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Scritto e parlato per una nuova riabilitazione del dialetto salentino

Non è un segreto né servono particolari competenze linguistiche o analitiche per essere a conoscenza del fatto che il dialetto non abbia più lo stesso vigore che aveva un tempo: il numero dei dialetto-parlanti diventa sempre più esiguo, molte parole dialettali sono irrimediabilmente scomparse o scompariranno presto, non esiste una codificazione ufficiale ed universalmente riconosciuta di queste lingue e la loro sopravvivenza è affidata completamente alla trasmissione orale che viene man mano sacrificata per lasciare spazio all’italiano, lingua unitaria, codificata e percepita come varietà di maggior prestigio.
Qualcuno, osservando i dati, aveva previsto la morte del dialetto nei prossimi tre secoli al massimo, ma è una previsione che non avrebbe potuto tenere conto di quello che sarebbe accaduto realmente negli anni successivi: negli ultimi decenni l’abbandono del dialetto ha subìto un rallentamento o, perlomeno, si è notato un assestamento della situazione di bilinguismo di molti parlanti che utilizzano, quindi, sia l’italiano che il dialetto nei loro scambi.
Da un certo punto in poi, lo stigma che relegava il dialetto a lingua di cui vergognarsi pare essersi attenuato, dando a questa lingua la possibilità di riacquistare dignità, di riconquistare contesti d’uso vecchi e persino di conquistarne di nuovi, ed i protagonisti di questo recupero sono sorprendentemente le generazioni più giovani.
Molti dialetti, come il napoletano ed il romanesco, hanno risalito la china in modo più precoce e rapido nei più svariati contesti d’uso, altri hanno dovuto attendere tempi più propizi per riaffacciarsi timidamente in superficie e cercare di tornare in auge: uno di questi ultimi è il salentino, dapprima a malapena considerato, confuso col vicino pugliese, adesso quasi un vezzo per chi lo parla.
Protagonista di questo lavoro è proprio il dialetto salentino, nella fattispecie l’osservazione di come il processo di riabilitazione del dialetto a cui si è accennato poc’anzi si sia tradotto nell’uso di questa lingua: partendo dal chiarire quali siano le differenze sostanziali fra lingua e dialetto ed il rapporto che hanno avuto dall’Unità d’Italia fino ai giorni nostri, si è poi stretto il focus del discorso sul salentino riassumendone a grandi linee la storia ed elencandone alcune caratteristiche linguistiche per conoscerlo meglio; infine, per entrare nel punto cardine della tesi, si è introdotto il fenomeno generale di quella che si può riassuntivamente definire una neodialettalità per poi rientrare nell’ambito del dialetto salentino attraverso l’analisi di un’indagine svolta su un campione di 106 persone riguardo l’uso dello stesso dialetto e, infine, si è concretizzato il discorso sulla riabilitazione di questa lingua analizzandola in contesti d’uso quali il parlato (comunicazione orale e musica), il cinema e lo scritto (comunicazione informale scritta e narrativa) grazie ad alcuni esempi concreti in cui si verifica il fenomeno.

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14 1.2- Tappe diacroniche rapporto tra italiano e dialetto dall’ Unità d’Italia ad oggi Come abbiamo già detto precedentemente, il processo di diffusione dell’italiano a livello nazionale è stato un processo estremamente lento e disomogeneo: la vera lingua usata da tutti per la comunicazione orale continuava ad essere il dialetto e l’italiano era alla stregua di una lingua straniera. Una notevole accelerata si è avuta a partire dal 1861, anno di unificazione politica dell’Italia. Va da sé che dalla questione della lingua al 1861 molte cose siano successe: ci sono state figure illustri che hanno dato il loro contributo alla faccenda, altre edizioni del Vocabolario della Crusca, correnti che hanno appoggiato la scelta dell’italiano standard nel corso degli anni ed altre che l’hanno rifiutato, ma includere questo lasso temporale in questa sede significherebbe rendere il tutto molto dispersivo e perdere il focus della tesi, per cui ci soffermeremo su quello che di rilevante è accaduto, giustappunto, dopo l’unificazione nazionale. Una figura che ha fatto sentire la sua voce sulla questione linguistica è stato Alessandro Manzoni: lui stesso, in una lettera del 1806, aveva definito l’italiano una lingua morta dal momento che solo il 2,5% della popolazione la conosceva (secondo Tullio De Mauro). Nel 1868 scrisse la Relazione sull’unità della lingua e i mezzi per diffonderla - che inviò all’allora ministro della Pubblica Istruzione - in cui indicava le strategie necessarie perché il fiorentino vivo si diffondesse al posto

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Informazioni tesi

  Autore: Mariangela Gallo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università Telematica "E-Campus"
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Marco Giola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

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