Ungaretti e l'Allegria, poesia come indizio
Il titolo nasce da un gioco di parole, dall’aggiunta discreta e determinante di una singola lettera; prende le mosse, si direbbe in modo più ortodosso, da un altro titolo, e precisamente da un saggio di Mario Petrucciani: “Poesia come inizio” .
In “Poesia come inizio” Petrucciani si prefiggeva di giungere al «nucleo generativo» della poetica ungarettiana, riconoscendolo costantemente presente ed espresso nell’idea di memoria, reminiscenza platonica, mito dell’origine. Per dimostrare tale ipotesi Petrucciani adottava un metodo in grado di risalire alle fonti ungarettiane in maniera scientificamente descrittiva. Tale impianto, presente in tutta l’opera e in grado di fornire una nuova mappatura parentale tra Ungaretti e Campana aprendo così nuove strade esegetiche , rischiava però di stagnare quando si proponeva di determinare con precisione filologica l’attimo dionisiaco in cui la poesia di Ungaretti si origina e, come tale, diviene cosciente a sé: «A Platone dunque risale non soltanto la ragione poetica della memoria [...] ma la cellula genetica, folgorante, della poesia come inizio».
Così, l’inizio di Ungaretti, “E subito riprende il viaggio...” , sembrava venisse tradito, reso inoffensivo, sembrava venisse privato di quella carica, di quella tensione esistenziale ed originaria che le sono proprie. Quella insoddisfazione che facevano dire al poeta: “La poesia non si è mai espressa, si è sempre insoddisfatti” veniva annullata in una falsa soluzione, in una panacea da storici della letteratura.
Da questo sentire vago venni indirizzato ad una lettura più cosciente dallo studio di alcuni saggi di Jacques Derrida: nuovi “concetti” come Differenza, traccia, indice o indizio, e soprattutto il rovesciamento dal fono-logocentrismo della parola se-dicente alla parola scritta che costitutivamente rinvia ad un senso inattingibile, creatrice ed affezione di un senso che “deve attendere di essere detto o scritto per abitare se stesso e diventare quello che è differendo da sé: il senso” , funzionavano da catalizzatori indirizzando i miei sguardi sulla poesia in modo nuovo.
A fungere da “collante letterario” intervenne la scoperta di un libro di Carlo Ossola: si tratta del volume edito da Mursia nella collana “Civiltà letteraria del Novecento”, dal titolo «Ungaretti». Libro carico di suggestioni e di idee, ma libro soprattutto problematicamente calato, seppur certo -teleologicamente certo- del proprio fine, nel testo ungarettiano. Se ciò che nell’impianto di Mario Petrucciani mi insoddisfaceva era ciò che precedentemente ho definito provvisoriamente come strumento “descrittivo”, trovavo invece che nelle pagine del critico torinese quello stesso strumento partecipava attivamente all’esegesi. Mi riferisco a quel concetto, l’intertestualità, che Julia Kristeva coniò in ambito semiologico intorno agli anni sessanta e che, immediatamente sfuggitole di mano, debordando dal suo significato originario, è finito col divenire un principio metodologico inderogabile.
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Informazioni tesi
Autore: | Christian Di Rito |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Giancarlo Quiriconi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 170 |
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