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Cervantes: poeta del Cielo fra terra e mare

“ La libertà, Sancio, è uno dei più preziosi doni che i cieli abbiano fatto agli uomini; ad essa non si possono paragonare i tesori che la terra racchiude nè che il mare ricopre ..."
Quattrocento anni or sono, giorno più giorno meno, un autore spagnolo fino ad allora sconosciuto, un certo Miguel de Cervantes Saavedra, alla veneranda età di sessantotto anni pubblicò un libro intitolato "El igenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha", destinato a lasciare un segno indelebile nella storia della letteratura spagnola, europea e perfino mondiale. Per quattro secoli l'immortale opera di Cervantes ha animato dibattiti letterari, ispirato testi critici, canzoni, produzioni cinematografiche e spettacoli teatrali, catalizzando l'attenzione del pubblico senza che l'interesse attorno al romanzo si sia attenuato con l'andare del tempo. Le domande che sorgono a una lettura attenta del Quijote sono molte: perchè scrivere la storia di un cavaliere folle che vede la realtà, anche la più materiale, con gli occhi dell'ideale? Che relazione c'è tra i due protagonisti e l'autore? Cosa ha voluto e vuole tuttora dirci Cervantes, al di là dell'intento satirico dell'opera? Questi (e molti altri) quesiti hanno impegnato la critica delle diverse fasi storiche, e ciascuna ha tentato risposte diverse secondo la propria mentalità, la propria cultura e la propria personalità. Per sfuggire alla confusione che la quantità di studi sul Quijote può inizialmente generare, è fondamentale partire dall'opera stessa, affiancando allo studio del testo un'indagine il più possibile accurata della vita dello scrittore e del contesto storico in cui si colloca. Per quanto riguarda questa tesi, le immagini di cielo, terra e mare sono state strumenti di un'analisi che si sviluppa da un livello paradigmatico (contesto storico e culturale) a uno sintagmatico (vita dell'autore) e semantico (interpretazione dell'opera); più semplicemente, a partire dallo studio di alcuni aspetti della realtà dell'epoca, l'elaborato si focalizza sull'autore e sul suo pensiero per arrivare infine ai capitoli di analisi testuale. La tesi si sofferma in particolare sulla libertà, nel tentativo di formulare un giudizio chiaro sulla concezione che Cervantes matura rispetto a un tema così centrale nella sua vita come nella sua opera. Il lavoro è ricco di spunti personali, ma non mancano i confronti con importanti studi e le citazioni di alcuni tra i più importanti critici (come Castro, Unamuno, o Riley), soprattutto riguardo al tema della libertà e alla struttura dei personaggi cervantini. La meta di questo breve viaggio è una lettura della morte del protagonista alla luce dell'esperienza di libertà e di cambiamento che questi vive di pari passo con il suo autore. Una parte consistente dell'elaborato è anche rivolta alla figura di Sancho e al cambiamento cui il personaggio è soggetto nel corso della storia. La tesi accenna anche alla somiglianza tra la concezione cervantina di libertà e quella dantesca , per come emerge dai rispettivi capolavori.
L'isola di Sancio come opportunità terrena, l'esperienza del "volo celeste" su Clavilegno, la conquista dell'ideale da parte dello scudiero, la sconfitta di Don Chisciotte presso il mare, il cielo come fonte di libertà e di giustizia nell'episodio de galeotti, sono alcuni dei frammenti a mio avviso più significativi dell'opera. All'interpretazione di questi stralci del romanzo si aggiunge il commento di alcuni aspetti della biografia di Cervantes, anch'essi necessari per comprendere la concezione cervantina della libertà e fare un po' di luce sulla discussa personalità del geniale mancego.

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4 INTRODUZIONE ¡Cervantes –un paciente hidalgo que escribió un libro–, se halla sentado en los elíseos prados hace tres siglos, y aguarda, repartiendo en derredor melancólicas miradas, a que le nazca un nieto capaz de entenderle! 1 A quattrocento anni di distanza dalla pubblicazione della prima parte del Don Quijote, ho voluto riproporre l’evocativa immagine con cui Ortega y Gasset “immortala” il genio manchego: un paziente hidalgo che siede malinconico in attesa di un “nipote” capace di capirlo. I secoli sono divenuti quattro, ma la situazione non è mutata. Di fronte alle parole del filosofo spagnolo viene spontaneo chiedersi: è davvero possibile che un “nipote” di Cervantes riesca, con una particolare lettura dell’opera, ad esaurirne i significati e a capire l’autore? E ancora: possiamo trovare un punto di partenza condivisibile, che ci aiuti ad addentrarci nella selva di interpretazioni che il romanzo porta con sè? Scrive Castro, rifacendosi a Benedetto Croce 2 : Tiene mucha razón B. Croce al rechazar, como método de investigación literaria, la búsqueda desesperadamente minuciosa de cuanto pudo ver, leer o sentir el artista en torno a sí, como si esas cosas fuesen la materia del arte, cuando la verdadera materia del arte «no son las cosas, sino los sentimientos [yo añadiría «y las ideas»] del poeta, y éstos determinan y explican aquéllas, o sea cómo y por qué razón él se torna a aquellas cosas y no a otras, a aquellas cosas más que a otras» (Ariosto, Shakespeare e Corneille, 1920, página 33). Questa acuta osservazione risponde alla prima domanda; dalle parole di Croce si deduce l’impossibilità di penetrare fino in fondo nell’intimità di Cervantes e della sua opera. Possiamo provarci, ma, come ricorda Miguel de Unamuno 3 , 1 José Ortega y Gasset, Meditaciones del Quijote, Madrid, Revista de Occidente, 1958, p.27. 2 Américo Castro, El pensamiento de Cervantes, Madrid, imprenta de la editoría y casa editorial Hernando, 1925, p.19. 3 Miguel de Unamuno, Vida de Don Quijote y Sancho, Madrid, Renacimiento, 1914, parte II cap. LXIX, p.432.

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Informazioni tesi

  Autore: Gabriele Borghi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2004-05
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Sonia Lucia Bailini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 86

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