali luoghi definiti “Tax e Bank Havens”, ovvero, paradisi finanziari, i quali alimentano il dibattito politico economico e sociale, in quanto divenuti fenomeni ad altissima diffusione, sia in un ottica interna che internazionale.
Difatti, risultano numerose le persone fisiche e giuridiche che cercano di occultare in tutto o in parte i propri redditi alle autorità pubbliche (fiscali, finanziarie, giudiziarie, di polizia), senza poi escludere che possa trattarsi, sia di redditi percepiti in maniera lecita, ma con il fine deliberato di sfuggire alle legislazioni fiscali e sociali, limitando l’imposizione fiscale, ma che in altri casi, vi possono essere anche redditi di natura illecita, frutto di traffico d’armi, droga, contrabbando, abuso di beni societari, che tendenzialmente alimentano flussi di capitali, destinati ad incrementare la ramificazione delle criminalità organizzate su scala mondiale.
Di recente, l'attenzione delle amministrazioni fiscali dei paesi più industrializzati si è particolarmente orientata verso lo studio di soluzioni idonee a limitare il ricorso a tali condotte, riguardanti “la fuga” della materia imponibile o del contribuente ma che, tuttavia, vengono ostacolate solo in parte dal proliferare di ricercate normative mirate a limitarne l’effettiva utilizzazione.
Prima della recente crisi economica, i governi nazionali non hanno sempre condotto delle politiche aggressive contro i paradisi fiscali, ma è prevalso un approccio non coordinato che si è basato sul diffondersi di misure unilaterali, intese si a scoraggiarne l’uso, ma che in assenza di una fitta collaborazione internazionale, ha portato ad un relativo controllo sui movimenti dei capitali, con ridotti risultati evidenti.
L’oggetto della presente tesi è quello di analizzare la normativa dettata dal legislatore tributario italiano, per arginare il fenomeno dell'evasione e dell'elusione sia in ambito interno che nei rapporti tributari internazionali, e di valutare se tale normativa risulti idonea a reprimere i comportamenti che il soggetto, persona fisica o giuridica, può porre in atto per sottrarsi dal carico tributario.
Il fenomeno in esame, viene collocato nell'uso dei paradisi fiscali, che nell’analisi delle sue strutture economiche, giuridiche e fiscali, tende a fornire quelle che sono le motivazioni che lo rendono il luogo ideale, in cui affluiscono le più svariate attività economiche e finanziarie, passando anche dall’evoluzione storica, che ha preceduto e posto le basi relative alla forma e costruzione attuale.
Inoltre, risulta di ovvia pertinenza la valutazione e l’analisi della normativa volta al contrasto dei paradisi fiscali, nell’ottica sia internazionale che interna, senza tralasciare quelli che sono i più recenti interventi normativi in materia.

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5 Prefazione Negli ultimi anni, nei Paesi in cui la pressione fiscale, in aggiunta alla più recente crisi economica, tendono ad assumere sempre maggiore consistenza, si ha avuto modo di riscontrare un sempre più ampio ricorso a pratiche tendenti all’evasione ed elusione fiscale, la cui attuazione avviene, anche, tramite l’ausilio dei c.d. paradisi fiscali, constatando che il “fascino” delle giurisdizioni offshore non si limita alla sola bassa imposizione fiscale, ma comprende anche, la garanzia dell’anonimato, l’assenza di controlli e di verifiche bancarie, ovvero, il luogo ideale per collocare le proprie attività, e sfuggire ad ogni sorta di onere fiscale. L'incremento delle transazioni internazionali, l'esponenziale crescita dei gruppi multinazionali, unite alle contemporanee liberalizzazioni finanziarie, hanno di concerto generato nuovi scenari caratterizzanti l'elusione e l'evasione fiscale nei rapporti tributari internazionali, non più riguardanti solamente soggetti economici svolgenti attività di impresa, ma anche persone fisiche che, attraverso opportuni mutamenti di residenza, cercano di collocare la propria sfera giuridico-fiscale in tali luoghi definiti “Tax e Bank Havens”, ovvero, paradisi finanziari, i quali alimentano il dibattito politico economico e sociale, in quanto divenuti fenomeni ad altissima diffusione, sia in un ottica interna che internazionale. Difatti, risultano numerose le persone fisiche e giuridiche che cercano di occultare in tutto o in parte i propri redditi alle autorità pubbliche (fiscali, finanziarie, giudiziarie, di polizia), senza poi escludere che possa trattarsi, sia di redditi percepiti in maniera lecita, ma con il fine deliberato di sfuggire alle legislazioni fiscali e sociali, limitando l’imposizione fiscale, ma che in altri casi, vi possono essere anche redditi di natura illecita, frutto di traffico d’armi, droga, contrabbando, abuso di beni societari, che

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