Parchi e società. La nascita dell'Oasi Wwf di Monte Arcosu
L’oasi di Monte Arcosu è nata in una maniera particolare. Non è stata istituita dal Governo, o dalla Regione Sardegna, ma si tratta di un’area acquistata da un’associazione privata, il WWF, e da questa poi organizzata e destinata a Parco Naturale.
Particolare fu soprattutto il modo in cui furono reperiti i fondi per l’acquisto. Per i circa 3000 ettari di terreno, infatti, servivano più o meno 600 milioni di lire, e il WWF all’epoca (era il 1984) fatturava circa un miliardo annuo. Si decise quindi, dopo grandi discussioni tra i dirigenti di allora, di ricorrere ad una raccolta pubblica di fondi, supportata da un’imponente campagna pubblicitaria, grazie anche a Stampa e Tv nazionale, o, a fumetti come Topolino, che fecero arrivare il messaggio ai più piccoli. Fondamentale fu l’aiuto dell’Unione Europea, così che si superò abbondantemente la cifra necessaria. L’Oasi nacque, quindi, con un esteso consenso globale, e il favore dell’opinione pubblica nazionale.
Questa sua genesi particolare permise di evitare ogni lungaggine burocratica o gli inevitabili compromessi delle istituzioni pubbliche, tuttavia, una volta istituita l’Oasi dovette fare i conti con un territorio difficile,e un Consenso locale non certo unanime.
Infatti, il paesaggio sardo, anche se all’apparenza può sembrare vergine e selvaggio (nel senso di un territorio mai violato dall’uomo), non è mai completamente libero da attività umane. Monte Arcosu, era uno spazio selvaggio , ma antropizzato attraverso attività di antica tradizione, come la caccia, grossa e minuta, l’uccellagione, e la pastorizia caprina, oltre ad attività meno invasive come la raccolta dei frutti del bosco (funghi e ghiande) e della legna, e la preparazione del carbone di legna (quest’ultima oggi praticamente scomparsa).
Il Parco si è dovuto quindi “scontrare” con degli usi del territorio (in specie con caccia, uccellagione e pastorizia caprina), non facilmente compatibili con le esigenze di tutela ambientale.
È importante ricordare che oggi per conservazione non si intende più una tutela integrale che escluda la fruizione umana (salvo particolari eccezioni), ma una gestione che attui un compromesso sostenibile tra le diverse esigenze.
La visione generale di un’area protetta risente però, di quello che fu il “peccato originale” dei primi parchi nazionali italiani (Stelvio e Gran Paradiso), istituiti senza nessun dibattito preventivo. Così che, accade spesso, e monte Arcosu non ha fatto eccezione, che la creazione di un Parco sia accompagnata da sospetti e malumori circa i nuovi vincoli e le eventuali limitazioni all’uso del territorio, o riguardo a chi dovrà gestire il territorio, visto spesso, come un lontano usurpatore, estraneo e ostile.
La nascita dell’Oasi di Monte Arcosu non fu accompagnata da nessun dibattito preventivo, tuttavia, poco prima di perfezionare l’acquisto i responsabili del WWF, andarono al Comune di Uta (proprietario del 90% dell’area) comunicando le loro intenzioni. La reazione non fu entusiasta, forse per la forza della componente venatoria nel Comune (così come a Capoterra, dove ci fu una riunione del consiglio comunale contro il Parco, è da notare che Capoterra, pur essendo tradizionalmente presente nel territorio, non ne rientra tra gli amministratori).
Raccontano Mariagrazia, e gli altri dipendenti della Cooperativa Caprifoglio, che sin dall’inizio lavoravano nel Parco come volontari, che si cerco in qualche modo di condividere l’acquisto, e di giungere ad un compromesso con le attività preesistenti; in particolare si chiuse un occhio per le “andule”, i sentieri degli uccellatori, che si lasciarono, e soprattutto si permise (in via ufficiosa) che gli uccellatori continuassero le loro attività. Attività che era troppo radicata nella zone perché la si potesse stroncare di colpo. Il patto era però che si ponesse un freno al bracconaggio con i famigerati sos cropos, il lacci d’acciaio per i cervi e i cinghiali Questo però continuò, migliaia di lacci verranno rimossi ogni anno (la foto n.19 testimonia tutto ciò. È una sorta di monumento all’antibracconaggio), così che si dovette dire basta alle concessioni.
Una delle conseguenze di questa stretta “autoritaria”, fu l’allontanamento delle tre famiglie di caprai che lavoravano nell’area del Parco. Fu una scelta che creò dei problemi, e ancora oggi le persone intervistate parlano dell’allontanamento dei caprai come uno dei motivi della loro ostilità al Parco.
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Informazioni tesi
Autore: | Fabio Spiga |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2001-02 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Franco Lai |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 179 |
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