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Il mercato delle copie nel seicento a Napoli

Con la seguente tesi di laurea si è posto l'obiettivo di indagare il fenomeno della copia pittorica tra il XVI e il XIX secolo, sotto il dominio della monarchia ispanica, Napoli ha avuto un ruolo centrale in questo fenomeno, qui molti artisti ebbero l’opportunità di osservare e riprodurre grandi dipinti, destinati al mercato delle copie, contribuendo così allo sviluppo del collezionismo, che nel corso del Cinquecento e poi nel Seicento, portò a un notevole accrescimento della richiesta di opere d’arte.
Il tema trattato è alquanto complesso e comprende diversi aspetti: dalla pratica della copia, al collezionismo, fino alla diffusione delle copie.
Questi aspetti, sono indagati attraverso l’analisi delle copie e il loro confronto con gli originali, che possono fornirci indicazioni utili a comprendere le modalità di copia che venivano adottate.
La pratica della copia, durante il Seicento, riesce a ottenere sempre più spazio nel mercato dell’arte e assume funzioni diverse; le copie dei modelli realizzati dai grandi maestri, sono state la base della produzione figurativa e della formazione dei giovani allievi.
Gli artisti protagonisti di questo fenomeno esploso nel Seicento, vanno da Caravaggio a Luca Giordano, passando per i pittori fiamminghi come Abraham Vinck e Louis Finson, fino a Carlo Sellitto, Guido Reni e Andrea Vaccaro. Le copie pittoriche, permisero la diffusione delle immagini dei sovrani.
Nel corso del Seicento, il fenomeno interessò anche la copia di devozione delle immagini di santi e della Madonna destinati a luoghi religiosi; la produzione in serie di copie della Vergine divenne una parte importante della produzione dei pittori minori delle botteghe.
Quasi sempre i copisti erano pittori di secondo ordine, con scarse capacità inventive, ma abili nella copia.
Non mancano, tra questi, artisti di grande qualità che accanto alla produzione di copie, vantano una produzione autografa, un esempio su tutti è Luca Giordano.
Il lavoro in questione, è arricchito da una ricerca di fonti che comprendono documenti di vario genere e missive.
Dai biografi come De Dominici, Longhi, Bellori, ci sono arrivate molte notizie interessanti sul fenomeno della copia e in maniera piuttosto dettagliata sulle tecniche utilizzate dagli abili artisti nella realizzazione della copia, in grado perfino di ingannare i più esperti collezionisti dell'epoca.
Lo studio viene così a comporsi di un primo capitolo, in cui si offre una visione d'insieme del fenomeno della copia a Napoli nel Cinquecento e nel Seicento; nei successivi paragrafi, si pone l’attenzione su due dei principali protagonisti Luca Giordano e Louis Finson.
Nel secondo capitolo si passano in rassegna le principali copie realizzate a Napoli, dai copisti di Caravaggio. In particolare vengono analizzate e confrontate due delle copie pittoriche tratte da due capolavori caravaggeschi: la Flagellazione di Cristo e il San Giovanni Battista.
Il terzo capitolo è dedicato al lavoro di alcuni dei principali pittori e copisti del Seicento, come Guido Reni, Carlo Sellitto e Andrea Vaccaro, grazie ai quali è possibile capire le diverse influenze pittoriche presenti per tutto il secolo nella pittura.

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4 CAPITOLO 1: LA COPIA PITTORICA A NAPOLI. 1.1. Cenni storici, il fenomeno della copia pittorica tra Cinquecento e Seicento. Il fenomeno della copia pittorica ha inizio nel Quattrocento. La letteratura artistica, su questa tematica, ci ha lasciato alcuni documenti, come la lunga lettera scritta da Pietro Summonate a Marco Antonio Michel, datata 1524. 1 Nella lettera il Summonate, racconta la storia dell’arte dalle origini ai suoi giorni, ma le opere di cui parla, sono descritte in maniera poco dettagliata, ad eccezione delle opere del Maestro Colantonio, di cui ci dà un racconto molto accurato e preciso, soffermandosi in particolare su due opere, si tratta di due copie che descrive così: «Fo in costui [Colantonio] una gran dextrezza in imitar quel che volea; la qual imita zione ipso avea tutta convertita in le cose di Fiandra, che allora sole erano in prezzo. Venne ad // tempo suo da Fiandra la testa del duca di Borgogna Carlo, ritracta assai bene dal naturale. Colantonio' fe opera che li fosse prestata dal mercante che la tenea; e, facta un'altra simile, tanto che non si potea discernere l'una dall'altra, rendio al patrone la no che ipso aveva facta di man sua, la quale il mercante tenne per la sua propria, finché Colantonio li scoverse lo bello inganno». 2 «Similmente fe dell'immagine di san Georgio, che venne pure da Fiandra, in tabula…….: opera assai lat data dove si vede lo cavaliero tutto inclinato incumbens penitus in ha stam, la qual ipso avea fixa nella bocca del dragone, e la punta, passata tutta indentro, non avea da passare se non la pelle che, già gonfiata,fece una certa borsa in fora... Insomma lo bon Colantonio la contrafece tutta questa pittura, in modo che non si discer nea la sua da archetipo se non in un albero, che in quella era di rovola, e in questa ad bel studio lo volse far di castagno». 3 Summonate, nella lettera fa un resoconto della pittura napoletana e in particolare degli affreschi che Polidoro da Caravaggio eseguì per Ludovico Montalto. 4 Anche in questo caso, Summonate, elogia una copia, ma a differenza delle copie fiamminghe di Colantonio, che erano un vera imitazione, questa era una rivisitazione di un modello nobile scelto dall’artista con lo scopo di ridare all’arte moderna, la bellezza dell’arte degli antichi. Tra il Quattrocento e il Cinquecento, nell’arte moderna avviene un passaggio dall’esaltazione della pratica all’invenzione dell’opera. In questo clima di trasformazione, un’artista come il Perugino, che aveva copiato molto se stesso seguendo l’esempio dei grandi maestri come Leonardo, Michelangelo e Raffaello, spostò la sua attenzione sull’esecuzione dell’invenzione. 5 Gli artisti da artigiani diventano creatori e le copie assumono un nuovo significato un diverso 5 Shearman 1983, pp.83-96. 4 Nicolini 1925, pp. 165. 3 Ibidem. 2 Nicolini 1925, pp. 161-162. 1 Labrot 2004. 4

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Parole chiave

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