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La manutenzione programmata sul sito archeologico di San Vincenzo al Volturno: Analisi e indagini preliminari sulla cappella di Santa Restituta

L’esigenza conservativa come esigenza determinante pone il problema di compatibilità tra necessità conservativa e spazialità autonoma dell’opera e del suo godimento; la risposta viene data dal fatto che per talune vitali alterazioni gli interventi preventivi, come sottolinea Brandi: “potranno rivelarsi anche contrari in parte alle esigenze che all’opera d’arte si riconoscono in quanto opera d’arte; e cioè l’opera d’arte, in quanto costa di una certa materia o di un certo coacervo di materie, può avere rispetto alla sua conservazione esigenze contrarie o comunque limitative rispetto a quelle che le si riconoscono per il suo godimento come opera d’arte”. Ponendosi la conservazione come un vero e proprio “imperativo morale”, possono in effetti darsi casi in cui l’esigenza conservativa debba prevalere su quella estetica. Dal momento che tutto ciò che è in condizione di rudere non è in alcun modo conservabile in maniera diretta, e cioè facendo conto solo sul consolidamento dello stato di fatto, e dal momento che lo spazio della nostra vita non ha ormai più nulla a che vedere con lo spazio-ambiente relativamente inalterato, in cui questi ruderi furono sino al nostro tempo, il restauro preventivo è l’intervento indiretto oggi necessario e può consistere in un radicale mutamento dell’attuale spazio ambiente ultra-degradato. L’intervento preventivo può consistere nel creare attorno al rudere un involucro che lo ponga in condizioni ambientali controllate e, attraverso un controllo climatico costante, porre un piano di accertamento periodico di operazioni da effettuare sul manufatto.

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2 Premessa La definizione di manutenzione programmata John Ruskin e William Morris, già nella seconda metà del 1800, proponevano la manutenzione al posto degli interventi di restauro, molto più complessi e invasivi e considerati come la conseguenza rovinosa di una cattiva manutenzione. In questo senso ci colpisce la citazione di Ruskin “Prendetevi cura dei vostri monumenti e non ci sarà bisogno di restaurarli”. 1 Questa felice intuizione, spesso è ripresa ma ancor più spesso è disattesa, perché, proprio con una manutenzione ordinaria e programmata, è possibile salvare “il monumento” e quindi limitarne il deterioramento e gli interventi di restauro. Spesso il problema della relazione fra l’uomo e le testimonianze materiali del suo passato è stato oggetto di discussione e di pensiero, si è cercato di stabilire delle norme e di codificare pratiche che permettessero di intervenire sul patrimonio ereditato, ad esempio, nell’architettura, la possibilità di un eventuale riutilizzo delle strutture antiche, nel quadro di un progetto architettonico o urbanistico, era il solo criterio considerato valido per scegliere fra la conservazione o l’abbandono. Invece l’attenzione nei confronti di strutture che avessero perso la loro funzione o che fossero danneggiate al punto da non poterne assumere una nuova, divenivano rovine e ruderi restando solamente mere o romantiche tracce di un passato appena noto. Cesare Brandi nella “Teoria del restauro”, definisce come “rovine”, tutto ciò che non può essere riportato alla sua elaborazione formale 1 The Stones of Venice (1853) - in it. Le pietre di Venezia, JOHN RUSKIN rivisita lo splendore artistico della civiltà veneziana in contrapposizione con la decadenza culturale, civile e artistica della modernità

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Informazioni tesi

  Autore: Marcello Mottola
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
  Facoltà: Lettere
  Corso: Diagnostica e Restauro (operatore dei Beni Culturali)
  Relatore: Sassetti Carlo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 105

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Parole chiave

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