'Wisdom of Many and the Wit of One' - Antologia di versi gnomici anglosassoni
Nella tradizione orale germanica i poeti erano soliti includere nelle loro opere alcuni commenti personali riguardo la vita, la morte, e la virtù. L'uomo, infatti, ha sempre sentito il bisogno di codificare un set di regole pratiche sotto forma di parole di saggezza. Solitamente questi ‘wise sayings’ erano utilizzati al fine di presentare la realtà come è o dev'essere. Essi includono spesso und etto sentenzioso, o un gnome, che, secondo alcuni studiosi (Cavill, Gilles, Williams) è “a short, sententious generalization. It may have as its subject natural phenomena or facts, the behaviour of humans, or their duties. It is often found in a single sentence, although it may be expanded into a tiny essay and it may also appear as a phrase or subordinate clause.” In tutte le letterature germaniche antiche, e specialmente nella poesia, possiamo notare l’esistenza di poemi il cui argomento principale non era la saggezza, ma l’epica, Beowulf per esempio, che conteneva alcune massime ‘sententious generalisations’ e proverbs, che riguardano ‘folk wisdom’, o ancor apoemi che trattavano esclusivamente di saggezza. Quest’ultimo tipo di poemi può essere trovato solo nella poesia anglosassone.
Tra questi ho selezionato sei poemi, i quali, a mio parere, sono particolarmente rappresentativi di questo genere e sono tutti inclusi nell’Exeter Book, a parte Maxims II che è nel MS Cotton Tiberius B 1: riguardano Vainglory -contrapposizione tra bene e male, il peccato-; Fortunes of Men -destino, wyrd/God-; Precepts -Padre e figlio-; Gifts of Men -Dio distribuisce i suoi doni tra i suoi figli allo stesso modo-, Maxims I -sotto forma di flusso di coscienza- e II -in cui ogni verso tratta di un argomento diverso-. Gli ho tradotti dall’Antico Inglese in italiano, e dopo averli commentati mi sono concentrata sui punti in comune.
La diffusione di temi nelle letterature germaniche antiche ha coinvolto anche la letteratura anglosassone e, nel caso specifico del mio studio, la poesia sapienziale, che presenta diversi tratti comuni dal punto di vista tematico. La volontà di conferire alle sentenze qualità generiche che le rendano immortali ha spinto i poeti ad adattarle a qualsiasi situazione della vita.
Il concetto di saggezza è attribuito sempre a personaggi descritti in età avanzata che, per la loro esperienza, sono in grado di elargire dei consigli a chi è più giovane di loro. Per questo in Precepts, per esempio, troviamo un padre che parla al proprio figlio e, se da un lato lo mette in guardia contro i comportamenti sbagliati da evitare, dall’altro gli indica la via giusta da seguire. Questo tema è stato utilizzato anche da Shakespeare, in Amleto, I atto, iii scena, quando Polonio impartisce dei consigli al proprio figlio Laerte prima che parta per la Francia. Viene dato grande rilievo, inoltre, alle donne, considerate un pericolo, da cui gli uomini farebbero bene a tenersi lontani. Si dice che in privato la donna debba mantenere i segreti del marito e consigliarlo quando ne avrà bisogno. In quanto moglie deve occuparsi della casa e di suo marito, al suo ritorno, preparargli gli indumenti puliti, il cibo, ed essergli fedele, mentre lui è lontano. In Maxims I, v. 63b, è scritto: “E’ opportuno che una moglie si occupi del proprio cucito”.
Nella poesia sapienziale anglosassone trovano posto anche gli animali, come il cavallo, il falco, il corvo, il cinghiale e l’orso, simboli della forza e della ferocia e i lupi, animali di cui non ci si può fidare: rappresentano per l’uomo la solitudine, la mancanza totale di amici. Il drago (Maxims II, v. 26b-27a), come tradizione vuole, è il custode di un tesoro: Draca sceal on hlæwe, frod, frætwum wlanc. (Il drago deve dimorare in una grotta, vetusto e orgoglioso dei suoi tesori.). In ambito antico nordico, in particolare in un poema chiamato Fafnismál, troviamo la stessa immagine di un drago che custodisce un tesoro, e viene ucciso mentre passa sopra una fossa scavata dall’eroe Sigurð. L’animale che da sempre è stato considerato il simbolo del peccato nella cultura religiosa cristiana, il serpente, viene nominato in Vainglory (v. 56b) e citato come il tormento scelto per chi pecca di orgoglio e arroganza.
Nei poemi anglosassoni possiamo rilevare la moralità cristiana inserita in un sostrato pagano. Il concetto di inalterabilità degli eventi della vita e quello di wyrd come ‘destino’ fanno parte tanto della cultura cristiana quanto di quella pagana, ed è per questo che è stato possibile adattare l’originale significato pagano ai valori cristiani. In Maxims II, vv. 61b-63a, leggiamo: Il destino di ciascuno è oscuro e nascosto; solo Dio sa.
Un tema presente e assai diffuso nella poesia sapienziale anglosassone è quello dell’amicizia: si dice, infatti, che un uomo debba procurarsi un amico in ogni strada e che, spesso, un uomo evita una città, poiché sa che lì non troverà un amico.
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Informazioni tesi
Autore: | Silvia Baita |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2001-02 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Mariella Ruggerini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 150 |
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