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''Misunderstanding all you see''. Il fantastico nelle canzoni e nei film dei Beatles

Lo scopo del lavoro è di mettere in evidenza i principali temi del genere fantastico all’interno delle canzoni e dei film dei Beatles. Nello specifico, nel primo capitolo mi sono focalizzata solamente sulle canzoni scritte da Lennon e McCartney – facendo, però, un breve accenno a My Mummy’s Dead, Mother e Love, realizzate da John dopo lo scioglimento –, suddivise in tre gruppi a seconda del contenuto: la dimensione ultraterrena (Let It Be, She Said She Said, Julia); il tema del ricordo (Strawberry Fields Forever, Penny Lane, Across the Universe, In My Life, The Long and Winding Road); la dimensione onirica (Golden Slumbers, Good Night, Cry Baby Cry, Everybody’s Got Something to Hide Except Me and My Monkey, Tomorrow Never Knows, I’m Only Sleeping). Questi brani sono stati analizzati sia dal punto di vista testuale che melodico, e dallo studio è risultato che i due artisti elaborano in modo differente le tematiche sopraelencate, avendo John e Paul due tipi di scrittura e due atteggiamenti opposti ma complementari. Nel secondo capitolo, invece, ho esaminato alcune scene tratte dai film Magical Mystery Tour e Yellow Submarine, facendo particolare attenzione alle tecniche cinematografiche utilizzate e ai dialoghi. Anche in questo caso le scene e le canzoni contenute nella colonna sonora dei due lungometraggi sono state raggruppate per temi: il sogno (Eleanor Rigby, The Fool on the Hill); l’infanzia (All You Need Is Love, All Together Now, I Am the Walrus, Lucy in the Sky with Diamonds); il doppio (album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band). Da questo lavoro si evince che durante la loro attività i Beatles hanno fatto largo uso di tecniche cinematografiche ed effetti sonori che possono essere considerati fantastici, siccome concorrono a creare un’atmosfera soprannaturale, stimolando la fantasia del fruitore.

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1 Introduzione Prima di entrare nel vivo dell’analisi del fantastico in relazione alle canzoni e ai film dei Beatles, occorre fare una breve ma doverosa premessa per chiarire quale sia il rapporto tra musica e letteratura. L’assegnazione del premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan nel 2016 ha alimentato la già accesa discussione sul valore letterario dei brani musicali. La canzone è stata a lungo considerata un prodotto minoritario, dimenticando che affonda le proprie radici nell’antichità – più precisamente, nella poesia lirica. Come afferma Umberto Fiori riportando un’argomentazione dei sostenitori della natura colta della canzone, questo genere è “una forma meno elitaria ma più nobile […] della poesia” 1 . Infatti, già presso le corti medievali francesi tra l’XI e il XIII secolo, i trovatori e i trovieri cantavano poemi accompagnandosi con strumenti musicali quali arpa, viella o liuto. I primi, nell’area provenzale, prediligevano liriche d’amor cortese in lingua d’oc, mentre i secondi, nella Francia settentrionale, tramandavano chansons de geste in lingua d’oil, ossia poemi incentrati sulle imprese dei cavalieri. Degno dell’ambiente in cui si esibivano, lo stile dei trovatori e trovieri era elaborato e colto, alle volte enigmatico (trobar clus) oppure più comprensibile (trobar leu). Talvolta, come nel caso di Guglielmo IX duca d’Aquitania e Alfonso II d’Aragona, erano gli stessi sovrani a produrre poesie liriche 2 . Inoltre, alcuni trovatori eseguivano personalmente i loro componimenti, proprio come i cantautori moderni: basti pensare a Cercamon, Marcabru, Alegret e Guiraut de Calanso 3 . Ciò nonostante, queste ultime sembrano essere per lo più eccezioni, in quanto sono giunte a noi testimonianze di autori provenzali, come ad esempio Guiraut de Borneil 4 , i quali erano soliti ingaggiare giullari o strumentisti per l’interpretazione dei brani. Sul modello provenzale, nei paesi di lingua tedesca nel XII secolo i Minnesänger iniziarono a produrre liriche di argomento amoroso, eseguite anch’esse a corte. L’usanza delle performance con accompagnamento musicale davanti a un sovrano era già popolare nell’Alto Medioevo. Nel II capitolo del poema epico Beowulf, infatti, viene descritto un banchetto presso la corte anglo-danese Heorot, in cui “There was the music of the harp, / 1 Umberto Fiori, “In un supremo anelito. L’idea di poesia nella canzone italiana” in Umberto Fiori, Scrivere con la voce. Canzone, Rock e Poesia, Milano, Edizioni Unicopli, 2003, p. 31. 2 Ruth Harvey, “Courtly culture in medieval Occitania” in Simon Gaunt, Sarah Kay (eds.), The Troubadours. An Introduction, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, p. 16. 3 Joseph Harris, Karl Reichl, “Performance and Performers” in Karl Reichl (eds.), Medieval Oral Tradition, Berlino, De Gruyter, 2012, p. 180. 4 U. Fiori, “In un supremo anelito”, cit., p. 31.

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letteratura
cinema
musica
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beatles
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paul mccartney
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