Doppia appartenenza. La narrativa di Jadelin Mabiala Gangbo
La letteratura italiana della migrazione è un fenomeno recente di cui colpisce la rapidità e la dimensione del suo sviluppo, passando nell’arco di due decadi da una prima fase autobiografica di testimonianza dell’esperienza della migrazione, a una seconda fase più autoriale in cui queste voci esprimono la volontà di integrarsi nel canone occidentale. Alcuni di questi nuovi scrittori italiani sono già entrati in quella che si potrebbe definire una terza fase, dove l’esperienza della dislocazione e dell’identità ibrida è espressa in una letteratura che sovverte il canone e trasforma la lingua e la letteratura italiana dal suo interno. Si potrebbe azzardare a collocare Jadelin Mabiala Gangbo in questa terza fase. Gangbo rifiuta l’etichetta di scrittore migrante. Pur rivendicando un’accezione positiva al termine “migrante” l’autore ha sempre sottolineato come la sua scrittura non sia condizionata dal suo essere di origine straniera, ma sia legata alla sua identità di singolo che sta attraversando un percorso umano e culturale, di ricerca di un’identità dove trova spazio anche la cultura d’origine. Categorizzazioni ed etichette letterarie vengono decisamente rifiutate dall’autore in quanto ostacolano la via dell’integrazione e favoriscono la separazione, la creazione di microcosmi separati mentre ci si allontana dall’idea di uno sguardo globale su un’Europa sempre più multietnica, fatta di volti nuovi e in continua evoluzione. Gangbo si differenzia dagli altri autori immigrati per la sua condizione di immigrato nel proprio paese, causata dalla mancanza di un legame con la cultura africana dalla quale proviene, ma che a causa del colore della pelle è escluso dall’élite culturale italiana, costringendolo alla condizione di outsider. Da questa condizione giovanile di incertezza l’autore è in grado di derivare un enorme potenziale creativo. Un’altra caratteristica che lo contraddistingue dagli altri scrittori italofoni è l’uso del linguaggio, l’abilità di abitare la lingua italiana dall’interno e la capacità di trasformarla, creando un suo particolare suono e stile. Nel suo lavoro Gangbo dimostra come la migrazione non sia solo una questione geografica di dislocazione, di spostamento fisico, ma è una condizione mentale, che abita l’individuo e lo spinge alla ricerca del sé. Lo straniamento e l’alienazione che Gangbo ha provato sulla sua pelle, segnano le sue storie e la sua abilità stilistica, e diventano il principale motore della creatività letteraria. Il giovane e eclettico autore congolese esprime le problematiche di una nuova generazione di italiani, esplora in un modo nuovo per la letteratura italiana la condizione di ibrido, alienazione e la schizofrenia della frammentazione culturale che egli stesso ha provato in prima persona. I suoi testi sono dunque segnati dalla duplicità, e presentano chiari riferimenti alla tematica del doppio. Il genere più appropriato per lo sviluppo delle questioni legate all’identità è il romanzo di formazione, con la rappresentazione di due giovani personaggi, spesso fratelli, che rappresentano due diverse possibilità di sviluppo dell’identità. Una tematica che è stata spesso espressa attraverso la coppia di gemelli, di cui esistono numerosi esempi in letteratura dall’antichità ai giorni nostri. Gangbo si ricollega quindi a un tema di antichissima tradizione, arricchendolo di significati personali e elementi autobiografici, in quanto anch’egli ha un fratello gemello. In Due Volte vengono delineate nuove identità, segnate dal tema della duplicità, come mostrano le contraddizioni e lacerazioni che attraversano la mente di Daniel. Il processo di formazione dei due gemelli protagonisti è ostacolato da una collocazione marginale, l’istituto, che rende necessario far ricorso alle risorse originarie, alla musica reggae e alla religione rastafari, alle quali aggrapparsi, per tentare una fuga dalla realtà. Il Doppio, quindi, e la condizione di esser “nel mezzo”, diventano le sole configurazioni possibili di identità complesse, segnate dalla difficoltà di far convivere provenienze diverse, e diverse culture, per le quali la collocazione nel canone postcoloniale non sembra più soddisfare, ma che vanno a delineare quella che Bhabha definisce una “letteratura del Terzo Spazio”.
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Draghetti |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere Moderne |
Corso: | Letterature Moderne, Comparate e Postcoloniali |
Relatore: | Fulvio Pezzarossa |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 183 |
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