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INTRODUZIONE
Durante gli ultimi vent'anni l’Italia è stata interessata da un costante e
crescente flusso migratorio: centinaia di migliaia d’individui provenienti
soprattutto dalle aree più povere ed emarginate del mondo sono giunte sul
territorio nazionale alla ricerca di migliori condizioni di vita. Dai primi anni
Novanta, alcune di queste persone hanno voluto portare la loro presenza e la
loro esperienza di migrazione all’attenzione della cultura e della società
italiana. Per fare questo hanno scelto di usare il canale della scrittura e gli
strumenti della letteratura, creando una particolare forma d’interazione tra la
lingua italiana e il bisogno di raccontare la realtà dell’immigrazione. In un
breve periodo, tra il 1990 e il 1995, vengono pubblicati una serie di testi
tutti scritti a quattro o più mani, cioè frutto della collaborazione tra un
autore straniero e un coautore/curatore/traduttore italiano; e tutti più o meno
accomunati da un sostanziale autobiografismo e dalle medesime tematiche
di denuncia della precaria condizione di vita degli immigrati. Questi testi
rappresentano i primi esempi di quella che è stata definita come una
letteratura nascente al cui interno si comprende un materiale assai vasto e
soprattutto estremamente eterogeneo, vivo, a volte difficilmente
classificabile e attraversato da un costante flusso di mutamento. L’Italia è
stata nell’ultimo secolo terra di grandi spostamenti migratori, sia interni al
territorio nazionale sia diretti verso paesi stranieri, che ebbero come
protagonisti i suoi stessi cittadini e che determinarono un profondo
mutamento nell’assetto sociale della nazione. Nonostante però il nostro
passato prossimo, strettamente collegato a esperienze di emigrazione, i
massicci flussi immigratori durante l’ultimo ventennio del Novecento sono
stati colti dall’opinione pubblica con un sentimento di diffusa diffidenza. Il
processo di piena integrazione nella realtà sociale e produttiva di questi
gruppi di nuovi cittadini è stato e continua ancora a essere difficile e
limitato. Sicuramente il desiderio di denuncia da parte degli immigrati della
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propria condizione di emarginazione e la rivendicazione di un ruolo più
attivo all’interno della comunità civile hanno contribuito alla creazione e
all’“emergenza” di una nuova dimensione culturale, specificamente
letteraria, grazie alla quale poter finalmente dare espressione alla propria
voce. La lingua italiana si è posta come primo ostacolo da superare sul
percorso d’integrazione; difficoltà rispetto alla quale la collaborazione a più
mani e a più livelli, tra stranieri e italiani dalla quale sono nate le prime
opere figlie di una nuova dimensione letteraria, è sembrata la soluzione più
immediata e significativa. Con il passare degli anni, grazie ad una sempre
maggiore consapevolezza linguistica e civile, i migranti hanno iniziato a
scrivere in maniera autonoma. Progressivamente i loro testi venuti in
contatto con il panorama culturale italiano, sono diventati l’anima di
concorsi letterari, hanno trovato in piccole ma attive case editrici una sicura
via di pubblicazione e diffusione.
Come ha giustamente notato Yousef Wakkas, scrittore di origine siriana,
l'incontro è stato sempre l'origine di tutte le civiltà. Ed è in questa idea di
spazio condiviso, di incontro, piuttosto che di scontro, che va riconosciuto il
potenziale per la creazione di un immaginario che tenga conto delle
trasformazioni in atto nella società italiana. La scrittura migrante in Italia
non solo si sta lentamente ma inesorabilmente scavando uno spazio proprio
all'interno della narrativa contemporanea, ma fornisce alla narrativa italiana
una vitalità tutta nuova, riconoscibile nell'uso altamente creativo del testo
letterario e della lingua italiana. La scrittura migrante oggi offre delle opere
con cui gli scrittori, non solo riescono a rispondere, talk back, come
suggerisce Graziella Parati, all'artificiale nozione di omogeneità della
cultura italiana, ma vanno al di là della parola, cioè si allontanano
dall'aspetto più circostanziale dell'esperienza migrante, pur continuando ad
abitarla, per investire la narrativa italiana di nuovi spunti interessanti.
L’opinione pubblica italiana ha quindi da sempre affrontato la
migrazione con un approccio emergenziale, concentrando l’attenzione sulle
nuove ondate migratorie che di volta in volta si sono susseguite, senza
prestare attenzione all’insediamento di comunità durevoli.
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Il fenomeno della migrazione, infatti, non si esaurisce con la prima
generazione di migranti, ma ha ripercussione sui loro figli, anche se con
modalità differenti. L’Italia si trova oggi ad affrontare, con notevole ritardo
rispetto agli altri paesi europei, il fenomeno delle seconde generazioni,
ovvero i giovani con almeno un genitore straniero, nati in Italia o giuntivi in
giovane età, e che hanno affrontato almeno gran parte del percorso
scolastico nel nostro paese.
