La censura libraria nei secoli XVII e XVIII
La censura libraria ha rappresentato, nei secoli, lo strumento fondamentale attraverso cui è stato esercitato il controllo sul libero pensare, al fine di creare consenso e di sopprimere le idee contrarie all’"Auctoritas". In base alla funzione assunta, agli ambiti sui quali intervenne, alla forza con la quale si esplicò la censura rispecchiò fedelmente ogni potere politico registrandone il susseguirsi dei suoi indispensabili assestamenti. Il presente lavoro si propone appunto di ricostruire le vicende della censura libraria a Napoli in relazione alle diverse dominazioni susseguitesi nel Regno nei secoli XVII e XVIII, e di mettere in evidenza i non facili rapporti tra Stato e Chiesa ed i numerosi contrasti giurisdizionali che caratterizzarono la gestione del controllo censorio.Tale controllo finì con l’assumere a Napoli una particolare rilevanza politica: esso rientrò, infatti, nella più vasta questione della gestione del potere nel Regno di Napoli, gestione che fu alla base dell’aspro conflitto che vide contrapporsi Stato e Chiesa, nella cui rispettiva azione la censura divenne uno strumento attraverso cui poter affermare le proprie prerogative. Assicurandosi la supremazia censoria, la Chiesa poteva garantirsi da un lato la difesa dei dogmi cattolici dalle moderne dottrine dei novatores e la stabilità dello stesso istituto ecclesiastico legata in parte al consenso e all’influenza che il cattolicesimo esercitava sulle masse popolari.Il potere politico considerò lo strumento censorio un mezzo per garantire la stabilità e l’affermazione dello Stato e soprattutto la sua indipendenza dalle ingerenze della Chiesa che, nel Regno di Napoli, godeva di ampie prerogative. La lunga contesa da qui scaturita tra Stato e Chiesa, iniziata sul finire del XVI secolo, si protrasse lungo tutto l’arco dei secoli XVII e XVIII periodo del quale saranno presi in esame gli innumerevoli editti, prammatiche, provvedimenti sia statali che ecclesiastici, unitamente ai tentativi, seppur fallimentari, di accordo tra Stato e Chiesa che caratterizzarono il XVIII secolo; dal Sinodo del 1726 alla firma del Concordato nel 1741, fino alla prevalenza del potere Statale che fece della censura uno strumento volto a orientare le opinioni e a ottenere il consenso evidenziando, nel contempo, che la prevalenza statale non implicò lo sviluppo del settore librario. Le norme regie mirarono a instaurare su questo un sempre maggiore controllo, che raggiunse il suo apice nel periodo rivoluzionario. Lo Stato, per evitare di essere travolto dall’ondata rivoluzionaria, cercò di bloccare qualsiasi rapporto con l’esterno, sforzandosi di esercitare un controllo pressoché totale su tutto ciò che veniva stampato e/o introdotto nel Regno. Ma il tentativo che si rilevò sostanzialmente fallimentare a causa dell’inefficacia dei sistemi di controllo che ebbe effetti negativi non solo sull’espansione del mercato librario, ma anche sull’attività tipografica.
Infatti, durante i secoli XVII e XVIII furono soprattutto gli stampatori napoletani a subire le conseguenze del secolare conflitto tra Stato e Chiesa: la loro attività fu resa molto difficile non solo dal ristretto margine di iniziativa consentito delle normative e dalla complessità dell’iter censorio, ma anche dall’eccessivo numero di libri proibiti e inseriti nell’Index librorum prohibitorum dal quale non furono certamente esclusi i libri stampati a Napoli ai quali è dedicata l’ultima sezione del presente lavoro. Nel XVII secolo l’attività della Congregazione dell’Indice si concentrò sia su testi di carattere politico e scientifico, sia su testi di carattere religioso e con l’avvento della dominazione austriaca e di quella borbonica a essere colpita fu esclusivamente la produzione di carattere anticurialista. Mentre nel Seicento l’attività della Congregazione dell’Indice fu caratterizzata da una sostanziale continuità, nel secolo successivo ebbe una battuta d’arresto con il pontificato di Benedetto XIV: il nuovo capitolo aperto dalla riforma censoria da lui varata e dall’accordo tra intellettuali, potere civile e potere ecclesiastico da lui promosso era destinato ad avere un’esistenza effimera. Con la morte di questo Papa ci fu un ritorno alle precedenti disposizioni di rigore; il numero di libri napoletani messi all’Indice, che nel periodo pontificato lambertiano era stato esiguo, ritornò ad essere rilevante soprattutto tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta del Settecento, e nuovamente esiguo durante il periodo rivoluzionario. L’instaurazione della Repubblica napoletana sancì, infatti, la seppur breve libertà di stampa che venne perduta con la fine dell’esperienza repubblicana e con la riconquista da parte dei Borbone del potere
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Informazioni tesi
Autore: | Donatella Marziani |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Suor Orsola Benincasa |
Facoltà: | Lettere |
Corso: | Conservazione dei Beni Culturali |
Relatore: | Francesco Russo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 166 |
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