Il presente lavoro vuole proporre una panoramica su quella che é la
letteratura italiana della migrazione a ormai vent’anni dalla sua nascita,
sottolineando come vi sia stato un processo di evoluzione sia a livello
tematico che linguistico, assieme all’analisi di un autore che si distingue in
questo panorama per originalità creativa e capacità letteraria.
Il primo capitolo si suddivide in due parti: la prima parte offre una
panoramica (che non ha pretesa di essere esaustiva) del fenomeno della
migrazione con il supporto di alcuni dati di ordine statistico, legislativo e
sociologico relativi alla realtà e alle peculiarità del fenomeno immigratorio
in Italia. Accanto al quadro sociologico questa prima parte delinea la storia
recente della letteratura italiana della migrazione. La seconda parte del
primo capitolo è focalizzata a inquadrare e definire il fenomeno delle
seconde generazioni in Italia, il cui studio è stato introdotto solo
recentemente, e per questo ci si avvale in alcuni casi del confronto con altri
paesi europei. Vengono pertanto delineati i paradigmi interpretativi delle
scienze sociali sui processi d’integrazione delle seconde generazioni,
ponendo l’accento sulle questioni cruciali per la definizione identitaria,
come la religione e la cittadinanza, senza dimenticare l’istituzione che segna
il destino sociale di questi giovani, ovvero la scuola, terreno d’incontro con
l’altro e la società d’accoglienza. I figli di migranti sono portatori nella loro
individualità di tensioni e contraddizioni che altri paesi hanno già affrontato,
e che possono avere un riflesso imprevedibile sul piano della creatività
letteraria, introducendo temi come il difficoltoso inserimento nella società
d’accoglienza, sentimenti ambivalenti nei confronti della patria d’origine,
tra nostalgia per un paese a volte mai conosciuto e doloroso distacco dal
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passato, dove comunque è sempre centrale la questione identitaria,
contraddittoria e complessa. Pertanto, accanto al quadro sociologico, sono
portati alcuni esempi di testi letterari di seconda generazione per definirne
caratteristiche e tematiche. L’emergere di nuove voci letterarie appartenenti
alle seconde generazioni ha contribuito a segnare una nuova fase della
letteratura italiana della migrazione, anche se questi scrittori rifiutano
categoricamente ogni forma di etichetta o relegazione in una categoria, e,
oltre ad affrontare la scrittura come pratica professionale, ambiscono ad
essere riconosciuti appieno nel canone letterario italiano.
Il secondo capitolo offre il ritratto di uno scrittore di seconda
generazione, Jadelin Mabiala Gangbo, di origine congolese, da me scelto
poiché cresciuto a Bologna e legato al territorio bolognese che fa da sfondo
ai suoi scritti, ed anche perché si discosta dagli altri autori italofoni per
alcune sue peculiarità che ne distinguono la produzione letteraria. Gangbo è,
infatti, immigrato nel suo stesso paese e privo di legami con la terra
d’origine, e questa particolare condizione di mancanza di riferimenti della
propria cultura e delle proprie radici, gli ha permesso di sviluppare uno
sguardo privilegiato, esterno, che dà origine a personaggi letterari sdoppiati,
contraddittori, trame frammentate e doppie focalizzazioni. Ciò che mi ha
colpito di questo autore, inoltre, è il fatto di essere uno scrittore autodidatta,
senza una solida formazione accademica o letteraria, in grado però di
appropriarsi della letteratura del passato, dimostrando di conoscere la
tradizione, e di porsi in alcuni casi in continuità con essa, in altri in
opposizione. Il secondo capitolo si concentra sulla biografia di questo
autore, e offre una panoramica della sua produzione letteraria, a partire dai
primi racconti pubblicati per i concorsi letterari, fino alla pubblicazione di
due romanzi, che mostrano solo alcune delle molteplici sfaccettature di
questo giovane scrittore, ma in particolare la straordinaria creatività e la
forza di rinnovamento linguistico.
Il terzo capitolo è interamente dedicato al terzo e ultimo (almeno per il
momento) romanzo di Gangbo, Due Volte, pubblicato nel 2009, che ha
riscosso un discreto successo di critica e pubblico al momento della sua
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pubblicazione, per poi essere velocemente dimenticato. Con Due Volte,
Gangbo esprime appieno la tematica della duplicità che fa da filo conduttore
a tutta la sua produzione letteraria, che si concretizza nella creazione di due
protagonisti gemelli, due bambini originari del Benin e delle loro avventure
all’interno dell’istituto di suore al quale sono affidati. Vengono pertanto
analizzati stile e temi del romanzo, che, scritto dal punto di vista di un
bambino di dieci anni, suscita commozione per le vicende narrate, riso, e
riflessioni per le tematiche riportate. In particolare, il terzo capitolo vuole
mostrare la capacità di Gangbo di ricollegarsi a un tema di antichissima
tradizione, come quello del doppio, soprattutto nella sua diramazione nel
tema della gemellarità.
Un particolare ringraziamento va alla mia famiglia, per i preziosi consigli
e il supporto morale durante la stesura del presente lavoro, e ad Alejandra,
figlia di seconda generazione forte delle sue radici che nascono in Cile, per
la sua amicizia e i racconti della sua esperienza diretta.
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1. L'IMMIGRAZIONE IN ITALIA: REALTA' E
RAPPRESENTAZIONI
1.1 Il fenomeno migratorio in Italia
L'immigrazione in Italia è relativamente recente, e ha cominciato a
raggiungere dimensioni significative all'incirca nei primi anni Ottanta per
poi diventare un fenomeno caratterizzante della demografia italiana nei
primi anni del XXI secolo. L'Italia è diventata una delle tappe fondamentali
della migrazione del terzo millennio.
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La forma lunga, affusolata della
penisola bagnata per l'80% dal mare, l’ha trasformata in una delle zone di
transito più percorse dai migranti, in una sorta di ponte verso l'Europa e
anche verso l'America. L’Italia vede dunque il transito e l’insediamento di
una miriade di flussi migratori da circa un trentennio e registra un tasso di
crescita della popolazione straniera tra i più alti d’Europa, ciò nonostante si
continua a parlare d’immigrazione in termini emergenziali, come se ancora
oggi fosse un fenomeno imprevisto e straordinario. L’attenzione
dell’opinione pubblica al tema dell’immigrazione contribuisce a rafforzare
questo approccio emergenziale, alternando fasi in cui l’attenzione sulla
questione è molto alta, ad altre in cui gli stranieri vengono relegati ai
margini dell’interesse sin quasi a dimenticarsene. Questa instabilità riflette il
conflitto politico sull’immigrazione, più che delle tendenze del fenomeno.
Pertanto, il dibattito pubblico si è finora concentrato sui temi relativi al
controllo dei flussi e alla regolarizzazione degli ingressi, senza prendere in
esame la questione della collocazione sociale ed economica degli stranieri
già presenti sul territorio, questioni utili da porsi per la definizione di
efficaci politiche migratorie.
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1
<www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/inddemo/20110124_00/testointegrale2
0110124 .pdf>
2
G. SCIORTINO – A. COLOMBO, Introduzione, in Un'immigrazione normale, a cura di G.
Sciortino e A. Colombo, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 7–21.
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È importante ricordare anche che il nostro paese, per gran parte della sua
storia, è stato un paese di emigrazione, sia interna che esterna, quando
milioni d’italiani popolavano il nord industrializzato, l’Australia e
l’America e contribuivano alla crescita economica di paesi europei come la
Francia, il Belgio, la Svizzera e la Germania. L’emigrazione italiana fa
dunque parte del suo passato recente, che ha visto susseguirsi tre ondate: la
prima, iniziata alla fine dell’Ottocento, ebbe il suo acme alla vigilia del
primo conflitto mondiale, quando nel solo 1913 ben 850.000 nostri
connazionali lasciarono l’Italia per raggiungere soprattutto la Germania, gli
Stati Uniti d’America e il continente sudamericano. È la “grande
emigrazione”, un esodo di vaste proporzioni, durante l’arco del quale più di
nove milioni di connazionali lasciarono il paese. Durante la seconda ondata,
che ebbe luogo tra 1920 e 1930 in piena era fascista, quasi come una sorta di
reazione alla politica del regime di Mussolini contrario alle dinamiche
migratorie, il numero assoluto di coloro che abbandonarono il nostro paese
tese a diminuire e le destinazioni europee a prevalere su quelle
transoceaniche. La terza, in atto dopo la fine del secondo conflitto mondiale,
comprende flussi destinati sia verso mete europee sia extraeuropee.
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A tutto
ciò si deve aggiungere il fenomeno di emigrazione interna, che interessò un
ventennio tra gli anni Cinquanta e Settanta, caratterizzato dallo spostamento
di ingenti masse di lavoratori dalle province più povere e rurali del
Mezzogiorno verso il ricco Nord, in particolare verso il triangolo industriale
formato dalle province di Genova, Milano e Torino. È altresì interessante
ricordare come, mentre durante il ventennio 1950 ˗ 1970 erano soprattutto i
cittadini maschi a lasciare la propria terra d’origine, ora le donne
rappresentano ormai quasi la metà di coloro che emigrano.
Negli ultimi vent'anni l’Italia si è trasformata da paese di emigrazione a
paese di immigrazione: centinaia di migliaia d’individui provenienti
soprattutto dalle aree più povere ed emarginate del mondo sono giunti sul
territorio nazionale alla ricerca di migliori condizioni di vita. Ciò che
3
Storia dell’emigrazione italiana. Partenze, a cura di P. Bevilacqua, A. De Clementi, E.
Franzina, Roma, Donizzelli, 2001.